Le vie del calciomercato sono infinite: quello che, fino a qualche anno fa, era un fenomeno riservato a calciatori e dirigenti, in cui certe dinamiche venivano scoperte dal tifoso solo una volta conclusasi, è oggi diventato fenomeno mediatico; succede così che i trasferimenti vengano ventilati spesso da calciatori o personaggi collaterali prima ancora che da dirigenti e allenatori.

L’esplosione dei social network, annessa all’attenzione morbosa verso i calciatori e i loro movimenti di mercato, non hanno fatto che sviluppare un calciomercato che si sta sempre più trasformando in una cronaca “gossippara”.

Evidentemente un’aria diversa da quella dei rispettivi centri d’allenamento, annessa alla lontananza dagli stessi, fa dire ai calciatori cose che, nell’arco della stagione, mai si sognerebbero di dire. Succede quindi che Dani Alves, durante il suo soggiorno vacanziero in Brasile, rilasci durante un’intervista alcune dichiarazioni che, per forza di cose, lo hanno messo sul mercato. 

Frasi forti, taglienti, pronunciate con quel suo sorriso da guascone che lo ha sempre caratterizzato: prima è il turno di Dybala, per cui secondo il funambolico terzino verdeoro, la Juventus non è altro che un passaggio per approdare a realtà più importanti; poi è il turno della finale di Cardiff, persa a suo avviso anche perché i calciatori non hanno potuto stare assieme alle loro famiglie; infine, una considerazione personale secondo cui il suo vero sogno sia giocare in Premier e che il passaggio in serie a fosse meramente dettato dal fatto che, essendo il campionato italiano molto tattico, gli sarebbe servito come allenamento per la Premier.

Frasi declinate su piani diversi ma che, allo stesso modo, lo pongono inevitabilmente ai margini del progetto Juventus: perché se il pensiero su Dybala è un qualcosa di meramente soggettivo che non sto nemmeno a commentare, le sue parole circa la sua permanenza in Italia, dette alle porte del calciomercato, non sono altro che un’ammissione di volersene andare; ammissione velata, subdola e con quella buona dose di paraculaggine che ormai hanno i calciatori di oggi che, per manifestare il proprio volere, si affidano a perifrasi degne del Petrarca o fanno parlare i procuratori al loro posto. Le frasi che ha pronunciato ieri sera durante l’intervista sopra citata, unite tra loro, danno a mio avviso un messaggio molto chiaro, che la società non può non aver colto e non potrà, per come la vedo io, che agire di conseguenza.

La mia impressione è che Dani Alves non sia mai stato dentro il progetto bianconero: troppo distante, sia per carattere che per mentalità, a quelli che sono gli standard della Juventus; in campionato si è ostinato a ripetere gesti tecnici totalmente inutili in un campionato come il nostro, mentre è indubbio che in Champions il suo contributo si sia fatto sentire in modo nettamente diverso. Giusto quel tanto per non rendere il suo approdo in bianconero totalmente fallimentare; tuttavia cinque partite fatte bene non erano e non sono sufficienti per giustificare un rinnovo di contratto che Dani Alves avrebbe richiesto e che, a mio avviso giustamente, la Juventus non gli ha riconosciuto, essendo un calciatore che va per i trentacinque anni con ancora un contratto di un anno più opzione.

Non è da escludere che, dietro queste parole di rottura, non vi sia proprio un mancato rinnovo di contratto, che avrebbe spinto Dani Alves a voler levare le ancore. Il rammarico da parte mia c’è: perché il suo valore tecnico è ineccepibile e, dopo un anno di “rodaggio”, avrebbe tutte le carte in regola per fare ancora una stagione da protagonista nonostante l’età; tuttavia, salvo spiegazioni con annesse scuse, al momento vedo totalmente impossibile una sua permanenza in bianconero: il solco tra lui e il resto della squadra lo ha messo lui stesso con dichiarazioni fuori luogo che la dicono lunga sulla sua considerazione nei confronti della Juventus, della sua storia e del suo futuro. la Juventus è stata, è e sarà grande anche senza Dani Alves, questo è poco ma sicuro.