Una notizia che si rincorreva da tempo e che, nell’ultimo giorno di calciomercato, trova la conferma ufficiale: i destini di Claudio Marchisio e della Juventus si separano.
Il centrocampista, dopo venticinque anni di militanza bianconera, ha firmato oggi la risoluzione del contratto che lo legava alla Juventus. Una storia, la sua, a tinte bianconere: Marchisio era l’ultimo e unico segno della continuità tra settore giovanile e prima squadra; il simbolo di quel cordone ombelicale che rappresenta un po’ il sogno di ogni bambino, ovvero vestire la maglia della propria squadra del cuore fino ad arrivare a calcare quei campi sognati da bambino, difendendo i propri colori.

Marchisio ha sempre voluto legare indissolubilmente il suo nome ai colori bianconeri, sin da quella prima stagione in cui, ancora ragazzino, esordì tra i grandi quando la Juventus stava affrontando il purgatorio della Serie B dopo Calciopoli. Poi l’anno di prestito ad Empoli e quindi l’arrivo in pianta stabile a Torino dove si consacrerà come uno dei migliori centrocampisti del panorama italiano e non; la sua capacità di corsa e inserimento e l’indiscussa duttilità, faranno di lui un centrocampista fortemente apprezzato da tutti gli allenatori che transiteranno a Torino; molti sono stati gli interessamenti da parte di club esteri e in particolare inglesi che hanno sempre visto nel suo saper coniugare quantità e qualità il degno filo di continuazione con calciatori del calibro di Gerrard e Lampard.

Una crescita costante che lo porterà, dopo la finale persa a Berlino, a firmare un importante rinnovo contrattuale e la promessa di diventare il futuro capitano bianconero; purtroppo invece, come tutti sappiamo, non è andata così. Dopo il gravissimo infortunio del 2016 tutto è cambiato intorno a Marchisio; inutile ripetere la cronistoria se non ribadire che, tutto d’un tratto, Marchisio è sceso nelle gerarchie del tecnico fino ad arrivare, nella scorsa stagione, ad essere di fatto un’ultima scelta nel reparto di centrocampo.

E ora un epilogo che più triste di così non poteva essere: Marchisio, anche nelle sue parole di commiato al bianconero, si è aggrappato alla fede bianconera e ai tifosi, gli unici che veramente non lo hanno mai abbandonato; a differenza, duole dirlo, di società e allenatore che lo hanno trattato peggio che l’ultimo degli arrivati, facendo a sprazzi apparire la sua permanenza in bianconero quasi come un fastidio. Posso capire che, al netto anche degli arrivi susseguitisi negli ultimi anni, che le gerarchie a centrocampo potessero essersi modificate; capisco un po’ meno quando, per un’intera stagione, Marchisio veniva addirittura messo dietro Sturaro nelle gerarchie del centrocampo.

So già che arriveranno orde di tifosi “razionali” che mi verranno a spiegare che in fondo Marchisio non era più quello di un tempo, che Allegri lo vedeva tutti i giorni in allenamento e che era un calciatore in netto declino; potrete anche avere ragione ma io credo che un calciatore lo si fa sentire importante non solo facendolo giocare ma coinvolgendolo in una dinamica di squadra in cui Marchisio, portatore sano dei valori della Juventus, avrebbe ancora potuto dire la sua, riconquistando col tempo anche quello smalto di un tempo.
Invece no, un timido ringraziamento e una buona uscita sono state le uniche cose con cui Marchisio è uscito da quella che è stata la sua casa per venticinque anni.

Senza Marchisio siamo tutti un po’ più soli, ne sono convinto; perché ripeto, forse sul piano meramente tecnico e del gioco non ci siamo privati di un calciatore che, almeno attualmente, non ricopriva un ruolo da protagonista; abbiamo tuttavia perso qualcosa di più profondo, ripudiando uno dei nostri figli più puri, incarnazione dello spirito bianconero da tramandare ai più giovani.