Nei giorni appena trascorsi ho avuto modo di avere un sano dibattito (incredibile a dirsi, coi tempi che corrono: chapeau) con gli utenti di questa piattaforma riguardo all'affare de Ligt.

Sebbene la maggior parte di loro sia d'accordo nello spendere una cifra molto elevata per il cartellino del centrale olandese, molti rimangono scettici sulle richieste economiche che Raiola, per conto del suo assistito, avrebbe avanzato nei confronti di Madama.

La mia missione di oggi è quella di provare a convincere gli scettici: ecco le 5 ragioni per cui de Ligt rappresenta veramente il delitto perfetto.

1) L'età
19 anni. Potrei fermarmi qui, senza approfondire ulteriormente la questione anagrafica, e già solo il rapporto tra la tenera età e le capacità del ragazzo chiuderebbe l'articolo senza necessità di ulteriore colpo ferire; tuttavia, farò lo sforzo di argomentare.
Se a stupire non è un semplice numero, lo sono decisamente i numeri del giovane oranje. Delle qualità che faccio fatica a ritrovare in molti dei campioni che hanno vestito in passato le maglie di importanti club alla sua età, e che lo rendono senza ombra di dubbio il migliore centrale difensivo del mondo in divenire.
Assicurarsi de Ligt non significherebbe solo garantirsi le prestazioni di un ottimo calciatore, bensì blindare un ruolo difensivo, da sempre un vanto del club torinese, per i prossimi quindici anni. Converrete che il costo del cartellino sarebbe allora ampiamente ammortizzato.

2) Lo stile di gioco
De Ligt non è solo un egregio stopper. Ha anche dei piedi decisamente buoni. In una Juventus sarriana che prediligerà la costruzione dal basso l'oranje servirebbe come manna dal cielo. 
Non me ne voglia Leonardo Bonucci, che stimo e ammiro moltissimo, ma se coniughiamo il punto 2) con il punto 1), è palese che l'operazione sia un vantaggio sotto tutti i punti di vista. Sarri non potrà che innamorarsi seduta stante di un giocatore come de Ligt. Abile senza pallone, abile col pallone, nel gioco aereo, nel gioco palla a terra; forte fisicamente, mentalmente ed estremamente veloce. Un difensore di rarissime qualità.

3) Lo strapotere fisico
Nel doppio confronto con la sua (si spera) prossima squadra, de Ligt ha dato sfoggio della sua assoluta padronanza del campo. I vari Mandzukic, Dybala, e persino Ronaldo gli sono rimbalzati addosso come un pallone su un tappeto elastico. Si è eretto fin da subito a leader difensivo del Lancieri, riuscendo a far sembrare gente come Blind e Tagliafico dei passabili compagni di reparto; impresa che, per chi sta seguendo la Copa America, è tutt'altro che semplice.
Parlare del solo quarto di finale disputatosi tra i bianconeri e la compagine olandese sarebbe però riduttivo. De Ligt ha disputato un'annata strepitosa alla primissima occasione, azzerando colelghi ben più quotati e sbagliando il minimo possibile. Ovvio, alcuni errori sono fisiologici e magari dettati dalla tenera età: a maggior ragione, non esiste miglior squadra al mondo se non l'Università della difesa per far crescere il giovane.

4) La penuria di talenti nel ruolo
Una delle principali obiezioni all'acquisto di de Ligt è la cultura italiana del difensore. Il Belpaese ha, nella sua storia calcistica pluricentenaria, esportato in tutto il mondo talenti di primissimo livello; molti di questi, se non la maggior parte, sono diventati giocatori di caratura internazionale nei ruoli difensivi. Inutile ora prestare spazio a lunghi e comunque incompleti elenchi: per non scontentare nessuno e rimanere sul pezzo, meglio evitare.

Siamo il paese che ha reso famoso il catenaccio, e ha sempre partorito grandi talenti dalla cintola in giù. Tuttavia, nei tempi recenti non sembra che le fucine italiane abbiano sfornato talenti in questi ruoli: complice una mentalità sempre più offensiva e orientata verso la qualità del gesto tecnico e della costruzione del gioco, la rivoluzione silenziosa in atto presso la maggior parte delle canteras internazionali ha finito per colpire inevitabilmente anche le accademie azzurre. 

L'Europeo Under 21, da questo punto di vista, è stato emblematico. In Italia, infatti, si è parlato di Chiesa, Kean, Barella e Zaniolo come dei talenti più rappresentativi della Nazionale B e del futuro del calcio italiano. Un gradino (o forse due) al di sotto, si trova Mancini, unico vero prospetto difensivo tricolore su cui valga la pena investire: ciò nondimeno si è d'accordo col definirlo sì un buonissimo giocatore, ma non uno che possa rimanere in pianta stabile titolare nella Vecchia Signora.
Oltre all'atalantino, il vuoto cosmico. Personaggi come Bonifazi, Bastoni e compagnia cantante sono risultati inadeguati persino nell'Under: impossibile pensare di affidargli la difesa juventina.

Se si allarga l'orizzonte di 4/5 anni, vengono alla luce altri buoni difensori nostrani: primo fra tutti, Romagnoli, il quale sembra essersi consacrato definitivamente a baluardo rossonero, ed è sotto molti aspetti difficilissimo da strappare alla concorrenza. In realtà, non sono neanche convinto accetterebbe di buon grado un trasferimento in bianconero.

Dietro al milanista, Rugani. Sarà quella nomea di eterna promessa che da quando è approdato a Torino lo ha accompagnato e continua a rimanergli appresso, saranno le prestazioni altalenanti - basti ripercorrere con la mente le due prestazioni offerte contro l'Ajax: andata strepitosa, ritorno disastroso - ma Daniele non ha mai convinto appieno. Beninteso, reputo Rugani un buonissimo difensore, utile alla causa juventina; tuttavia, non ritengo che possa essere il giocatore su cui costruire un futuro reparto. Futuro che si fa sempre più incombente, visti i 34 anni di Chiellini e i 32 di Bonucci.

Ampliando la ricerca ai giocatori stranieri che vestono attualmente casacche di club italiani, due sono i principali nomi accostati ai colori juventini: Romero e Demiral. Non voglio spendere troppo tempo nel parlare di costoro; non per mancanza di stima nei loro confronti, anzi, il loro acquisto può essere certamente utile, ma si rischierebbe di paragonare un sicuro titolare come sarebbe de Ligt con dei buoni talenti pronti a subentrare in partite meno rischiose: le due fazioni risultano incommensurabili.
Lo stesso si può dire guardando al di fuori dei confini nazionali, dove gli unici che paiono più forti di Matthijs sono il connazionale Van Dijk (inarrivabile) e el gran capitàn Sergio Ramos: il primo compirà 28 anni a luglio, il secondo ne ha 33 ed è comunque legato a vita alle merengues.

5) Il costo
Ebbene sì. Tra le ragioni secondo le quali l'acquisto di de Ligt sarebbe assolutamente necessario, ci metto pure l'aspetto più detrimento fra tutti.
Dobbiamo un po' rassegnarci, noi, che siamo cresciuti nell'epoca dove un investimento superiore ai 20 milioni era visto come un autentico salasso. Ricordo ancora quando la Juventus di Secco e Cobolli Gigli (un brivido mi percorre la schiena...) decise di non investire 18 milioni per Xabi Alonso, che all'epoca dava spettacolo a Liverpool, per spenderne circa la metà per Poulsen.

Questi tempi sono lontani: lo dico con solo parziale nostalgia, perché se è vero che il calcio è diventato ormai una questione prettamente economica, è altrettanto chiaro che, se possiamo permetterci di disquisire sull'investimento di 70-80 milioni per un centrale di difesa di 19 anni, è perché la Juve è una squadra forte, in salute e affascinante.

Nondimeno, in molti vivono ancora in un'epoca da braccina corte, dove era meglio prendere 5 giocatori per 100 milioni complessivi che uno allo stesso prezzo: dall'anno scorso, con l'arrivo di CR7, Madama ha posto un solco definitivo col passato, elevandosi a livelli che mai aveva raggiunto nella sua storia; perciò, da quel 10 luglio 2018 in poi, il miglioramento della rosa passa per pochissimi e selezionatissimi acquisti, ma veramente mirati a fare centro.

Per tali ragioni, l'investimento - seppur molto importante - richiesto per portare alla Continassa il difensore olandese è più che opportuno. Come ho precedentemente avuto modo di evidenziare, i milioni spesi verrebbero ammortizzati lungo una possibile carriera juventina di più di dieci anni, con la certezza del rendimento del giocatore.

Il problema più importante mi è parso di capire essere in realtà un altro, ovvero la richiesta stipendiale. Si parla di circa 12 milioni a stagione: una cifra veramente troppo elevata per molti. Al costo di ripetermi, è però d'uopo sottolineare ancora una volta come il ragionamento valga se si studia l'operazione utilizzando un'ottica passata. È  chiaro che la Juventus abbia cominciato a fare il passo decisivo per collocarsi tra i top club europei, ergendosi a modello non solo a livello nazionale, ma anche nei confronti di squadre e paesi che prima guardavano la società torinese dall'alto verso il basso. Lo sviluppo del marchio juventino passa anche dall'ulteriore innalzamento dell'asticella salariale: è chiaro che i 30 milioni dati a CR7, i 7,5 di Ramsey, i 6 di Can e i 7 promessi allo svincolato Rabiot, uniti ai 12 richiesti da Raiola per il suo assistito, segnino un definitivo balzo in avanti nel monte ingaggi, e il timore è quello che altri giocatori che vestono da tempo la maglia bianconera si decidano a battere cassa. La realtà è però un'altra: il rischio è ponderato, poiché la Juventus lavora con prospettiva futura, ed è consapevole di poter rinnovare nei prossimi anni il contratto ai vari Dybala, Pjanic e Bernardeschi senza essere intimorita dalle loro richieste. Provate a dare un'occhiata all'andamento in borsa del club bianconero negli ultimi anni: la crescita osservata dal 2018 in poi è mostruosa, e non permette titubamenti sui salari dei propri calciatori. 

Prima o poi dovremo rassegnarci, noi, sempre con la calcolatrice in mano a fare i conti in tasca alle società: se i dirigenti juventini, tutt'altro che sprovveduti, decideranno che l'investimento potrà realizzarsi, tutte le chiacchiere sul costo del cartellino e la richiesta salariale verranno spazzate via dal vento. Che, in questi giorni di invivibile afa, sarebbe assolutamente gradito.