Con quella di Cardiff, siamo alla quinta finale di Champions consecutiva terminata con una sconfitta per la Juventus, da vent’anni a questa parte. Qualcuno potrà dire che l’importante è raggiungere le finali,che quello che conta è il percorso e che, nella gara secca può succedere di tutto. Personalmente però credo che, fino a quando la Champions sarà un torneo e non un campionato, alla fine quello che conta sia alzare la Coppa, vincere la finale e, personalmente, questa incompiutezza inizia a pesarmi. Se due anni fa a Berlino vi eravamo arrivati con l’inconsapevolezza di chi era partito con l’obiettivo quarti di finale, in questa stagione la squadra era maggiormente attrezzata per potersi giocare la finale, perlomeno in partenza. Non eravamo i favoriti, a dispetto dei giudizi emanati da qualche addetto ai lavori un po’ sprovveduto e un po’ gufo; diciamocelo chiaro e tondo, il Real Madrid è più forte della Juventus, essendo squadra rodata, per cui ormai le finali di Champions sono ormai abitudine consolidata; i Blancos erano superiori alla Juventus pressoché in tutti i reparti e anche in panchina, laddove si sono concessi la velleità di far accomodare in tribuna un certo James Rodriguez, che alla Juventus sarebbe sicuramente titolare. Come anticipato, rispetto a Berlino arrivavamo con molti punti fermi in più: una difesa che, nell’arco della competizione, aveva subito solo tre gol dimostrandosi reparto affiatato e in grado di trasmettere sicurezza ai compagni; una mentalità di squadra molto più europea: forte e affiatata, corroborata da calciatori dotati di curricula costellati di trionfi internazionali; delle individualità importanti, in grado di sbloccare la partita da un momento all’altro. Premesse, quelle sopra elencate, non confermate dalla prova del campo: dopo una partenza molto buona, abbiamo subito il gol del Real Madrid su una ripartenza, frutto di un primo tempo dei Blancos fatto di contrasti vinti e ordine tattico, il contrario di quanto fatto dalla Juventus per tutta la partita; in quest’ambito la Vecchia Signora è anche riuscita a rimetterla in carreggiata grazie ad una prodezza di Mandzukic, con la speranza di un secondo tempo in crescendo. Nulla di tutto ciò: perché nella seconda frazione il Real Madrid ha letteralmente surclassato la Juventus, insediandosi sin dalle prime battute nell’area di rigore avversaria: il gol di Casemiro poi è stata la definitiva pietra tombale ma il tracollo era già evidente da molti minuti, con una squadra totalmente in balia dell’avversario. In pochi minuti sono venute meno tutte le certezze che ci eravamo costruiti: la difesa pareva un colabrodo, totalmente incapace di arginare un avversario certamente forte ma che poteva essere affrontato in modo nettamente diverso; i nostri calciatori non hanno saputo reagire mentalmente ad uno svantaggio ancora recuperabile e hanno alzato bandiera bianca e, per concludere, sono totalmente venute meno le nostre individualità. Mandzukic, Dani Alves ed Alex Sandro hanno cercato di tenere in piedi la baracca, il resto non li ha seguiti: la coppia offensiva Dybala Higuain non è mai stata in partita; il Pipita non è quasi mai entrato nel vivo del gioco, come purtroppo spesso gli accade in gare come queste, ha sbagliato quasi tutto sul piano tecnico e ha perso praticamente tutti i duelli con la retroguardia madrilena. La Joya è stata totalmente invisibile (a differenza di quanto accaduto contro il Barcellona), a dimostrazione che, al netto di un evidente talento, andrà poi meritato veramente quell’importante adeguamento contrattuale da lui tanto voluto e, alla fine, concessogli dalla Juventus. Con avversari di questo calibro o si gioca con personalità oppure è meglio rimanere a casa. Discorso simile per Pjanic: Allegri ha sempre usato per lui parole di encomio, affermando che ha le capacità per diventare tra i migliori centrocampisti al mondo ma di strada ne deve ancora fare moltissima. E’ intollerabile che un calciatore che gioca a questi livelli (e con il suo talento) sparisca dal gioco quando invece dovrebbe essere il faro che guida i compagni; è inaccettabile commettere errori grossolani e innervosirsi quando invece dovrebbe star tranquillo. L’esempio da seguire, di concretezza, classe e autorevolezza lo ha avuto dai colleghi di reparto che aveva di fronte, loro sì i migliori al mondo, che lo hanno letteralmente surclassato. Perché lasciare la propria squadra di provenienza perché “si vuole vincere”, unendosi ad un gruppo che in Italia aveva comunque già vinto tutto, è facile. Bisognerebbe forse iniziare a interrogarsi sul fatto che, forse, la squadra in cui eri non vinceva anche per causa tua e i tuoi alti e bassi. Discorso uguale per Higuain. Il Real Madrid, al quale vanno i miei personali complimenti, ha meritato di vincere, avendo la meglio sotto tutti i profili: quello mentale, quello fisico, quello tecnico. Resterà da sciogliere il nodo riguardante il tracollo subito dalla Juventus nel secondo tempo: a mio avviso c’è stato un concorso di fattori (in particolare fisico e mentale) che hanno portato ad una sconfitta, che sarebbe potuta arrivare comunque, ma di sicuro non in questa maniera. E’ veramente inspiegabile come una difesa che, fino a questo punto della stagione, era stata praticamente impeccabile abbia messo in campo una prova di estrema debolezza e vulnerabilità, lasciando spazi incredibili agli avversari (a partire dalle corsie esterne) e mostrandosi per larghi tratti passiva agli stessi. Se erano riusciti ad annichilire l’attacco del Barcellona era assolutamente possibile fermare anche quello del Real Madrid, seppur composto da un calciatore che queste partite difficilmente le sbaglia. Da dove ripartire quindi ? l’obiettivo primario credo sia consolidarsi nella top 4 europea, per far questo non andrà attuata alcuna “rivoluzione”, attraverso cambi massicci nei calciatori. Piuttosto andranno consolidate le nostre posizioni di forza, integrando profili oggi mancanti: in attacco mancano interpreti in grado di alzare ulteriormente il livello di qualità e profili in grado di far rifiatare i titolari. Dei sei centrocampisti in rosa, tre/quattro sono realmente da Juventus; gli altri sono tutti giocatori mediocri, per cui andrà veramente capito cosa possono dare alla causa e agire di conseguenza a partire da Lemina e Rincon che, causa anche il cambio di modulo, si è rivelato un acquisto non così necessario a gennaio. Il fattore forse più preoccupante è quello di una difesa che inizia ad avere un’età importante e che difficilmente sarà “sostituibile”; la speranza è che Rugani riesca a scalare rapidamente le gerarchie titolari e che Benatia si lasci alle spalle i problemi fisici che lo hanno spesso bloccato questa stagione, in attesa della crescita a Bergamo di Caldara, che avrà la possibilità di misurarsi un Europa League con l’Atalanta. Se poi dovessero esserci partenze eccellenti (penso a Bonucci) allora bisognerà intervenire massicciamente, tuttavia di difensori forti sulla piazza ce ne sono pochi, forti come i nostri probabilmente non ce ne sono proprio, e questo sarà un dato su cui realmente riflettere e agire con estrema ratio. Per il resto una sconfitta, seppur bruciante, non va ad inficiare quello che è un percorso iniziato con la gestione Agnelli e ancora in pieno corso d’opera. Del resto, le due partite contro il Barcellona non possono essere frutto del caso e l’obiettivo sarà farle diventare la normalità: questa squadra, con qualche accorgimento in più, ha ancora molta strada da percorrere.