Quello del giornalista è un mestiere splendido e di responsabilità per chi lo svolge; il giornalista ha il diritto e il dovere di esercitare questa sua missione nella totale libertà di opinione, riportando la realtà delle cose senza veli e senza ingerenze esterne e esigendo il rispetto per la sua professione e professionalità, senza però mai abusare di questa sua posizione, molto influente dal momento che un giornalista ha il compito di fornire nella quotidianità informazioni al cittadino medio. Tutto questo mi sembra ovvio e lapalissiano, perlomeno dovrebbe funzionare così. Ovviamente quanto scritto vale sia per chi scrive di cronaca quotidiana che chi scrive per fatti più leggeri, ma che comunque muovono milioni di persone, come lo sport. A tal proposito, mi è venuto da sorridere nel leggere un comunicato dell’Ordine dei giornalisti in cui veniva chiesto rispetto, in seguito ad un battibecco (peraltro molto ironico) tra Spalletti e un giornalista, dopo la partita di domenica contro il Palermo, in cui, dopo l’ennesima allusione al difficile ambiente giallorosso, il tecnico di Certaldo, straziato, ha bloccato la domanda, ripeto, in modo molto ironico (la storia delle galline del Cioni l’ho trovata spassosissima ma io sono di parte: ammiro Spalletti, pur essendo tutt’altro che romanista, e lo reputo oltre ad un grande allenatore, un intellettuale, uno che osserva la realtà e difficilmente sbaglia nei giudizi). Ammesso che, come già detto, a mio parere non è stata compiuta nessuna mancanza di rispetto o tentativo di censura, sono semplici dibattiti tra le parti che ci stanno, fondamentali peraltro in un mondo libero in cui vi è un libero dialogo, vorrei riprendere quanto affermato da Spalletti nella conferenza di ieri; concetti, a mio avviso, corretti e fondamentali, purtroppo mi sembra sia il primo allenatore ad avere la lucidità di sottolineare con esattezza una situazione che a me pare evidente: quella di gonfiare certi concetti è un’operazione sempre più in voga per certi (non tutti) giornalisti; ed ecco che, ad esempio, se Nainggolan chiede sostegno continuo alla curva, diventa un Nainggolan che va contro i tifosi; se Allegri l’anno scorso tiene fuori all’inizio Dybala, l’argentino non è stimato dal tecnico; oppure il fluttuare di opinioni circa la completezza della rosa non giudicando la prestazione ma semplicemente sulla base di vittorie o sconfitte. Sintomatica tra l’altro l’affermazione di Allegri prima di Milan Juve: di fronte a domanda su come mai non aprisse spesso gli allenamenti, il tecnico livornese ha risposto: “lo farò. Poi però non è che se un giocatore manda in c**o l’altro voi il giorno dopo scrivete un articolo “. Frase sintomatica, che riassume una generale situazione in cui si tende più a cercare lo scandalo, il lato oscuro piuttosto che a riportare la realtà inserita in un determinato contesto, come può essere quello di un allenamento. Ho fatto alcuni, i primi che mi venivano in mente, esempi ma ne potrei fare altri mille. Il concetto però rimane lo stesso: il giornalista sportivo muove migliaia di tifosi che leggono i rispettivi quotidiani o periodici, volente o nolente condizionano anche il parere di molti di questi e spesso infiammano gli animi quando invece si dovrebbe stemperarli, trattandosi pur sempre di uno sport, attività che dovrebbe unire e non dividere come invece spesso succede. Diciamo che il giornalista dovrebbe forse più riportare le informazioni piuttosto che rivisitarle o gonfiarle, magari usando uno stile meno tagliente e cercando di costruire dialogo e non troncare giocatori, allenatori o squadre. Il che non vuol dire ridursi ad un asettico computer ma avere più rispetto di chi si sta parlando, senza manipolare la realtà e usando spesso i virgolettati, estrapolandoli da un concetto e rendendoli quindi equivoci. Ovviamente non mi riferisco alla categoria in generale, ci mancherebbe, ma purtroppo riporto tristemente come questa moda di fare giornalismo sia sempre più in auge. Ci fosse un giornalismo più equilibrato, forse si riuscirebbe a costruire un dibattito calcistico sano in Italia, laddove quando si inizia a discutere su pareri contrastanti, spesso si finisce in una sorta di duello all’ultimo sangue.