Le proiezioni inconsiderate, poco ponderate. Si appresta a disputare la prima Champions della storia l’Atalanta, rappresentazione della dea mitologica in tal caso. Agosto 2019. Euforia, entusiasmo, e la non ossessione nel disputare una competizione laddove esserci arrivati rappresenta il compimento di una lodevole storia, che ha consacrato la nostra Dea. Gasperini è pacato, scorge il pertugio di un'opportunità unica, ma non tramuta emozioni da sè stesso. Chiede una cosa ai suoi: non importa come andrà, noi daremo il massimo. Parole ai più insignificanti, al cui interno si cela un'ambizione maggiore: giungere il più lontano possibile, e varcare la soglia appena citata. Il possibile mal si sposa con i pensieri, di chi nel corso della mitologia, ha ottenuto consacrazioni di rilievo. Vero, la Dea, è una concezione astratta del passato, ma ha un nesso con la storia recente,attualissima, dei nerazzurri. Per una banda assortita, congeniata per arrivare lontano, il possibile non entra nell'immaginario. Delle probabilità che i media citano non vi è nessuna base concreta. L'Atalanta i sorteggi non li osserva come le estrazioni scolastiche per le interrogazioni, sarà sempre lei, in qualunque circostanza. Ben più nobili sono le intenzioni, e forse, immerse nell’oscurità anche per l’organico.

Guardiola, avevi ragione

Milan, Inter, il calcio italiano ha assoluto bisogno di voi. "Indegni". Non un titolo. E' il puro pensiero che alleggia nelle conversazioni post 4-0 subito nella calda Zagabria, riecheggiante di pubblico, già conscia del palese significato di partite simili. L'Atalanta non lo capirà mai a fondo, perché, rimarrà intatta nei lunghi mesi avvenire. Muterà, come dice Gasperini, l'atteggiamento. Prima, un nubifragio di portata roboante, poi l'arcobaleno, il contesto ideale per cavalcare l'onda dell'entusiasmo. Un 4-0 subito non è la chiave del calcio effettuato, bensì, di meriti avversari, subito capaci nell'offendere come un pugile dinanzi ad un avversario calmo. Correzioni ed appunti. La calma allontanata da un vocabolario che inizierà a predicare l'opposto, con frutti, beh… non li sappiamo ancora. Poco importa se uno Shakhtar irrilevante sbanca Milano. Il pugile arrabbiato che è una dea la quale deve sbocciare, placato da circostanze in qualche modo differenti e sfortunate, ma su linee opposte rispetto alla vicenda, sta per nascere. Guardiola ne fa cinque. Arriva in conferenza stampa, e subito si congratula con i rivali: in passato, a folgorare il più grande tecnico contemporaneo con ritmi simili vi era riuscito solamente Marcelo Bielsa. Il calcio applicato, tuttavia, seppur spettacolare non basta.

Dov'è la tanto ambita (in segreto) consacrazione? E non importa se l'Italia calcistica, al rientro in Patria, si ribella agli eroi solitari lasciati ad una Bergamo comunque entusiasta. Non vi è rabbia, sarebbe priva di reali valori. Ok, adesso, trasformiamo solamente il 10% rimanente, completiamo l’opera. Finiamo il nostro essere pugile, esteticamente idilliaco e lodato, e affermiamoci ai piani altissimi, ripartendo dalle parole di Guardiola, compiamo l'ultimo atto per completarci. No. Non sono citazioni provenienti da Zingonia, ma, rappresentano la situazione con l’astrattezza dei fatti, il lato mai considerato. Quarta giornata: trasformazione completata, timori conservati per accendere la luce, la prima verso la conclusione del concetto bergamasco. Uno a uno. Possesso palla, ancora più rapido ed efficiente del passato, atto a diventare sempre più efficace. Difesa pressante, centrocampo asfissiante, punte a rifinire, ancor di più, con lo scopo di mettere al tappeto l'opponente. Guardiola ci ha visto lungo. Due affermazioni sulla falsa linea di ciò, che a San Siro, scala del Calcio, ha mostrato al mondo intero l'Atalanta. Qualificazione superata e primo passo per entrare nella gloria completato.

La Dea, complice la sua metamorfosi ha applicato un calcio che nessuna piazza potrebbe replicare come suo, seguendo le gesta di Gomez e compagni. La storia di come si è arrivati al ciò è ancor più incredibile: Gollini, scartato in Inghilterra, Dijmisiti comprimario, Freuler adocchiato dal pubblico come "scarso", Papu Gomez, calciatore nella media, voglioso di riscatto per la conclusione dell'avventura siciliana e la coppia offensiva composta da Duvan Zapata e Muriel, abbandonati prima, splendenti poi. Tutti in comune hanno l'ambizione. Poca tecnica, perché questo sport non è solo essa, è l'insieme di molteplici fattori che la Dea ha composto alla perfezione. Lunga visione abbinata ad un intelligenza vera. Il percorso è appena iniziato. I mesi successivi saranno ciò che solo Berghem può regalare. Capitolo rimandato a marzo.

Berghem mola mia, e una storia da scrivere

Scenario surreale. Giuro, nell'intero corso della mia vita non ne avevo visti di simili. Sirene che aleggiano nel surreale silenzio di Bergamo, più di un immagine. Fa male. Sentire una città afflitta dal virus dilagante, che irrompe nella vita degli innocenti, che distrugge. Fa male. Restano, impresse indelebilmente, quei lunghissimi giorni, struggenti. Bergamo non molla, combatte e si rialza, nell'onore della sua città, portato con vanto dai ragazzi di Gasperini. Squadra che non si abbatte, trae forza dagli attimi complicati per renderli a proprio favore, come accaduto nei gironi. Le sirene che si odono non si cancellano: troppo complicato dimenticare un passato cosi recente. Nella frattura di una città che lotta, c’è una Dea che brilla. Ottavi di finale: a Milano arriva il Valencia, outsider che ha eliminato l'Ajax dalla competizione. Una partita sola, si dice, ha un significato relativo, poiché esprime solo parzialmente i reali valori. Insomma, per sovvertire le leggi dei potenti bastano sessanta minuti di dominio puro. Gli iberici escono dalla Scala con il mal di testa. Ne subiscono quattro, non entrano nella sfida. Gasperini loda i suoi. E' l'applicazione che, scettici a parte, si voleva. Il "semplice" fatto d'esser diventati i più belli, puri, danzanti sulla sfera. Ora, il mondo intero può osservare l'impresa. Un cammino incredibile, incominciato quattro anni prima, rapido e fulmineo, passato dalla storica affermazione del Signal Iduna Park ai vertici del panorama europeo.

Dieci marzo 2020. Bergamo è strenua, mutilata da un lockdown d'emergenza. In città silenzio. Non è il calcio che deve essere. Il pubblico, l’ennesimo atto di forza della Dea, non è presente. La Curva Nord, anima storica del tifo organizzato, che aveva spinto i suoi sino a traguardi inauspicabili, non c'è. E' proprio questo non essere che allarga la ferita, le motivazioni dietro. Chi l'ha vissuta, soprattutto in prima linea, comprende. Gli orobici vi sono passati, un popolo che ha sempre combattuto, lo spirito atalantino. Giorni duri, privi d'ogni contestualizzazione di felicità. E' cosi che si arriva, scortati, tra mille incertezze, in una Valencia che ignora, simbolo dell'Europa che si chiama fuori dall'emergenza. La torcida, ignora. Canta, carica. Ingiusto, ci vuole la Curva Nord. Valencia, l'ultimo baluardo della sconsiderata leggerezza. Ritrovi e ritmi festaioli accolgono chi, cova dentro di sé, la rabbia. La rabbia, non compresa.

E poi c'è lui, Ilicic, sentimentale, pienamente dentro le vicende, estraniatosi per la troppa forza di esse, che l’ha fatto con regalità, l'ennesimo simbolo di chi, ricco di virtù, dimostra con i fatti ciò che prova. La squadra che varca il Mestalla vuole donare alla propria città la gioia perduta. Ilicic l'ha capito, il futuro è obnubilato di dubbi, timori. Lo sloveno è un fuoriclasse. Talvolta nelle sue prestazioni hanno prevalso le emozioni, in senso negativo. La poca voglia di applicare un talento cristallino, perso in un bicchiere d'acqua. E' maturato, la definitiva rappresentazione dell'Atalanta. Ne fa quattro, non esulta, non vi sono i presupposti. Vittoria. Non è ciò che interessa gli animi. L'Atalanta è Dea. E poi il messaggio, mentre la Valencia in movida, spregiudicata, ride ed ignora. "Berghem Mola mia". L’organico si stringe intorno alla propria patria. Sono gli eroi. Tutto ritorna. La Dea per Bergamo. E la storia va avanti, non si conclude, poiché le pagine del libro sono aperte, da scrivere. Chi meglio della Dea compone sinfonie armoniche? Dea, continua.

To be continued…

Berghem Mola mia