La prima uscita stagionale della Juventus è stata solo a tratti convincente: fin qui, niente di inaspettato. I giocatori bianconeri impiegheranno ben più di due settimane per introiettare completamente il credo calcistico di Sarri, pertanto valutare fin da ora la bontà del lavoro del tecnico toscano appare quantomeno anacronistico.

Alcuni spunti interessanti, tuttavia, sono emersi ugualmente. In primis, la volontà di giocare la palla sempre e comunque: bando al giro palla sonnolento delle ultime due stagioni, più vivacità e gioco a due tocchi, senza disdegnare, quando l’occasione si presenta, una buona verticalizzazione per gli attaccanti. La missione è riuscita solo parzialmente, e altrimenti non avrebbe potuto essere se si considera che gli avversari londinesi sono molto più avanti nella preparazione, essendo prossimo l’inizio della Premier League – a proposito, quando inizieremo anche noi a giocare prima di Ferragosto?

Parlando invece dei singoli, non c’è alcun giocatore che ha impressionato più di Gonzalo Higuain. Sebbene le sue capacità tecniche non siano mai state in discussione – solo un folle potrebbe: un infido, abbagliato folle -, fin dalle prime sgambate in maglia bianconera in molti hanno fatto maliziosamente notare la non perfetta prestanza fisica del Pipita. Al contrario, ecco servita una prova di notevole intensità, a cui l’argentino è inoltre sembrato l’unico dello scacchiere ad aver compreso appieno le richieste del proprio allenatore, complice la propria reminiscenza di calcio sarriano acquisita e in maglia napoletana e dalle parti di Londra.

Al di là del gol, di pregevole fattura seppure con la complicità di una fastidiosa deviazione, il Pipita ha svariato per tutto lo spazio da Sarri concessogli, mostrando per tutta la durata della sua partita di poter essere il punto di riferimento che tanto Paratici e Nedved agognano per la formazione bianconera. La sua prestazione è stata superiore a molti suoi compagni più attesi: in prima battuta, le differenze con Mario Mandzukic sono sembrate particolarmente tangibili.

Marione, appunto. Il giocatore simbolo dell’era Allegri, che spesso ha issato la Juventus fuori dalle sabbie mobili di partite fastidiose. Autentico faticatore, ha ricoperto diversi ruoli che è inutile ripeta perché il lettore conoscerà a menadito. Tuttavia, il croato era sì congeniale per la filosofia del livornese, fatta di fisicità, copertura intelligente del campo e mosse a sorpresa; di certo, le sue doti sono altresì inconciliabili con lo stile di gioco di Sarri, che predilige un gioco antitetico rispetto a quello di Allegri. Impossibile non riconoscere a Mandzukic l’importanza che ha avuto negli ultimi anni: come precedentemente evidenziato, spesso e volentieri è risultato decisivo, e, cosa non da poco, nelle partite più importanti, dove suoi compagni ben più quotati hanno fallito. Nel discorso rientra lo stesso Higuain: chi non si ricorda della finale di Cardiff, quando il croato segnò un gol fantascientifico e diede nuova linfa vitale a una squadra che aveva accusato un montante in pieno volto? Ebbene, se esiste un sacrificabile lì davanti, è proprio il croato.

Il Pipita, dal canto suo, serve a questa Juventus come la farina per una crostata. È indispensabile, ed è, senza dubbio alcuno, il miglior attaccante che possa giocare sotto la guida di Sarri. Innanzitutto, conosce profondamente il gioco del tecnico toscano, avendolo avuto in passato tanto al Napoli quanto al Chelsea; in seconda battuta, è sembrato sia nelle prime sessioni d’allenamento sia nel match contro il Tottenham, in una forma fisica e mentale rinnovata. Il tutto è segno che gli stimoli, all’argentino, non manchino: la voglia di dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, di essere uno dei più importanti centravanti presenti oggi nel panorama mondiale.

Il sentimento comune che si respira attorno al Pipita in questi giorni è di pacco da recapitare il prima possibile presso altri lidi. Si è parlato di Roma, ma l’argentino non vuole saperne di lasciare Madama per un altro club italiano; come biasimarlo, a Torino avrebbe probabilmente l’ultima occasione per brillare su palcoscenici di caratura internazionale e mettersi in mostra cancellando la pessima annata 2018/2019.

Già, l’anno scorso per Higuain è stato pressoché tragico: arrivato carico di aspettative dalle parti di Milano, con la maglia rossonera ha pagato lo scotto di una squadra non alla sua altezza, che spesso si ripiegava in sé stessa, e dove l’involuzione era palpabile di settimana in settimana. Come accade in questi casi, il capro espiatorio viene riconosciuto in colui sul quale si riponevano le migliori speranze. In realtà, il Pipita aveva cominciato con gol e prove altamente convincenti; quel maledetto rigore sbagliato proprio contro la sua ex squadra, nondimeno, gli è costato non solo la sconfitta più umiliante, ma un rapido anticlimax delle sue prestazioni, sfiorando dal punto di vista sportivo la depressione.

È stato proprio Sarri a volerlo rilanciare. Sulle sponde del Tamigi, dove lo stesso tecnico toscano non se la passava certo bene, vi era un disperato bisogno di un centravanti; nonostante fosse proprio Sarri l’unico a credere ancora in Higuain, l’argentino ha deciso di lasciare l’Italia per trovare fortuna a Londra, salvo poi continuare nella sua discesa verso il baratro che l’ha condotto a fare la riserva di uno dei più scarsi attaccanti del panorama europeo, vale a dire Olivier Giroud.

Dall’ultima annata emerge come Gonzalo sia stato preda un po’ della sua altalenante devozione alla causa, ma soprattutto di ambienti che non hanno creduto a fondo nelle sue capacità. Il parallelo che più è in grado di evidenziare tale considerazione mette di fronte l’atteggiamento dei tifosi juventini durante il suo secondo anno in maglia bianconera e quello tenuto dai milanesi nelle partite successive al rigore sbagliato in maglia rossonera contro la Vecchia Signora. Da una parte, un continuo incitamento nei suoi confronti, sfociato nella prestazione superlativa che permise ai bianconeri di avere ragione del fastidioso Olympiacos: uno spezzone di partita che Higuain ha probabilmente ricordato per tutta la stagione, in cui, una volta subentrato, si è letteralmente sbranato il campo, con buona pace dei commenti infidi sulla sua forma fisica; dall’altro, un continuo vituperio, una contestazione lunga mesi, sfociata infine nella cessione al Chelsea.

Higuain è un giocatore che ha bisogno del costante affetto e del coinvolgimento dei propri tifosi; uno dei suoi grandi limiti è sicuramente quello di non sapersi isolare dal mondo che lo circonda, risultandone risucchiato all’interno qualora le cose non dovessero andare bene. Tuttavia, in un calcio in cui gli appassionati si lamentano per la mancanza di valori, il Pipita da questo punto di vista è un vero e proprio diadema che luccica. In molto come me sono sicuri che, con il giusto appoggio, l’argentino potrà garantire ancora prestazioni di assoluto valore e contribuire una volta di più alle vittorie bianconere.

Le considerazioni fin qui fatte vanno nondimeno allargate in modo tale da inglobare nel discorso anche la sua controparte, vale a dire Mauro Icardi. Da molto tempo, e in maniera sempre più insistente da febbraio, il giovane attaccante nerazzurro non più beneamato sembra essere il principale obiettivo per l’attacco juventino. Icardi è senza ombra di dubbio uno dei migliori interpreti del ruolo, in grado di sguazzare nella poltiglia di mediocrità che l’ha circondato all’Inter negli ultimi anni. È un attaccante spietato, letale, che trasforma in gol tutto (o quasi) quello che gli viene concesso: probabilmente, per segnature rapportate a palloni toccati, il migliore.

La grande differenza tra i due è rappresentata da quella fastidiosa figura del calcio moderno chiamata procuratore. Ne esistono di ottimi, quali Raiola e Mendes, che sono in grado di aggirarsi predatori nella giungla del calciomercato lungo tutto l’anno solare, senza dover lanciare alle telecamere sorrisi ipocriti e frasi scontante; ve ne sono di buoni, che fanno il loro lavoro spesso e volentieri in maniera silenziosa e professionale, risultando altresì un poco banali se intervistati; i restanti, che spesso coincidono con fratelli, cugini, mogli e amanti, cadono negli errori tipici dei principianti. Wanda Nara è l’emblema di quest’ultima categoria: beninteso, non ci sarà mai persona al mondo che possa interessarsi in maniera più profonda degli interessi di Icardi se non la moglie stessa, ma i suoi continui atteggiamenti discriminatori nei confronti dei compagni dell’argentino e l’iconoclastia che manifesta per suo marito, sono incommensurabilmente fastidiose. Come reagireste voi se un vostro collega, che svolge il vostro stesso lavoro, chiedesse ogni sei mesi un aumento e volesse guadagnare almeno il doppio di voi? Di sicuro, lo allontanereste dalle vostre amicizie, e comincereste a guardarlo storto insieme con i vostri altri colleghi al vostro pari. La reticenza che i vari Perisic, Handanovic e Brozovic su tutti hanno manifestato l’anno scorso è in questo modo spiegata.

Alle continue richieste di rinnovo e di un ruolo sempre più preminente rispetto agli altri, la signora Nara ha affiancato, peggiorando ancora di più la sua condizione, le apparizioni televisive. Anche il sottoscritto, un poveraccio che scrive su questo spazio comune, conosce le problematiche che una situazione del genere si porta inevitabilmente dietro: è impensabile che la presenza in talk show della moglie agente di un giocatore sì importante come Icardi non sia sfruttata appieno dal palinsesto, ricercando polemiche, considerazioni scomode e prese di posizione altrettanto sgradevoli ai tifosi.
Wanda Nara, dal canto suo, non ha fin qui fatto nulla per stemperare i toni; anzi, ha sfruttato lo spazio gentilmente concessogli da Mediaset per portare alla luce della ribalta tutte le problematiche o presunte tali che affliggevano il suo assistito. Pertanto, l’effetto domino è stato immediato, ed è sfociato in un disastroso muro contro muro che ha portato inizialmente all’esclusione di Icardi dalla squadra, fino a queste ore, dove il giocatore è tanto indesiderato dall’Inter quanto dai suoi pretendenti. Riguardo al discorso presenze a Tiki Taka, è doverosa una striminzita parentesi: un grande club non permetterebbe mai alla moglie agente di un proprio dipendente di partecipare all’inquisizione pubblica che tanto piace ai telespettatori; una lezione che l’Inter ha imparato a caro prezzo. È chiaro per quale motivo la Juventus sia molto restia a virare in maniera definitiva su Icardi. Il suo acquisto comporterebbe una serie di problematiche extra calcistiche da sempre largamente sgradite a Madama, e sul quale inevitabilmente la società bianconera pretenderebbe una rigida inversione di marcia.

Se le affermazioni del proprio procuratore fossero il problema, saremmo ben lontani dalla situazione attuale. Il dettaglio non da poco che ha aggravato giorno dopo giorno la condizione di Icardi è lo status di moglie di chi ne cura gli interessi: sebbene il giovane attaccante argentino possa dissociarsi pubblicamente ad ogni parola proferita da Wanda Nara, mi risulta complicato credere che, come in tutte le famiglie normali, i due non abbiano conversazioni a riguardo durante cene, pranzi e passeggiate in riva al lago. La realtà è che le parole spese dalla signora Nara in queste ultime due annate sono lo specchio dell’anima e dei sentimenti del marito, il quale, in maniera confidenziale anzichenò, le ha lasciate in custodia alla moglie, così come farebbe chiunque di noi. Costei, annusate le problematiche che affliggevano il marito e saggiata la condizione di assoluta centralità di quest’ultimo nella rosa interista, ha premuto sull’acceleratore per conquistare sempre maggior denaro e prestigio, salvo poi imbattersi in nuovi elementi che con i campioni – o presunti tali – sanno trattare da tempo e sono stati assunti a proposito.

Il contorno fin qui delineato è sufficiente a spiegare per quale motivo un giocatore come Higuain rappresenti il meglio per la Juventus. La sua eventuale cessione per favorire l’ingresso in società di Icardi, non solo priverebbe il club juventino di un motivato trascinatore già a conoscenza tanto dell’ambiente torinese quanto del calcio di Sarri, ma introdurrebbe una variabile impazzita all’interno dello spogliatoio, complicata se non impossibile da essere gestita.



Senza scomodare gli altissimi filosofi, attingere a piene mani dalla fonte dell’epica, fare alcuna citazione storica che col calcio ci azzecca quel tantino che basta, o riesumare pellicole cinematografiche di un tempo perduto, spero di essere riuscito nel mio intento di convincere quei pochi scettici che ancora oggi sperano in Icardi in luogo di Higuain.
D’altronde, come diceva Aristotele nel suo celebre film sull’Iliade, “Se il ragazzo che vuoi sposare è bello, vuol dire che non ha una lira: i fidanzati ricchi sono racchi”.

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