Aprendo questo o altri siti legati al calciomercato - quindi praticamente tutti quelli che parlano di calcio -, non si può fare a meno di incappare in una notizia del tipo "Tizio nel mirino di Squadra X", dove "Tizio" è un giocatore di comprovata reputazione nei campionati europei (ancorché non un top-player) e "Squadra X" è una qualsiasi compagine del campionato cinese disposta a portare detto giocatore in Estremo Oriente a suon di milioni (di euro).
Altrettanto spesso accade di imbattersi in quelli che sono veri e propri peana all'indirizzo dei dirigenti cinesi, che ormai con i loro capitali insidiano la leadership di mercato dei grandi club europei, sempre che non siano coinvolti in qualche trattativa per l'acquisto di questi ultimi.
Davanti a tutto ciò, non si può fare a meno di farsi delle domande. La prima: le ingenti quantità di capitali immesse nel calciomercato possono, in qualche modo, spostare il baricentro dell'attenzione calcistica mondiale di qualche migliaio di chilometri verso Est? La seconda: i cinesi stanno spendendo tanto, ma stanno anche spendendo bene? Senza alcuna presunzione ma con il solo intento di dire la mia provo a dare delle risposte.
Al primo quesito viene spontaneo rispondere di no, ma non perché mi crei invidia il fatto che l'Europa non possa più farla da padrone in sede di trattative; francamente, cambia poco dal momento che chi investe in modo pesante sul mercato è spesso foraggiato da grandi finanziatori extraeuropei, dalle squadre di Manchester al PSG passando per l'Arsenal e non dimenticando la stessa Inter. Semplicemente, il calcio non fa parte della cultura cinese. I cinesi, attualmente, non stanno facendo altro che copiare quanto fecero in passato gli americani prima e gli arabi poi, ma con quali risultati sul lungo periodo? Le loro nazionali non hanno raggiunto alcun livello di maturazione e i loro campionati sono tuttora piuttosto snobbati, tanto che negli States (Giovinco a parte) la MLS ha fatto ben poco per discostarsi dal suo storico standard di cimitero per elefanti. Il discorso è che la cultura di un popolo non si può comprare, mentre ai cinesi (e a chi li ha preceduti) per sfondare nel calcio servirebbe proprio la vocazione tutta europea o sudamericana di crescere con un pallone tra i piedi. Altrimenti non si spiegherebbe come tanti campioni di livello assoluto siano cresciuti in uno dei posti più poveri al mondo come le favelas brasiliane.
Domanda numero due: gli investimenti pesanti provenienti dallo sterminato stato asiatico hanno portato, come nomi di richiamo, Jackson Martinez, Gervinho, Ramires e Guarin. Analizziamoli nel dettaglio: Martinez stava rivelandosi un flop clamoroso all'Atletico Madrid, a cui non è parso vero di poter realizzare una plusvalenza di sette milioni in sei mesi per un giocatore che stava languendo in panchina; Gervinho era già stato ceduto in estate e, pur avendo disputato un buon girone d'andata, non rientrava più nei piani di una Roma che si è sbarazzata del suo mentore Garcia; Ramires non ha mai fatto il salto di qualità che gli permettesse di rientrare tra le migliori mezzeali al mondo e quest'anno ha vissuto una stagione-horror con un Chelsea inaspettatamente da centroclassifica; infine Guarin che era decisamente mal tollerato dalla piazza interista dopo troppi alti e bassi. Tutti e quattro hanno dai ventotto ai trent'anni e sono quindi nella parabola discendente della carriera, quindi qualsiasi trasferimento in un'altra squadra europea avrebbe verosimilmente comportato un passo indietro rispetto agli standard attuali. In pratica a perderci sono stati solo i cinesi, che hanno inserito giusto qualche eccellenza (per loro, non per l'Europa) qua e là senza però arrivare a creare niente di organico. Immagino i soldi spesi per quei quattro nelle mani di un Watford, di uno Stoke City o di un Sassuolo: probabilmente parleremmo di lotta alla Champions League allargata.
Tutto così insensato, quindi? Probabilmente sì. Non ci sono grossi motivi per notare delle differenze tra l'irruzione cinese sul mercato e quanto fecero in passato i loro predecessori, si è forse abbassata l'asticella dell'età media d'acquisto dei giocatori, ma questo è accaduto anche in una fase storico-calcistica in cui i club europei preferiscono puntare su fenomeni giovanissimi (Odegaard, Donnarumma) piuttosto che su giocatori fatti e finiti, a meno che non si parli di calciatori di livello talmente elevato che troverebbero spazio quasi ovunque. La verità è che l'unico acquisto che i cinesi potrebbero fare, come detto, è il trasmettere alla propria popolazione la passione viscerale per il gioco del calcio. E potrebbe non essere un processo immediato dal momento che non sono certamente in pochi, da quelle parti.
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DE...
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