Chiellini è il simbolo dell’ultima decade juventina, trascorsi storici ed ancora in corso per la Vecchia Signora.

Ha incanalato con perfezione la parte del capitano, mai celandosi dietro una maschera, sfoggiando coraggio e carattere a favore della sua compagine.

Giorgio ha dato di più in campo, encomiabile, stoico, ultimo baluardo bianconero, una di quelle bandiere che difficilmente sbiadiscono e riecheggiano per gli anni avvenire.

In un calcio malato, dimostrazione del capitale sfrenato, il neo 36 enne azzurro è l’essenza della dedizione nei confronti della maglia, il rispetto nei confronti di essa, virtù nobile e purtroppo prossima a svanire nel calcio moderno, i cui fattori si discostano dell’amore pallonaro.

Il nativo di Pisa resta un calciatore da seguire ed imitare: ci ha insegnato nozioni importanti, la maggior parte senza giri di parole, dimostrando agli scettici della sfera sporca la sua concretezza, senza fronzoli e spesso vincente.

Unico in Italia, stimato anche oltreconfine, ha inciso e marchiato l’ultimo decennio a suon di prestazioni sontuose.

Ripercorriamo il suo cammino con Madama ed il perché abbia lasciato un’impronta di tali dimensioni.

 

Giorgio, prima di tutto capitano

L’azzurro è stato il capitano, in grado di onorare la fascia al braccio, conquistandola e sudandola. E’ riuscito a folgorare l’ambiente complice il suo carisma e la tendenza ad incitare i compagni, spronarli ed aiutarli nel proprio percorso di crescita.

Ha seguito i più giovani, formandoli, dal punto di vista umano, lasciando in loro un timbro indelebile.

Torino sponda bianconera lo ricorderà cosi, come il capitano. L’orgoglio reciproco di chi, fasciato e bendato, ha risposto presente, sempre pronto a supportare la causa.

Cattivo in campo, dall’animo nobile fuori. Sul terreno di gioco è una iena, grintoso, concentrato su ogni singola movenza.

Dentro la partita non si scosta, è attaccato ad essa come alla maglia che indossa.

Vuole essere il leader del reparto, colui che interviene in ogni circostanza, a qualsiasi costo.

E’davvero impressionante: riesce a trainare l’intero undici all’interno della singola gara, lo fa sbracciandosi, urlando e dando indicazioni, allo sfinimento.

E poi vi è il lato spogliatoio: Chiello ha l’attenzione ed il rispetto dei compagni e lo trae a vantaggio del collettivo.

Dei grandi successi juventini vi è un merito esponenziale da condividere con Del Piero, parallelismo degno tra due uomini simbolici, caratterialmente aventi gli stessi ideali, in grado di tramutare alla squadra principi sani.

Hanno accompagnato epoche diverse, certo, ma verranno sempre affermati come il capitano, l’essere per eccellenza.

“Giorgio Chiellini. Come può uno scoglio arginare il mare: col punto interrogativo è Lucio Battisti, senza è Giorgio Chiellini”, dice di lui Sandro Veronesi, noto scrittore fiorentino, rendendo l’idea di ciò che il suo corregionale è stato.

Tuttavia, il suo appellativo non è un titolo solamente se si parla di tifosi della Vecchia Signora, poiché ciascuna piazza lo ha stimato.

L’intero mondo calcistico ha avuto da Giorgio lezioni d’umanità importanti: gli infortuni affrontati con la grinta del leone, la forza interiore nei momenti più duri e quella voglia di lottare in ogni circostanza.

Umanamente ha rappresentato un unicum, approcciando questo sport con la passione, vivendolo nel quotidiano.

I suoi valori sono quelli degni del suo titolo, per il quale verrà rammentato ed osannato in futuro.

Del passaggio da una Juventus allo sfascio ad un club vincente, è stato uno dei principali artefici della risalita, dentro e fuori il terreno verde.

Potrei definirlo il faro che libera il buio, simbolo dell’oblio subito negli anni precedenti. Il faro che si impone, prestante, roboante. L’uomo giusto al posto giusto, la scelta idonea per la risalita. E cosi è stato: nel corso di ogni stagione, per merito di un carattere da comandante, un estro viscerale per la causa, ha acquisito importanza, sino a diventare, il capitano.

 

Il suo essere difensore

Il suo ambiente è rappresentato dal ruolo nel quale privilegia l’aggressività nei confronti dell’avversario, l’efficacia pur di portare a termine l’intervento migliore.

Alle doti poste da madre natura, Chiello ha abbinato il duro lavoro. E’ migliorato nel corso degli anni, rendendo senso della posizione e marcatura i suoi punti letali.

Quest’ultima, efficiente sin dagli inizi, ha reso il suo nome importante: attaccato all’opponente, in grado di non lasciarlo mai smarcarsi. Istintivo, rapido, sempre in vantaggio.

La lettura delle situazioni difensive, il proclamarsi autorevole all’interno della circostanza, affrontarla come un gladiatore, protagonista e con il solo scopo di vincerla è divenuta è il perfetto riassunto di come vive la partita.

Chiellini vale più di mille parole. Quelle ne ha dette poche, ha lasciato parlare le prestazioni. Ne ha profilate ai compagni, utili, assai.

Mai stiloso, mai pulito, non “garbato” nell’approcciare la sfera. Eppure, la bandiera bianconera, la vede prima, la attacca, ne viene a capo con l’intento di opporsi tramite ciascun rimedio.

Dinamico nell’anticipo, possente fisicamente, rognoso.

Le sue immagini, sanguinante e fasciato, hanno fatto il giro del mondo: lui non si è scomposto, ha tratto la forza dalle botte subite per rientrare ancor più grintoso.

Il sangue colante lui lo vuole, è la perfetta esibizione della battaglia, che Chiellini loda. Ne ha parlato nel corso di un’intervista: “ Nel calcio gli infortuni fanno parte del gioco, devi saperli accettare”.

E’ l’applicazione di ciò che afferma, lo tramuta in verità.

 

Nono scudetto. Leader ancora

Chiello ha giocato un ruolo rilevante anche nella corsa vittoriosa al nono scudetto consecutivo. Ha aperto le danze con un goal al Parma, prima che un infortunio lo allontanasse dal campo per sette lunghi mesi.

La differenza si è notata: l’assenza del direttore della zona difensiva, leader per i compagni. La flessione nervosa accusata durante l’arco della stagione è in parte relativa a ciò e testimonia, ancora una volta, l’essenza del suo spirito.

De Ligt, acquisto faraonico della campagna di calciomercato estiva, ha patito in parte la sua mancanza, come lo stesso giocatore ha affermato.

Eppure, il toscano, è riuscito lo stesso, come sempre ha realizzato nel corso della sua carriera, a farsi sentire: dapprima è stato il testimonial del ribasso degli stipendi a causa del Coronavirus, poi ha compiuto un prodigioso recupero per rientrare in campo nel finale della stagione, ed infine, per l’ennesima occasione , ha caricato i suoi.

Infine, l’immagine platonica per affermare la sua grandezza, il sollevamento condiviso assieme a Bonucci del tricolore. Il nono. Numeri da paura.

 

Compie 36 anni la bandiera bianconera per eccellenza.

Arrivato per spazzare il gelo, ha compiuto un ciclo lungo, ancora in corso, riscaldando un ambiente tiepido. Juventini siate fieri di un uomo del genere, ne giungono pochi di tale portata.

 

Auguri Giorgio. Eroe che resiste alle intemperanze del calcio moderno, che afferma la sua grandezza attraverso le gesta, grintose, combattive.

 

Auguri Giorgio. Grande uomo e grande capitano.