"Et facere et pati fortia Romanum est" che tradotto sta per: "È tipico dei romani saper agire e soffrire in grande".
In principio fu Tito Livio a coniare questa solenne massima, ma ieri sono stati Fonseca e i suoi uomini a rispolverarne il concetto, dimostrando di saper soffrire da grande squadra e di essere in grado di portare a casa un'impresa di iconica caratura. Roma è ai piedi del suo condottiero e osanna la legione che esce vittoriosa dalla doppia sfida col nemico olandese, regalando alla tifoseria la semifinale di Europa League. Aiace e la giovane cavalleria mettono a ferro e fuoco la falange romana; chi dovrebbe aver ben salda la guida della retrovia si fa prendere dalla paura, ma iuniores et pueri dimostrano di essere ormai maturi e ci mettono una pezza. Le milizie colpiscono nella ripresa con un gol del futuro attaccante del Lipsia Brian Brobbey, ma la falange resta compatta e contrattacca, guidata da un fermo e risoluto Fonseca, che trafigge l'invasore Ten Haag col colpo del suo miglior centurione, quell'Edin Dzeko che ieri, vuoi anche per la scelta cromatica della divisa, sembrava proprio un elegante cigno bianco.

"Sit Romana potens Itala virtute propago"che sta per: "D'italica forza possente sia la stirpe romana. Ultimamente si fa un gran parlare del calcio champagne praticato in Champions League, con tanto di encomi ai competitors europei. Manco giocassero un altro sport, nonostante un'innegabile qualità fatta di transizioni selvagge, tecnica, velocità e zero tatticismi. Tutto questo a discapito del bistrattato calcio italiano, che viene fortemente criticato e ingiustamente ridotto ad un livello bassissimo, manco fosse lo Snooker; tuttavia la serata dell'Olimpico, in barba ai sodali del vate Guardiola e ai filosofi di tendenza, ha visto trionfare proprio il calcio nostrano, fatto di strenua difesa, marcature francobollate e ripartenza. Fonseca mette da parte le velleità della nouvelle vogue e si affida alla tradizione del Belpaese, ottenendo il massimo risultato e detronizzando i cultori del calcio totale. A Trapattoni sarà scesa una lacrima di gioia nel vedere quel 21% di possesso palla registrato dalla squadra di Fonseca e sbattuto in faccia al fin troppo sicuro e spocchioso Ten Haag: il movimento calcistico italiano è pertanto vivo e si prende una grande rivincita a tinte giallorosse, in attesa di riscattare un'altra grande beffa del passato...
Passiamo ora al pagellino, con tanti voti alti e qualche bocciatura:

PAU LOPEZ 4,5 - Sarebbe interessante fare un sondaggio e chiedere ai tifosi romanisti se ad oggi faccia più paura lui o i rischi collaterali del tanto discusso vaccino AstraZeneca. Si perché anche ieri sera a qualcuno sarà venuto un accenno di trombosi nel vederlo giocare coi piedi. Colpevole sul gol di Brobbey, esce in ritardo sull'attaccante olandese come un ristoro per una partita IVA; e da Roma intanto si sente un urlo che recita: "Speravo de vedè giocà Mirante...".

MANCINI 7 - Non c'è solo Bastoni nel futuro della diga nazionale, perché Gianluca ha tutti i crismi per essere considerato come uno dei migliori centrali in circolazione. Francobolla il funambolo brasiliano Neres, facendogli venire accenni di saudade mentre lo ispeziona senza sosta per tutta la partita. Con Calafiori e Pellegrini sta formando il triumvirato del futuro; peccato per l'ammomizione che gli costerà l'andata col Manchester.   

CRISTANTE 6 - Nel primo tempo recita uno spartito di ordinaria amministrazione, prendendo bene le misure sull'esperto Tadić, ma l'entrata in campo dell'uragano Brobbey lo travolge facendosi beffare in velocità. Ottimo nel passaggio a Calafiori che propizierà poi il gol di Dzeko, da centrale adattato fa quel che può, nonostante qualche accenno di malessere tattico che comincia a intravedersi.   

IBANEZ 6,5 - All'andata è stata una botta di adrenalina, "from zero to hero"; ieri ha giocato una partita all'italiana, quasi come se fosse impossessato dallo spirito calcistico del rude Pietro Vierchowod. La spazza e la manda nell'iperuranio per non rischiare, giocandola in maniera sporca ma essenziale. Sbaglia qualche appoggio ma è da applausi in occasione della chiusura su Antony.

KARSDORP  6 - A tu per tu coi suoi paesani il buon Rick gioca una partita sufficiente, ben coadiuvato dal regista difensivo Mancini. Fa quel che può su Neres, ma alla Roma serve un esterno destro di ben altro livello.

DIAWARA 7 - Maturo, roccioso, fa anche la paternale a quel pazzo di Pau Lopez, togliendogli le castagne dal fuoco. Gestisce le mansioni difensive come il miglior Vieira e nella ripresa si lascia anche andare a due strappi degni di nota. È in forte crescita, bisogna puntaci forte, questo non è N'Zonzi...

VERETOUT 5,5 - Il francese non è al top della forma e si vede. Soffre l'esuberanza giovanile di Gravenberch e si deprime un po' dopo il gol annullatogli per fuorigioco. L'ampiezza di gioco dell'Ajax non favorisce il suo agire nello stretto, ma nel complesso resta una prestazione vicina alla sufficienza.

CALAFIORI 7 - Astro nascente della falange romana, l'ex bimbo prodigio della scuola calcio Petriana è in ascesa e si prende tutti gli applausi quando consegna a Dzeko la palla gol del pareggio decisivo. Che la Roma abbia trovato il suo nuovo Cesare?

PELLEGRINI 6,5 - Lollo gioca da capitano, sente il calore pirotecnico della sud e ha l'occasione di infilare Stekelenburg in contropiede. Scuote la squadra nella ripresa, quando i suoi commilitoni sembrano in totale balia dei soldati di Aiace; la lettura tattica imposta da Fonseca e il gioco in ripartenza non lo esalta, ma la partita è di sostanza, con tanto di piena approvazione del Senato Romano.

MKHITARYAN 6 - Heno è in fase di ricarica, non è il solito motorino di quantità e qualità. Inizia con due magie tra le linee, ma poi si dedica al lavoro sporco, con chiusure e sportellate a centrocampo. Se la gioca d'esperienza, anche perché le gambe non gli danno il giusto supporto.

DZEKO 7,5 - La beccata del cigno, che spazza via tutte le critiche e le polemiche di un'intera stagione. Non ha molti palloni da convertire, ma quando gli arriva la palla giusta è pronto a fare l'alchimista, trasformando l'assist di Calafiori in un gol di puro platino. Questo finale di stagione si preannuncia di gala e la Roma ha bisogno del suo cigno più elegante per far bella figura.

ALL. FONSECA 7 - Se la gioca alla Trapattoni, decide di limitare i danni e di ripartire all'italiana, alla faccia di Ten Haag e delle sue spocchiose lamentele. Conscio del risultato dell'andata, rimane però umile nell'approccio, rispettando il potenziale avversario. In conferenza post-partita serra già le fila per la semifinale col Manchester, a testimonianza di quanto sia concentrato sull'obiettivo. Aldilà di come andrà a finire il suo rapporto con la Roma, a fine anno, dopo due seminfinali consecutive, Fonseca meriterebbe proprio di alzarla.

Ora il destino pone di fronte ai giallorossi proprio il Manchester United, fautore della più umiliante e cocente sconfitta della storia romanista. Quel 7-1 di 14 anni fa grida vendetta e dopo aver beffato lo status quo e i luoghi comuni sul calcio italiano, è arrivato il momento di sovvertire anche i corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico. Il Manchester di oggi non è quello di Ronaldo e Ferguson, è una squadra ridimensionata e umanizzata dai tanti errori di mercato fatti negli ultimi anni. Certo, resta sulla carta una compagine fenomenale e forse persino superiore, ma a Roma non si pongono più limiti e non verrà mai più permesso all'invasore britannico di fare altre razzie.

Salvatore Zarrillo