Amici, nemici... e semplici conoscenti

Mentre i tifosi di Inter e Juventus si sfidavano (verbalmente) e disguisivano su ragioni e torti delle proprie società nell'aprire o chiudere porte agli stadi e tutti vedevano nelle tesi degli altri lacune, reali, e malafede, magari inesistente, i due giovani presidenti delle loro squadre si scambiavano tutt'altro che guanti di sfida e appuntamenti letali dietro qualche convento all'alba di uno di questi giorni che illuminano le paure diffuse più disparate, in parte reali in parte fittizie. Anzi, dalle mielate parole di stima reciproca si poteva sospettare un imminente annuncio di fidanzamento imprenditoriale, con scambi di doni, ma strette e abbracci rinviati a momenti meno pericolosi per le effusioni, anche quelle più formali.

Questo per dire che se mi scappasse qualche critica, o solo dissonanza, a quanto affermato da Andrea Agnelli e che ha suscitato sui media e in questa community un dibattito quasi sempre schietto e non  propriamente schierato e irrigidito dalle scelte di  appartenenza, tali critiche, o dissonanze, andrebbero a coinvolgere anche il presidente della mia squadra del cuore. Inutile dire che preferisco i periodi di pace, anche se armata, come avviene spesso tutt'ora, a quelli di guerra anche se non cruenti, ma potenzialmente tali, e quindi un riavvicinamento delle due società, fuori dalla competitività sportiva mi va più che bene, anche se qua bisogna chiarire che mentre noi tifosi ci si danna a darci addosso, gli Agnelli ed i Moratti al massimo (non nel senso sempre di Moratti) si scambiavano qualche frecciatina con veleno abbastanza dosato da non essere letale, a volte neppure fastidioso. Oggi, nell'era definitivamente imprenditoriale del calcio professionistico, sono altri i dissapori che si possono creare e, forse, solo di immagine.

Adesso prima di intorcinarmi in concetti similcazzeggio che vagano e vagano e confondono anche chi li enuncia, ammetto che anche stavolta ho abbandonato il momento di ozio programmato (con tanto di ultimo romanzo di Michael Connelly sull'ebook reader e lasciando momentaneamente Harry Bosch da solo a fiutare una pista che lo porti a capire come concludere la sua indagine non autorizzata, mentre io potrei suggerigli anche altre piste da seguire, quasi sempre sbagliate quando provo a chiuderle io, a metà libro e furbescamente, con le mie troppo anticipate conclusioni, per poi accorgermi man mano di essere stato fuorviato dal bravo scrittore), dopo aver letto due prese di posizione appassionate: una di querty977 (In nome della bellezza dello sport non toccatemi la DEA!!!) e l'altra di Marco57 (Agnelli e l’Atalanta? Apriti cielo! Ma non c’è nulla da chiarire) e averne provata un'altra ("Lo confesso, io sto con Agnelli!!"), di cui non dico per rispetto della privacy, in quanto sono andato poco oltre il titolo e non avendo capito se si trattasse di un coming-out o altro, nel dubbio, e per pudore, mi sono astenuto dal proseguire. Non me ne vogliano i due bravi utenti se li cito, anzi, credo di portar loro bene: due degli ultimi articoli selezionati per il premio della critica erano stati citati da me in un mio scritto in cui, affermando il mio apprezzamento, invitavo a leggerli (anche allora era coinvolto qwerty977, mentre l'altro blogger era Zardoronz).

Ammetto di essere spassionatamente d'accordo con le motivazioni di querty977 perché abbiamo, nonostante l'età differente che mi colloca più vicino a Marco, un'idea di calcio più istintiva e romantica che manageriale (cosa che a casa Inter mi porta a domandarmi quale strano motivo porti ad acquistare impensabilmente, facendomi leccare i baffi che non ho, un calciatore come Eriksen per poi schierarlo per 2/3 di partita come mediano, pur sapendo che se lo avvicini all'area avversaria può fare molto male con i suoi piedi fatati. Ho fiducia nel carattere di Conte ma, pur se vincente, non amo molto il suo 3-5-2 o 5-3-2 che dir si voglia, che ci volete fare!).

Capisco anche l'analisi fatta da Marco, nel supportare la posizione di Agnelli (anche se ci aggiunge un peso non dovuto, se non per la prassi tra noi tifosi, citando "faziosità" e il "bersaglio" Juventus) e quella di Agnelli nel perorare il suo diritto imprenditoriale nel difendere i propri investimenti. Ne capisco perfino il diritto ad una programmazione che eviti "sorprese" di mercato e imprevedibili "distrazioni" dal suo "prodotto" e l'aver citato l'Atalanta, che ci ricorda quella squadra scompiglia-champions che fu l'Ajax di due anni fa, che fu deleteria per la stagione di Real Madrid e Juventus, ravvivando con un pizzico di spezie e qualche erba selvatica il minestrone composto con gli scontati ingredienti della solita champions, non dev'essere stato casuale. Quanti bilanci stravolti dalle gesta di quegli impertinenti ragazzacci! Ma erano belli da vedere e la bellezza è impagabile quando è naturale. Ha un prezzo calcolabile, invece, tra costi e benefici, quando riprodotta in laboratorio, ma un fascino decisamente minore. Molto probabilmente, come paventa qwerty977, usciremo sconfitti, alla lunga, da chi vuole irregimentare le nostre passioni, proponendo ostacoli crescenti alle belle estemporaneità - che si conquistino il diritto di mostrarsi belli! - per promuovere bellezze serializzate e con un pedigree che dimostri che non sono spontanee e/o bastarde. Insomma una "pura razza" sportiva da difendere! Spero non pensino pure di costringerci ad amarle con cose come mangiare la minestra com'è servita in alternativa al salto dalla finestra sempre più alta.

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Dal Pino... al pero.

Ok, chiuso, zitti, basta polemiche! Leggevo, nei recentissimi giorni scorsi, su un giornale sportivo non colorato di rosa e il cui nome del direttore contiene un numero di zeta appena superiore a "cazzeggio", che bisognava bacchettare il giovane Zhang su tutto (anche per essere meno fornito di zeta?), sia sui metodi che sui contenuti, per l'attacco al presidente di lega Dal Pino. Io, lo confesso, ho bacchettato virtualmente il presidente del club per cui tifo solo per come ha espresso il suo disappunto, non per i motivi di quel disappunto, che condivido (giocare le partite, in quel caso Juventus-Inter, a porte aperte, esponendo l'immancabile pubblico al pericolo di esposizione al "male"), e in modo meno drastico del direttore di quel giornale.

Il giorno successivo alle generali bacchettate sulle mani a Zhang i concetti venivano ribaditi, dallo stesso, mentre si tessevano le lodi di Dal Pino, sia dal punto di vista umano, sia da quello manageriale (elencando giustamente un curricolo lavorativo di alto livello), oltre che da quello decisionale  e pure per quello che li accomuna: l'amore per il Brasile. Bene il brasileiro Dal Pino ne usciva indenne e  giustamente(?) lodato, anche se un po' sbrodolato dall'eccessivo entusiasmo del direttore. Ci sta. La simpatia e la consonanza, nel senso di comuni vibrazioni, ci stanno entrambe e qualificano un rapporto.

Poi, scorrendo le pagine dello stesso giornale ci si imbatteva in altro articolo che collocava un po' il direttore sul pero, da cui rischiava di scivolare: il Presidente della Lega Calcio la cui mission è quella di promuovere il nostro calcio all'estero, con relativo allargamento di introiti televisivi, specialmente nelle Americhe, là si trovava, quindi lontano anche dal "sentire" diretto di ciò che stava accadendo in Italia, quando ha preso le sue decisioni, facendo infuriare un po' tutti, per motivi magari diversi, ma tenendo ben presente, come scrive il giornalista, la sua mission e per tutelare il "prodotto".

Adesso, pur capendo che la sua mission fosse quella e non la salvaguardia della salute generale e che a quella si è attenuto, quantomeno fino a quando dal governo è arrivato l'altolà, capisco di più il giovane rampollo additato come cattivo soggetto, per essersi lasciato scappare imperdonabilmente la pazienza: di ritorno da un paese con ancora le piaghe vive di quanto adesso sta accadendo in Europa, quelle decisioni avranno avuto un peso decisivo nel farlo sbottare. Comunque, in tutto questo, vi è qualcosa che va a legarsi con le argomentazioni di Agnelli e con la visione "prodotto" del calcio, che accomuna un po' tutte le società e che hanno investito Dal Pino del compitino. Da qui, e dalle critiche piovute addosso ad Agnelli, che si è esposto forse maldestramente, dovrebbero salvarsi in pochi.

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È giusto che Zhang paghi le conseguenze di avere definito clown il presidente della Lega? Sì! e per quello è stato deferito. È comprensibile che vi sia anche una querela da parte di chi è stato danneggiato, Dal Pino e i clowns? Sì! Boh! Vediamo... anche perché non si è scusato né con l'uno né con gli altri! Nel frattempo: non stiamo dimenticando  che è stato eroico e memorabile il sacrificio del giovane Agnelli, che ha tempestivamente e spericolatamente distratto l'attenzione dei media dal giovane amico cinese? Certo che sì: bella prova di amicizia, la sua!

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Dov'è finito?

In tutto questo parlare di mission e di tutela di investimenti mi domandavo come mai non si sia investito, almeno un pochino, sul calcio femminile che ci ha entusiasmato l'ultima estate per il Mondiale francese. Timore ad affrontare una concorrenza "sleale" nel confrontare un calcio che sa ancora di genuinità con le paturnie dei nostri pedatori ricchi e famosi? Timore che il calcio ricco e costoso dei Messi e dei Ronaldo possa perdere qualche spettatore pagante che anziché vedere rotolare e giacere a terra, per lunghi istanti sottratti al gioco, le nostre statuarie ma fragili star, dedichi il suo tempo a vedere partite dove la lealtà ha ancora un senso più esteso? Boh! Pensavo che sarebbe stata una risorsa che avrebbero sfruttato, proprio sull'onda del gradimento a cui ci ha trascinato la nostra Nazionale e nel constatare, almeno per quanto mi riguarda, di quanto si sia evoluto in qualità anche quel settore (soprattutto all'estero, purtroppo)...

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Porte aperte ... ad Eriksen, please!

Finalmente le chiacchiere lasciano il posto al campo, anche se quasi silenzioso. Per cortesia, non metteteci un sottofondo l'audio di un pubblico fittizio, come qualche dirigente della lega vagheggiava, giusto per crearci l'illusione di paradisi artificiali dove tutto è fintamente bello e il coronavirus non ha sballato la società, calcio compreso. Per favore, lasciateci vivere questo momento nella sua gravità e che ci dia, oltre alla distrazione, l'idea della temporaneità dei problemi. Illuderci di essere sempre e comunque "quasi" gli stessi di prima ci farebbe insorgere la paura di doverci adattare alle partite simili a videogiochi che, per quanto belli, quello sono e quello rimangono.

Finalmente questo Juventus-Inter ci dirà quali porte sono aperte e quali chiuse, a seconda di dove si infila il pallone e non di dove si infila la polemica. Il risultato sarà importante, anche se non decisivo. Probabilmente l'Inter trarrà vantaggio, anche se in cuor mio ne dubito per via della desolazione che fa somigliare la partita ad una strana "amichevole", dalla mancanza del pubblico amico ai bianconeri o forse sarà solo una partita dove due squadre ancora in trasformazione cercheranno di marcare un altro pochino l'identità e si esporranno ancora alle critiche a posteriori (io la mia l'ho esposta prima e la riscrivo in anticipo: se dobbiamo fare giocare Eriksen come mediano, schieriamo Gagliardini, se è uscito dall'infermeria, o Vecino, se l'antipatia dell'allenatore nei suoi confronti è tornata tollerabile. Per quanto mi piaccia la sua eleganza, da pensare che lo schiererei anche in porta, mi dà tristezza vederlo vagare alla ricerca del pallone in contrasti che non sono nelle sue corde, tanto quanto mi entusiasma la sua velocità di pensiero, anche se non ancora quella di corsa, nel proporre gioco).