Ormai le sfuriate di mister Allegri dopo alcune partite di Champions sono diventate una sorta di abitudine, che di tanto in tanto si ripete; a dire il vero non ho ancora ben capito a chi siano rivolte, se alla stampa, ai tifosi, alla dirigenza o addirittura alla squadra stessa. Il dato di fatto è però che spesso il mister si è trovato a far leva su concetti che possono essere riassunti in: “non possiamo arrivare in finale tutti gli anni” o “c’è troppa negatività” o ancora “non siamo i favoriti per vincere la Champions”. Già in passato mi trovai in disaccordo quando il mister denunciò il fatto che si parlasse delle finali perse dalla Juve e non del fatto che, comunque, in finale ci era arrivata: modo di pensare che, a mio avviso, andava in netta contraddizione con quella che, da sempre è stata la filosofia della Juventus, che vedeva nel successo “l’unica cosa che conta”, senza ovviamente nulla togliere alla bontà dei percorsi fatti; vi dirò che personalmente le dichiarazioni di Allegri, dopo alcune gare di Champions che non terminano come ci si aspetta, le trovo una sorta di pratica compensatoria dell’allenatore, che scarica sugli altri un malessere e un malcontento che è, in primis, suo.

Senza dubbio c’è un dato: ossia che grazie allo stesso mister e al lavoro della dirigenza la Juventus in questi ultimi anni è tornata ad assestarsi tra le migliori squadre europee, con due finali raggiunte e un ottavo spettacolare in cui il Bayern ebbe la meglio solo ai supplementari; ed è normale, a mio avviso, che anche l’asticella si sia alzata nell’ambiente in genere, che ritiene (almeno dal mio punto di vista) che la Juventus debba rimanere perlomeno nella top 8 europea. Devo ammettere che, pur comprendendone il significato profondo che va oltre la partita col Tottenham, non mi sono affatto piaciute le parole utilizzate da Allegri nel post-partita di ieri: in una gara che sembrava messa in cassaforte e che invece ha visto la Juventus subire la rimonta dell’avversario, credo sia doveroso uscirne delusi; il che non vuol dire abbattuti o “depressi”, semplicemente con la consapevolezza che, una squadra arrivata al livello della Juventus può e deve pretendere di più da se stessa.

Che la Juventus non parta favorita per la vittoria finale e che ci siano squadre più attrezzate non c’è bisogno che venga Allegri a spiegarlo, è qualcosa di evidente; detto questo, credo che un potenziale mancato passaggio degli ottavi non possa che venire etichettato come un fallimento: la Juventus può e deve avere la meglio sul Tottenham, ne ha le potenzialità e sono sicuro che, se farà una prestazione da Juve a Wembley, ne uscirà vittoriosa conquistando una qualificazione, a mio avviso, ancora largamente alla portata. Certamente gli Spurs sono una squadra piena di talento, giovane e ancora più fisica di noi, una squadra dal valore assoluto che nel girone ha messo dietro il Real, non proprio gli ultimi arrivati; detto questo, ad oggi non sono più che dei “giovanotti” alle prime armi nel calcio europeo che conta. Poi non escludo che molti di loro ne vinceranno molte di Champions in futuro ma ad oggi rimangono dei giovani, inesperti ma allo stesso tempo letali se li porti a giocare sul loro terreno e soprattutto dotati di quella spensieratezza e incoscienza tipica della gioventù; mentre tra i bianconeri qualcuno con un po’ più di esperienza c’è e la stessa andava fatta valere anche ieri sera in determinati momenti della partita. Dire queste cose, a mio avviso, non significa essere “depressi” o sminuire l’avversario ma semplicemente constatare che ci siamo meritati un grado europeo elevato e lo dobbiamo mantenere, anche perché ne abbiamo tutti i mezzi, il che, ripeto, non vuol dire poi arrivare in finale, impresa che riconosco essere molto complicata.

Mi perdonerà Allegri se, quando parla come se in fondo fosse già bello che la Juventus sia agli ottavi, penso che sminuisca e di molto il suo (grandissimo) lavoro nel far crescere squadra e ambiente in consapevolezza, sia la squadra che allena: finché alla Juventus ci saranno i calciatori che la compongono oggi, sarà un dovere morale pensare che un ottavo così sia più che alla portata, il che non vuol assolutamente dire non tener conto dell’avversario ma credere, in modo convinto e feroce, nelle proprie potenzialità.