Alla fine è successo: l’Italia ha fallito la qualificazione ai mondiali e, dopo sessant’anni, dovremo nuovamente assistere alla competizione da osservatori esterni. Il doppio scontro che ci ha visti impegnati contro la Svezia ha dato una sentenza pesantissima: al netto degli episodi sfortunati, ci dobbiamo inchinare ad un avversario che, sebbene sulla carta inferiore, ha saputo sfruttare al massimo tutte le sue peculiarità rendendo il passaggio del turno possibile. La nazionale azzurra tocca il fondo dopo un’agonia di che pone, a mio avviso, le sue radici dal mondiale del 2010. Anni in cui si sono alternate a buone cose (penso la finale degli europei in Ucraina)  un costante calo in termini di qualità, con calciatori che non sono quasi mai andati oltre l’appellativo di “meteore” e con il solo “blocco Juve” con l’aggiunta di De Rossi a fare da capofila ad un gruppo in costante cambiamento; la parentesi Conte ha segnato un’inversione di tendenza, fatta di un allenatore (più che un commissario tecnico) che ha saputo costruire un sodalizio che si è reso protagonista di un europeo più che dignitoso ma non siamo riusciti a dare continuità a questo processo, sia per una scelta “al ribasso” sul nuovo commissario tecnico, sia per la mancanza di idee in federazione su che impronta dare alla nazionale. Il risultato è che la nostra nazionale vive uno dei periodi più neri della sua storia, ha perso in un solo colpo quasi tutti i “senatori”: Buffon, Barzagli e De Rossi, gli ultimi “eroi” di Berlino superstiti e ora, senza la loro presenza, toccherà soprattutto a quei calciatori già da tempo definiti campioni ma non ancora consacratisi come tali prendere per mano la nazionale e riportarla a battagliare per quei traguardi che le spettano per storia e fama.  Tuttavia per assurdo, in un momento di tale difficoltà e tristezza sportiva, mi viene da fare una riflessione: forse, non tutto il “male” è venuto per nuocere. Mi spiego meglio: alle volte, per uscire dal limbo di certe crisi, servono scossoni forti, serve toccare il fondo per poi ricostruire; in altre parole, parafrasando il celebre monologo del Colonnello Kurtz in Apocalypse Now, bisogna saper guardare in faccia l’orrore e capire quanto in basso si può arrivare per poi avere la forza di superare il momento. Serve un cambiamento netto in termini innanzitutto di guida federale: dopo la scelta “propagandistica” di Conte, sono emerse tutte le falle di una gestione attempata e vetusta come quella di Tavecchio. La scelta di un CT come Ventura, impreparato a gestire certi calciatori e carente di idee tattiche vincenti fu sbagliata in origine e recidiva nel voler prolungare il contratto al tecnico a obiettivo mondiale non ancora raggiunto (un qualcosa di mai visto prima d’ora); una volta licenziato Ventura, credo che anche l’alta dirigenza federale debba fare un passo indietro e mi sento di dire che non sarà sufficiente un’altra scelta “propagandistica” (si parla di Ancelotti) per restituire credibilità ad un gruppo dirigente che ha palesemente fallito l’obiettivo. Abete e Prandelli, che al mondiale portarono comunque la nazionale, ebbero almeno il buon senso di dimettersi seduta stante dopo l’eliminazione patita contro l’Uruguay; qui stiamo invece assistendo ad un vero e proprio teatrino dell’assurdo con un (si spera ex) Commissario Tecnico che, totalmente incapace di guardare in faccia la realtà, va in giro dicendo di esser stato il “miglior commissario tecnico degli ultimi 40 anni” e un presidente federale che, anziché parlare alla stampa e agli italiani ha già (ad arte) messo in giro le voci di un contatto con Ancelotti. In questo momento non basterà nemmeno un ottimo allenatore come l’ex Bayern per smuovere le acque; il rinnovamento deve contaminare tutti gli ambiti federali, inserendo volti nuovi e con idee moderne. Nel frattempo viviamo il presente, fatto di delusione sportiva, nella speranza che possa sancire un nuovo rinascimento.