PROLOGO. Nel febbraio del 2018 la città di João Pessoa, capitale dello stato federale brasiliano di Paraiba, è stata nominata capitale mondiale della matematica; numerosi ed illustri luminari provenienti da tutto il globo terracqueo hanno positivamente risposto al comitato organizzatore, con una nutrita schiera di cervelli provenienti anche dai nostri atenei. Ne sarà stato sicuramente felice un certo carneade brasiliano, tale Carmelo Cunha, attualmente occupato nel mondo dell'insegnamento. Quest'uomo ha sempre posto l'accento sull'istruzione, in controtendenza a quelle che more solito possono essere gli stereotipati orientamenti di molti brasiliani residenti nel punto più orientale del Brasile, il punto di Seixas: chilometri di spiagge e meraviglie balneari, ragazze mozzafiato, tanto calcio e tanta voglia di rubare la scena ai concorrenti di Rio. Come si fa a preferire una pila di libri a tutto questo? E soprattutto, come puoi non praticare il calcio? Sapete, il fatto bizzarro è che Carmelo, prima di diventare un insegnante, è stato anch'egli un calciatore, seppur di modesto lignaggio, e ovviamente amava le spiagge; militava tra le fila del Capo Branco, ma ad un certo punto della sua ignota carriera, ha dato priorità agli studi. Conoscerà Donna Luziana, con la quale convoglierà a nozze e dalla quale avrà due splendidi figli, Mariah e il protagonista del nostro nuovo episodio, Matheus, che ha ben compreso durante la sua infanzia il peso e l'importanza dell'istruzione scolastica.

NOT AN "ORDINARY" BRAZILIAN STORY. Se vi aspettate di leggere la minestra riscaldata di un'infanzia brasiliana fatta di povertà, micro-criminalità, di pericolose gang capeggiate dai cugini di terzo grado di "ex-Imperatori", di Favelas, Ginga e piedi scalzi no, skippate pure questo articolo. Anzi no, recuperate la biografia di Kakà, giusto per farvi prendere familiarità con un contesto che, insolitamente, è opposto alla controcultura e alle "inesperienze" di chi invece è ahimé vittima, sin da piccolo, di un sistema fagocitante e tentacolare, completamente abbandonato dalle istituzioni. Matheus Cunha, figlio di Carmelo e Luziana, è stato un bambino fortunato: ha avuto un'istruzione completa, con la figura paterna che l'ha pedissequamente seguito nel percorso formativo, senza concedergli eccessive distrazioni, fatta eccezione per il calcio; in generale non ha mai dovuto camminare scalzo, dato che gli scarpini forniti dal modello borghese al quale apparteneva erano sempre garantiti. Non stigmatizziamolo per questo, soprattutto perché il ragazzo è cresciuto con una scala di valori encomiabile e con una testa che può portarlo davvero lontano. Per la condizione in cui versano molti bambini brasiliani, leggere di un ragazzo che ha avuto la fortuna di avere un'infanzia normale è sicuramente un motivo in più per credere nella ripresa e nel miglioramento delle classi meno abbienti del paese.

BACKGROUND DA CALCETTISTA. Ma parliamo di calcio, parliamo di quanto fosse forte Matheus Cunha: per farlo, è necessario ripercorrere i primi passi di questo giovanotto borghese, accompagnato dal sempre presente papà Carmelo. In cameretta aveva il poster di Ronaldinho, come tutti i bambini verdeoro di inizio millennio: giocava a Fifa Street, amava gli spot "circensi" di un noto brand di abbigliamento sportivo e, quando finiva i compiti, dopo aver ottenuto il permesso dal padre, si dilettava nei campetti indoor di João Pessoa, accarezzando il pallone con la suola e tirando quasi sempre di punta, come il miglior Falcao (il campione di Futsal, non El tigre colombiano). Da ragazzino amava già la Bundesliga e un altro suo idolo era Lukas Podolski: coincidenze o già un predittivo segno del destino? Ad ogni modo, la primissima esperienza calcistica del Paraibense è stata proprio al Capo Branco di papà Carmelo: non cediamo alla maliziosa malafede e non pensiamo alla "raccomandazione paterna", perché il talento di Matheus avrebbe convinto chiunque, senza necessitare di alcun tipo di favoritismo all'italiana. In quel periodo il ragazzo costruisce un cluster tecnico di assoluta avanguardia, con un tocco leopardato e giocate che facevano andare in trip senza dover per forza rivolgersi a "prodotti lisergici". Era il sano talento di un ragazzo al quale il campetto da calcio a 5 cominciava a star stretto. Infatti sarà solo questione di tempo prima di veder bussare alla porta di casa Cunha un paio di intenditori del Coritiba, storico club di Parana.

I PRIMI PASSI AL CORITIBA La "Coxa" detiene il record mondiale di vittorie consecutive, ben 24. È uno dei club più titolati del Brasile, ma è la sua mascotte ad attirare l'attenzione: si tratta di "nonno coscia", un pittoresco personaggio dai tratti, guarda caso, germanici, come a voler ancora una volta predire con largo anticipo il futuro di Matheus. Ma i quattro anni di formazione "paranaense" saranno propedeutici per il primo salto in Europa, a qualche chilometro di distanza dalla Germania.

L'APPRODO IN SVIZZERA E L'ESPLOSIONE. Compiuti i 18 anni, Matheus viene notato da alcuni osservatori dell'FC Sion, squadra militante nella Super League svizzera. Rispetto ai migliori prospetti brasiliani, che di solito appena maggiorenni passano a suon di milioni in club molto più blasonati (pensiamo a Neymar, Gabriel Jesus o ai più recenti casi di Vinicius, Rodrygo e Reinier), questo trasferimento non suscita molto clamore. Il Sion non ha una grandissima tradizione e tempo fa si è anche macchiata di un'esclusione dalla UEFA Champions League per aver schierato dei giocatori tesserati con modalità irregolari contro il Celtic. Tuttavia, Cunha è entusiasta e abbraccia la causa del rinnovato club svizzero, imponendosi sin da subito nella massima competizione elvetica. Agisce come "allround" player, fa tutto lui e diventa il catalizzatore offensivo dell'attacco biancorosso; la stagione è sicuramente positiva: dieci gol in ventinove presenze, con la chicca dell'hattrick agli acerrimi rivali del Thun. Ma ricordate tutti gli indizi teutonici? Dall'altarino a Podolski alla mascotte del Coritiba, la Germania ormai era dietro l'angolo, e non solo per la vicinanza con la Svizzera.

LA CHIAMATA DI RANGNICK E LA BUNDES NEL DESTINO. Oggi sappiamo tutti chi è Ralf Rangnick: un manager visionario, che sta rivoluzionando la gestione sportiva d'elité grazie alle sue capacità trasversali e soprattutto all'incredibile fiuto nello scovare i talenti nei contesti più improbabili e sommersi. Lo sanno bene quelli della Red Bull, tanto che oggi il Lipsia è a mani basse il terzo miglior club di Germania. Nel 2018 il segugio tedesco fiuta un prelibato "tartufo" nella vicina Svizzera e decide di partire subito per accaparrarselo. Il tartufo è ovviamente il nostro Matheus, che finalmente vede realizzarsi i sogni covati da bambino: la holding della Red Bull, che detiene anche le altre realtà calcistiche gemelle del Salisburgo e del Bragantino, riflette su dove destinare il ragazzo, ma Rangnick dice "niet" e se lo porta al Lipsia, assieme a quel manipolo di "enfant prodige" composto da Werner, Poulsen, Nkunku, Sabitzer e tanti altri. Il progetto è lungimirante e ambizioso, la concorrenza è fitta e pressante, ma gli stimoli sono ingaggianti e Matheus vuole ripagare la fiducia del big boss tedesco, immaginando di poter ben presto emulare le gesta di Podolski. La prima stagione è fatta di sprazzi altalenanti: il ragazzo cresciuto con concetti e principi da calcettista, non riesce a trovare la sua dimensione e soffre la concorrenza di Timo Werner e Yussuf Poulsen, ragazzi molto più "lineari" e pertanto meno anarchici rispetto al brasiliano. Cunha ama la giocata ad effetto, ama il possesso e la fantasia, ama buttarsi negli spazi, predilige la profondità per vie centrali, ma tutto questo non viene compreso da Rangnick, che lo spreca dirottandolo come esterno; Matheus non ha il passo e non è ottimale per il calcio di transizione selvaggia che vuole praticare il Lipsia. La stagione si chiuderà con un bottino di 39 presenze e 9 gol, la maggior parte siglati in Europa League: non proprio un esordio da buttar via, anche perché nel buio di questa stagione c'è la perla d'antologia siglata contro il Bayer Leverkusen, che gli vale persino la nomina al premio Puskas 2019; un gol che non può essere raccontato, va guardato, ammirato, contemplato, assaporato, interpretato e studiato: ultimo terzo di campo, Cunha vede la possibilità di intromettersi nel disimpegno della difesa avversaria e ruba in anticipo la sfera, nascondendola con un gioco di prestigio mesmerizzante, una "veronica arabesca" che manda al bar mezza difesa delle aspirine, per poi beffare il portiere disegnando un dolcissimo scavetto che si insacca lentamente nella porta. Un gol epico, che molti avranno provato ad emulare alla play: Matheus non ha simulato Podolski, non ha segnato di potenza come il panzer tedesco, la sua natura è diversa e lo capirà nel gennaio del 2020, quando deciderà di passare all'Hertha Berlino dopo le difficoltà riscontrate con Nagelsmann.

L'EREDE DI RAFFAEL SBARCA A BERLINO, L'HERTHA HA IL SUO DIECI. Introduco il paragrafo con un divertente aneddoto personale: nell'estate del 2008 feci un viaggio a Berlino; una delle tante tappe fu ovviamente l'Olympiastadion, l'arena che ci vide alzare al cielo tedesco la Coppa del Mondo 2006. Dopo aver ispezionato ogni anfratto dello stadio, decisi di visitare il museo dell'Hertha e, ammaliato dalla bellezza della maglietta, mi convinco ad acquistarla. Decido anche di farmi stampare nome e numero e chiedo, da buon romantico del calcio, chi fosse il loro numero 10. Il giovane addetto, peraltro italianissimo di Viterbo, mi nominò con grande orgoglio un certo Raffael, che io non conoscevo affatto. Per non fare figure barbine con gli amici del calcetto, chiesi al simpatico viterbese di stamparmi il dieci ma col mio cognome, suscitando in lui una parziale reazione di disapprovazione. Se oggi dovessi tornare lì, non avrei vergogna a chiedergli di stamparmi il nome di Matheus Cunha. 

31 gennaio 2020, la "Alte Dame" di Berlino, orfana da tempo di un grande numero dieci e nostalgica delle meravigliose giocate del suo vecchio amore Raffael, decide di investire tutta la sua voglia di riscatto nel ragazzo di Pessoa, ormai messo ai margini del Lipsia. La combinazione è perfetta, simbiosi ontogenetica che sprigiona tutto il potenziale del nostro Matheus: durante la pazza mezza stagione caratterizzata dalla pandemia, mette a segno 5 gol in sole 11 presenze, attirando l'attenzione di Marotta, che vede in lui un ottimo rinforzo per arricchire la "Lula" di Conte. Cunha brilla e illumina l'Olympiastadion: tocchi, laser pass che farebbero segnare anche calciatori con una sola gamba, dribbling mortiferi e tutta la sua genetica da calcettista mancato si manifesta in un tripudio di qualità da top player. Oggi continua a far sognare Berlino e il cielo, anziché tingersi di azzurro, diventa verdeoro ad ogni suo sussulto.

CARATTERISTICHE FISICHE. Matheus è un'etoile di 184cm per circa 75kg, un fisico non proprio da bombardiere: a tratti sembra che il vento possa portarlo via e per certi aspetti mi ricorda, con le dovute proporzioni, il buon Raffaele Palladino. Ha delle lunghe leve, che gli permettono spesso di giocare sul filo dell'anticipo "a tradimento", gesto tecnico malizioso che sfrutta spesso. Non è velocissimo, ma sul lungo ha un discreto passo: ama gli strappi e si esalta nell'esplosività sul corto.

CARATTERISTICHE TECNICHE E COGNITIVE. Cunha mi ricorda tanti grandi campioni brasiliani degli anni 90, e in special modo Rivaldo e Djalminha: il suo modo di cucire trequarti e attacco, la capacità di interpretare attivamente le linee, la visione perimetrale e la futuristica creatività declinano il prototipo moderno del perfetto "enganche" sudamericano. Già, proprio un "gancio", che unisce due reparti con la sola tecnica; verticalmente è un ibrido, sa fare sia il trequartista che la punta, anche se il meglio lo da con un boa di riferimento. Ama il tiro da fuori e spesso, memore del suo giovanile amore per Podolski, sgancia dei missili balistici di pura violenza. Che sia in fase di possesso o di non possesso, Matheus è un giocatore che ama il concetto di profondità: se porta palla ama tagliare il centro con strappi e iniziative da prima ballerina, per poi imbeccare i compagni con dei cioccolatini al bacio. Se si trova in fase "passiva", spesso predilige il corridoio centrale attaccando lo spazio. È un giocatore estremamente associativo e, nell'interpretare verticalmente il ruolo da "trecante", diventa il principale catalizzatore offensivo dell'Hertha, sia in fase di rifinitura che di realizzazione. Regista offensivo, marcatore, cucitore, insomma Cunha è il classico dieci che ricorda proprio la generazione dei grandi fantasisti verdeoro di metà anni 90. Pecca, che la maggioranza dei suoi connazionali, nella partecipazione alla fase difensiva e, se non è emotivamente in partita, tende un po' a nascondersi. Negli ultimi tempi sta migliorando anche nel lavoro "ombra" del gioco offensivo, riportandomi alla mente il paragone con un altro grande campione del calcio contemporaneo, Bobby Firmino. Cognitivamente è un giocatore dalla tecnica "scegliente" e funzionale, in grado di individuare con qualità ed efficienza la miglior giocata offensiva, anche in condizioni pressanti.

DOVE PUÒ ARRIVARE? Assieme a Wamangituka, Cunha è sicuramente uno dei "most improved player" della Bundesliga e, chiaramente, non tarderà la chiamata di qualche big. L'Inter lo osserva da tempo, il Liverpool comincia già a sondare il terreno alla ricerca dell'erede di Firmino: è un ragazzo che ha un potenziale tremendo e, rispetto ai quasi coetanei Jesus, Vinicius e Richarlison, ha delle caratteristiche ibride che non si vedevano da diverse decadi. Per farvi assaporare il talento del ragazzo,  è doveroso linkare all'articolo il video del gol supremo siglato al Leverkusen nel 2019, dategli un'occhiata...

SCHEDA RIEPILOGATIVA:
Data di nascita: 27-05-1999
Nazionalità: Brasile
Peso e altezza: 184cm - 74kg
Posizione: Trequartista, Punta centrale, Seconda punta
Piede: Destro
Squadra: Hertha Berlino
Valore di mercato: 40 milioni
Scadenza contratto: 30-06-2024
Procuratore: Bertolucci Sports
A chi somiglia: Firmino, Richarlison, Rivaldo, Djalminha

Siamo quindi giunti alla fine di questo episodio della rubrica "Best of 99". Prima di salutare i cari lettori, voglio lanciare una piccola richiesta: se avete altri nomi da segnalarmi per le recensioni (talenti classe 99 e anche più giovani), non esitate a citarmeli, inserendo i loro nomi nei commenti. Detto ciò alla prossima, con un nuovo campioncino anti-Millennial!