All'alba del nuovo millennio un attore allora in voga come Keanu Reeves prestò il proprio volto al personaggio di Shane Falco nel film "Le Riserve", che raccontava la storia di un gruppo di mancate promesse del football americano rimaste fuori dal grande giro e temporaneamente assoldate dalla squadra dei Sentinels, i cui titolari erano in sciopero per ragioni contrattuali.
La pellicola non è certamente meritevole di passare alla storia, ma ha di positivo il fatto di basarsi su un avvenimento realmente verificatosi nel 1987. Per quanto molto distante da noi in termini di tempo e luogo, il precedente potrebbe - sommessamente - far nascere una proposta da prendere in considerazione per evitare ulteriori farse come quella maturata oggi in occasione del clamoroso 20-0 che ha visto protagonisti i giocatori del Cuneo e i sette teenagers del Pro Piacenza che loro malgrado si sono trovati a scendere in campo.

Il clamoroso risultato da scrivere sugli almanacchi è solamente la punta dell'iceberg di un problema che affligge la terza serie da ormai troppo tempo, vale a dire quello della superficialità con cui determinati organi di controllo eseguono il loro compito, permettendo l'iscrizione a società che non sono in grado di garantire la dovuta continuità finanziaria per l'arco di un intero campionato. Quest'anno è stato il Pro Piacenza, l'anno scorso toccò a Modena e Vicenza, prima ancora a Monza, Mantova e Barletta e l'elenco potrebbe continuare per ore. Onesti professionisti che non hanno portato a casa lo stipendio per mesi, tifosi sedotti e abbandonati, campionati falsati: questo è il risultato di anni e anni di incuria che ha portato il terzo livello del calcio italiano a diventare terreno fertile per faccendieri dalla dubbia morale.

Come ricollegare, quindi, la situazione della Serie C al film inizialmente citato? Presto detto: se una squadra non è più in grado di far fronte alle spese necessarie per garantire la prosecuzione del campionato, la FIGC può mettere la cosiddetta "pezza" istituendo un fondo di emergenza che permetta, sino a fine stagione, di corrispondere almeno in parte lo stipendio dei dipendenti meno abbienti della società (come ad esempio magazzinieri, assistenti di campo ed eventualmente la parte deputata a svolgere il lavoro di segreteria, escludendo dal computo i rami societari più "accessori" come l'ufficio stampa e naturalmente la dirigenza uscente) e, al minimo sindacale, un insieme di calciatori disoccupati "convenzionati" che permettano alla società morente di avere ancora un parco giocatori su cui contare sino a fine stagione.

I calciatori e lo staff tecnico con contratto tecnicamente in essere con la società fallita sarebbero svincolati d'ufficio; se qualcuno di loro accettasse di rimanere al minimo sindacale sostenibile dalla FIGC, avrebbe la precedenza sui colleghi senza contratto di cui si è parlato in precedenza, i quali verrebbero attinti dal - purtroppo - sempre ricco serbatoio dei calciatori/tecnici svincolati. La rosa massima contemplabile sarebbe di 23 giocatori (di cui 3 portieri) in cui, agli eventuali "superstiti" della precedente gestione, gli altri svincolati andrebbero ad aggiungersi a titolo di integrazione.
I criteri di selezione dei calciatori svincolati (che attraverso l'Assocalciatori dovrebbero sottoscrivere una personale convenzione che li inserirebbe di diritto in una sorta di "graduatoria") dipenderebbero dallo staff tecnico, che esso sia "superstite" o rinnovato (in quel caso, sarebbe la FIGC stessa ad assegnarne uno d'ufficio). A tre giorni dalla nomina, dato un elenco di possibili svincolati completo di ruolo, data di nascita ed esperienze professionali, spetterebbe allo staff compilarlo integrando le caselle mancanti rispetto alla chiusura della lista dei 23.

Il destino della squadra fallita sarebbe ormai segnato, ma la sua sostituta non lesinerebbe comunque in impegno, visto che tutti i calciatori presenti sarebbero stimolati dalla possibilità di guadagnarsi un contratto con una qualsiasi altra società nella stagione a venire. La presenza stabile di una rosa di 23 calciatori professionisti garantirebbe comunque un minimo di competitività al campionato sino alla fine dello stesso.

Evidente che la fattibilità della proposta sia tutta da verificare, in particolare per via della reperibilità dei fondi necessari per mandare avanti un progetto simile. Mantenendo le spese ai minimi sindacali, tuttavia, è possibile cavarsela con cifre relativamente alla portata: per una squadra di medie ambizioni un campionato dell'ex Lega Pro può arrivare a costare dai 2 ai 3 milioni, in questo caso la spesa verrebbe quantomeno dimezzata e le coperture potrebbero arrivare da sponsor privati o - perché no - dalle "sorelle maggiori" della serie A che potrebbero farsi scontare dalle varie tassazioni previste le cifre versate per l'ipotetico "fondo salva serie C".

L'auspicio, naturalmente, sarebbe che casi come quello visto nella domenica appena trascorsa non si verifichino più e che non ci sia bisogno di misure di questo genere per salvaguardare un campionato; tuttavia, l'idea di mettere delle ciambelle di salvataggio in una nave che da tempo fa acqua da tutte le parti non può, in nessun modo, risultare cattiva.