“Chi non sa fare, insegna”, dice il saggio; “chi non sa insegnare, insegna educazione fisica”, dice Jack Black; “chi non sa insegnare educazione fisica, allena”, dico io.

È questo il caso di Marco Giampaolo, un altro dei maestri di calcio di cui avremmo fatto, francamente e volentieri, a meno.

Il mister di origini svizzere è solo l’ultimo di un pingue elenco di grandi allenatori affetti da teorite acuta. Mai sentita nominare? Ebbene, la teorite acuta è una malattia neurodegenerativa che affligge l’allenatore, il quale pensa che la trasposizione di schemi e tattiche dal taccuino al campo avvenga per partito preso.

Il saggio, tuttavia, in questo caso si è spinto ben oltre. Perché il saggio è così: si muove nell’ombra e cade sempre in piedi; consiglia ma bisbigliando, si prende responsabilità donandole alle spalle di altri. È questo il caso di Sacchi, che, trascinando seco il suo passato d’oro placcato, benedì l’operazione Giampaolo, pronosticando il sorgere dell’alba, di una nuova era, nella quale leoni e iene, ehm, pardon, diavoli rossi e demoni neri lavoreranno insieme per costruire un grande e glorioso futuro!

Il patatrac, come disen a Milàn, già si poteva toccare con mano. Il profumino di errore ammantava l’aire milanese.


Facciamo un passo indietro.
In principio fu Sacchi, e Sacchi era presso il Milan; il Milan aveva appresso Sacchi. Costui, in conciliabolo con Maldini e Boban, videro la Sampdoria, e constatarono che l’operato di Giampaolo era cosa buona e giusta. La trasposizione da una squadra di medio spessore al Grande Cuore Rossonero? Nah, sarà mica un problema.
Allora i tre dissero allo svizzero: “Vieni al Milan, perché è stato reso scarso, per operare questo tuo prodigio a San Siro e perché tu possa ravvivare nella memoria dei figli e dei nipoti gli antichi fasti rossoneri e i segni che ha compiuti in tutta Europa e così sapranno chi noi siamo!”.
Giampaolo entrò così a Milanello, e il suo impatto fu impetuoso come il mare forza 0. Testa bassa, viso rosso, sorriso a mezza bocca come quando parli con qualcuno che ti conosce senza riconoscerlo a tua volta; che presentazione! Che personalità! La nuova era abbia inizio da oggi!
Eppure, c’è chi storce il naso. Ma siamo proprio proprio proprio sicuri che sia un allenatore da Milan? Ah, stupido e insignificante individuo, non vedi l’operato? Non senti gli encomi che come pioggia copiosi cadono dal cielo? Hai forse dimenticato che il nostro allenatore viene con la benedizione di Arrigo?

Signori, signori. State calmi. Io questa storia l’ho già vissuta.

Vediamo, c’è questa gloriosa squadra a strisce verticali che da qualche anno a questa parte naviga in posizioni non di primissimo rilievo. Si avvia sempre più pericolosamente verso la lista delle nobili decadute.
Ai dirigenti viene un’idea geniale, ovvero rilanciare la squadra non investendo sui giocatori, ma prendendo un allenatore con qualche capello bianco, grande maestro di calcio. Sì! L’entusiasmo verrà ravvivato dal bel gioco.
Ecco che c’è costui, che di capelli bianchi ne ha da vendere. Allena una squadra genovese, quella col blu, il rosso ma anche il bianco: è la Sampdoria, e il calcio che esprime non è davvero niente male.
A fine anno, la suddetta squadra arriva addirittura tra le prime quattro. Senza indugio, l’allenatore viene da questa prelevato a fine stagione.
L’anno successivo, il fallimento della squadra a strisce verticali è ancora più fragoroso. Sarà che non si capisce molto bene cosa l’allenatore dica – forse è troppo avanti coi tempi –, sarà che i giocatori comprati non valgono poi così tanto, ma la squadra a strisce verticali finisce esattamente dov’era finita l’anno prima.

Eccoci dunque all’attualità. Dieci anni e otto scudetti dopo, la storia si ripete a una longitudine un po’ più spostata verso est. Se prima era Torino, oggi è Milano la sede del misfatto.
Va detto che Giampaolo si presenta in punta di piedi, cercando di dare continuità al lavoro fatto l’anno prima dal suo predecessore. La prima idea, geniale per tanta lungimiranza, balena nella mente del ticinese una sera di mezz’estate: Suso trequartista. La coscienza gli suggerisce giusto uno o due nomi: “Mister”, dice, “ricordati che abbiamo Paquetà, che avete sempre fatto giocare come mezz’ala ma forse è più forte sulla trequarti”; e ancora, “Mister”, dice, “hai presente quel turco là, che sembrava un fenomeno ma in realtà era solo un fenomeno parastatale? Perché invece che metterlo mezz’ala, ala o un quarto d’ala, non provassimo a metterlo nel suo ruolo originario?”

Ma Giampaolo è un maestro di calcio, e non si fa mettere i piedi in testa. “No!”, tuona. “Coscienza, taci! Abbiamo tra noi il Messia – non si chiama forse Gesù, quello spagnolo là? – e come Messia verrà impiegato”. Riuniti che furono tutti i giocatori del Milan, il mister disse loro: “Andate, servite il Signore, vostro Dio!”. Qualcuno gli fece notare che il Messia Suso usava la gamba destra solo come appoggio per mantenere l’equilibrio, e che primaria caratteristica da possedersi per un trequartista è l’utilizzo indiscriminato di ambedue i piedi per tirare e sfornare fragranti assist. E allora Giampaolo si abbatté con tutta la sua furia già sciorinata in conferenza stampa, mandando dietro alla lavagna gli infidi contestatori.
Il genio non ha però limiti. Interrogandosi tra disegni e sogni di grande calcio, individua l’unico giocatore che abbia un qualcosa in più nella rosa. È l’attaccante, è polacco, è uno che la porta la vede come pochi altri: tagliamogli i rifornimenti fin da subito! Che si irriti! Che capisca chi è qui il maestro di calcio!

Il rumore dei nemici è diventato nel frattempo un concerto.
Qualche tifoso si sveglia dal letargo, scoprendosi dalla calda coperta di bel giuoco che aveva cullato i suoi sogni estivi; cominciano i primi mugugni. Ma Giampaolo è un enorme maestro di calcio, e per scuotere l’ambiente si inventa delle mosse sorprendenti! Dapprima litiga anche col brasiliano, quello che fa rima con Kakà ma che forse non ha il suo talento; poi decide che non c’è spazio per i nuovi nel Milan, che il trequartista è roba di vent’anni fa e che bisogna tornare a rifornire gli esterni. Magnifica intuizione!
E il derby conferma le eccellenti doti di maestro di calcio dello svizzero. I vecchi danno grande sfoggio delle loro capacità: partendo dall’infallibile Rodriguez, passando per Tempesta Perfetta Andrea Conti, andando poi verso Poste Italiane Lucas Biglia – perché smista palloni come fosse corrispondenza? No, perché è un pacco – e senza arrestarsi sulla trequarti, dove il curioso caso di Hakan Calhanoglu sempre titolare nonostante la sua mediocrità e il monoteista Gesù Suso, adorante dell’unico piede, il sinistro, degno di essere usato in un campo di calcio, danno lustro ai rossoneri, gli avversari, rossi tanto l’animo è ardente, li fanno neri.
Quando ormai la partita è compromessa, ecco la nuova intuizione! Prima Hernandez – anche se, chiamandosi Rebic Ante, sarebbe dovuto entrare prima lui -, poi Rebic (appunto), entrano in campo e costruiscono in dieci minuti più di quanto il Milan abbia creato in quattro partite.

 

Alzi la mano chi non ha mai creduto in Giampaolo.
Ora, alzi la mano chi non ha mai veramente creduto in Giampaolo.
Bene, ora che siamo rimasti solo noi quattro, discutiamo: chi, per il dopo-Giampaolo? Chi potrebbe risollevare questa squadra, ormai rovinosamente rovinata?

Mi balena un nome; qualcuno che non è considerato un maestro di calcio, ma che tuttavia ha vinto moltissimi titoli e riconoscimenti nella sua carriera. Qualcuno che al momento è senza squadra, ma che di sicuro farebbe meglio.


Eccolo il nome, eccola la soluzione: Ambra Angiolini.