''E' sempre così": sono le parole che il capitano della Lazio Lucas Leiva rivolge a Giorgio Chiellini all'87esimo di Lazio-Juventus, dopo la decisione dell'arbitro Guida di assegnare un calcio di rigore in favore dei bianconeri. Il labiale è chiaro e non lascia spazio ad altre possibili interpretazioni: il giocatore si lamenta per l'ennesimo episodio a favore della Juve, con un senso di rabbia e sconsolazione.

Le parole di Lucas Leiva, seppur riferite ad un episodio indubbio, sono tuttavia comprensibili se si prende in considerazione il contesto nel quale sono state proferite: in una partita cioè nella quale la Lazio ha a lungo dominato, giocando molto meglio della Juventus, creando molte più occasioni dell'avversaria, purtroppo per i capitolini non concretizzate. In tal senso subire un calcio di rigore proprio alla fine della partita, è una cosa che non può non essere vissuta male: nove volte su dieci prendere un rigore allo scadere significa mandare all'aria tutto quanto di buono fatto durante tutta la partita. E ancor di più nel caso della Lazio di domenica sera: in vantaggio, poi recuperata, infine rimontata proprio nel recupero. Pertanto, fatte queste considerazioni, sono ampiamente comprensibili le parole di sconforto e frustrazione del capitano della Lazio.

 Ma non è esattamente in questo senso che le immagini del labiale stanno ancora circolando in queste ore attraverso i social network, Facebook e Instagram in primis. Circolano, tramite post o video, corredate invece dalle solite lamentele dei soliti tifosi avversari che puntualmente si dicono indignati, disgustati per la solita ruberia della Juve.  Peccato che questa volta (come peraltro molte alte volte) non si tratti di ruberia; il rigore è infatti netto: Lulic afferra Cancelo al centro dell'area di rigore e strattonandolo per ritardarne la fase offensiva lo trascina con sè a terra.  Ma a spiegarglielo a certi tifosi avversari c'è da perdere la voce. Eppure non sono immagini controverse. Tuttavia è ormai diventato sport nazionale prendere partito preso su ogni questione che riguardi la Juve; anche su questioni inesistenti come questa. Io sono un tifoso bianconero - come penso si sia capito - e per carità capisco lo sfottò, capisco che non si possa sopportare una squadra, e sono abituato a sentirmi chiamare ''ladro'' al campetto: per scherzo, per gioco, ma anche con una certa dose di malizia spesso malcelata. E come me molti altri bianconeri. In fin dei conti ci può stare, fa parte del gioco delle parti.

Ma sentirsi chiamare ladro e sentirsi insultare anche quando un episodio è netto e non dovrebbe quindi esistere polemica di sorta, mi fa pensare che forse si sta passando un limite. Il limite della mistificazione della realtà. Com'è possibile che ci sia gente che si infervora anche quando una cosa non è successa? C'è qualcosa di malato in questo: significa decidere di dare addosso ad una squadra (aprioristicamente) piuttosto che tifare la propria. Una contorsione mentale, una perversione del sano tifare. Un segnale era pure arrivato la settimana passata, quando sui social impazzava #JuveOut. La Juve fuori dal campionato. Un argomento davvero originale, complimenti: nuovo slogan, nuovo hastag, forse perchè era troppo scontato riprendere le parole di Francesco Totti per dire che la Juve dovrebbe fare un campionato a parte. Era il 2014 e allora come ora, che rubi o non rubi, che vinca o perda, che giochi o meno non importa: è colpa della Juventus. E' sempre così.

D'altronde un così forte odio sportivo nei confronti della Juventus è ''motivato'' da ben 8 anni successi e dominio incontrastato. Dico 8 anni perchè considero questo campionato come già asseganto ai bianconeri. E come potrebbe essere diversamente? La più vicina inseguitrice, il Napoli, è a ben 11 punti di distanza. Alla 21esima giornata; una distanza siderale. Delle altre meglio non parlare. Troppa differenza di forza, e al 27 gennaio la Juve ha già chiuso il campionato, vincendo una gara fondamentale nei minuti finali. Cosa che curiosamente si ripete ogni anno ed è ormai quasi come una tradizione: mi vengono in mente il gol nel finale di Giaccherini nel 2013 contro il Catania; nel 2014 il gol di Pirlo al 93esimo nel derby; nel 2015 quello di Cuadrado, sempre nel derby, sempre al 93esimo; e poi ancora quello di Zaza all'88esimo contro il Napoli, e quello su rigore di Dybala al 97esimo contro il Milan. Nei campionati della Juve c'è sempre un gol segnato nel finale che risulta decisivo per la conquista dello scudetto. Da 8 anni è sempre così.

Tornando alla gara di domenica sera contro la Lazio: che brutta Juve che si è vista. Bruttissima, sicuramente la peggiore della stagione, non si è visto uno straccio di gioco: e nonostante tutto, ha vinto lo stesso. Ha avuto ancora una volta ragione Allegri indovinando i cambi, risultati essere fondamentali (Bernardeschi ottimo e decisivo Cancelo). La sua Juve è risultata essere orribile da vedere (ma d'altro canto è sempre così) ma impressionantemente cinica. Scontando il tiro del rigore di CR7, la Juve ha vinto 2-1 effettuando un solo tiro in porta. Mostruoso.  La Juve è emersa sulla distanza, lasciata in vita da una Lazio che al contrario non è riuscita a segnare il 2-0 che forse avrebbe chiuso la partita. La Juve è fatta così, gioca male, ma gioca per vincere, sempre: e spinge, spinge, spinge fino e soprattutto nei minuti finali, quando l'avversario è alle corde. Come vuole il mister, come dice il motto: fino alla fine.

Concludo dando spazio anche per un'altra questione, purtroppo più seria di quelle sopra trattate e sulla quale sarebbe bene sospendere il "tifo campanilistico". A poche settimane dai fischi e dai buu razzisti rivolti a Koulibaly, ecco un altro episodio di discriminazione. Accade nel girone C del campionato di promozione campana, dove il portiere nero del Serino Calcio, Gueye Ass Dia viene insultato dall'arbitro. Sorvolando sul fatto che ciò accada in un campionato provinciale, dove i tifosi si sono resi protagonisti di gesti assai peggiori, quello che sconcerta è il fatto che a proferire l'insulto sia stato un arbitro. Il colpevole che non ti aspetti. E come scrissi a proposito di Koulibaly, sono stati molti quelli pronti ad indignarsi e a piangere puntualmente lacrime di coccodrillo; è più di tutte le altre volte, questo è il caso di dirlo: è sempre così. E sarà sempre così almeno fino a quando la Lega Calcio non darà un deciso, stretto giro di vite al fenomeno del razzismo, tanto negli stadi quanto sui campi di gioco. Prevedendo cioè la chiusura delle curve, l'espulsione e la sospensione per i calciatori ed allenatori e la sospensione/radiazione per gli arbitri che, a seconda dei casi, si rendono protagonisti di episodi del genere, a qualsiasi livello. Sul razzismo, tolleranza zero. E anche da parte delle società sarebbe gradita una presa di posizione più netta contro i suoi stessi tifosi. Cosa che ha fatto l'Inter. Encomiabile, a mio avviso, il suo operato nell'occasione e per come si è distinta positivamente ideando #BUU (Brothers Universally United), trasformando un insulto a sfondo razzista in uno slogan di unione.
Un plauso sincero, questa è la strada da seguire.