Mino Raiola. Lo Chtulu del calcio odierno. L’origine di tutti i mali e il male da dove tutto ha origine. Il Bafometto reincarnato. O, più semplicemente, uno che il suo lavoro lo sa fare maledettamente bene. Doverosa premessa: il mio livore per il lavoro del procuratore è ormai ai massimi livelli. It’s over ninethousand, direbbe Vegeta. È una professione verso la quale non nutro alcun rispetto, perché, per meritarlo, bisogna che si sia fatto qualcosa per guadagnarselo. Beninteso: in tanti, forse troppi, sicuramente molti, stanno negli ultimi anni intraprendendo la carriera del procuratore sportivo. Esistono corsi di laurea, master, stage formativi, affiancamenti, apprendistati e borse di studio, affinché in molti ce la possano fare. Tuttavia, sono solo una manciata quelli che riescono, da quanto emerge considerando il panorama internazionale, ad ottenere la procura dei grandi calciatori. Costoro si dividono essenzialmente in due categorie: la più potente nonché la più ridotta è rappresentata dagli squali, ovvero quei procuratori che, accumulata un’esperienza di diversi anni nel settore e con un passato forte alle spalle, monopolizzano i top players, facendo terra bruciata attorno a loro. Appartengono a questa categoria i due più grandi, ovvero Mendes e, appunto, Raiola. La percentuale più elevata, tuttavia, fa parte del secondo tipo: sono le mogli, i fratelli, i cugini, i padri, le madri, le suocere, l'avo lontano lontano. Complice la loro assoluta abnegazione alla causa - altrimenti non potrebbe essere, in quanto risulterebbe anacronistico solo pensare che un familiare scelto ad hoc per ricoprire tale ruolo non curi egregiamente gli interessi del proprio parente-assistito - la figura del familiare procuratore è sempre più diffusa nel mondo del calcio.

Ecco dunque il punto grazie al quale si spiega la mia acredine per la professione. Meglio però arrivarci con un esempio. Se dovessi costruire un ponte, essendo consapevole che con le mie capacità non sarei mai in grado di farlo, nonostante molte persone possano interessarsi di ponti nella loro vita, sceglierei con ogni probabilità un ingegnere civile, il quale, dopo studi e anni di esercizio della propria professione, potrà garantirmi un risultato funzionale che incontri le mie aspettative, pur consapevole che mi costerà. Allo stesso modo, se dovessi compiere la traversata dell’Oceano Pacifico, mi affiderei a un vero lupo di mare, che abbia solcato quelle onde in diverse occasioni. Tranquilli, ora arriva il punto: essendo la professione di procuratore esercitabile da chiunque, in assenza di qualsiasi esperienza né conoscenza, ma subordinata alla frequentazione di approssimativi corsi di formazione, decade la qualifica stessa di professionalità; pertanto, assieme ne decade l'utilità. Il calcio moderno ci dice che però dobbiamo tenerceli, volenti o nolenti. I procuratori sono ormai una componente troppo ingombrante per essere eliminata. Se proprio dobbiamo averceli tra i piedi, diamine, che almeno sappiano fare il proprio lavoro!

È proprio questa la differenza tra Raiola e una Wanda Nara qualsiasi. Svincoliamoci fin da subito dall'aspetto fisico: non serve essere Brad Pitt per avere posto nel panorama calcistico, se sei tanto bello meglio che ti trovi una Angelina Jolie e ci fai insieme all'amore. Mino Raiola non è un uomo attraente, sebbene io non sia la persona più adatta a dare un giudizio sull'estetica di un uomo; pertanto, esco con nonchalance dall'impasse, aggiungo qualche altro termine in francese dal significato ambiguo e chiudo la parentesi. Raiola è una persona che ha capito come guadagnare da un circolo vizioso che si è venuto a creare nel calcio: si faccia attenzione, è un sistema che si alimenta da solo, il Mino nazionale ci sguazza dentro e basta. L’allegoria che viene sfruttata spesso e volentieri per spiegare quanto sopra classifica il calcio come un mare ove nuotano pesci piccoli e innocui assieme a pesci predatori di grandi dimensioni. I pesci piccoli, che cercano di sopravvivere compiendo operazioni secondarie e spesso affogano nel loro stesso habitat, vengono fagocitati da quelli più grandi, i quali seminano terrore e paura tra gli addetti ai lavori. Mino Raiola, da questo punto di vista, è un vero e proprio squalo bianco in grado di fare il bello e il cattivo tempo, preoccupandosi al contempo di mantenere il suo buon nome di predatore spietato. Il velo dell’ipocrisia che avvolge il mondo pallonaro si arrotola su coloro che subiscono gli attacchi di Raiola, i quali si manifestano come compravendite di giocatori a sfavore della squadra tifata. Lungi da me fare qualsiasi considerazione di carattere storico riguardo a dove è piombato il mondo dall’Età Vittoriana in poi, con la definitiva affermazione della borghesia e della sua - perdonate la rima - hypocrisis, trascinatasi fino ai giorni nostri e destinata a regnare sovrana in quella che pare una tirannia senza fine: lascio il fardello a qualcun altro, ben più bravo di me a discorrere di argomenti simili senza arrivare mai al dunque.

Raiola e il rapporto con i tifosi, di questo si parlava prima della mia fastidiosa seppur breve digressione. Il bagno di folla a lui tributato durante la firma di De Ligt presso la sede bianconera è un importante esempio di quanto sostenuto: gli stessi tifosi che in altre occasioni non hanno lesinato critiche e sentenze nei confronti del più potente procuratore attualmente in circolazione, una volta che quest'ultimo ha aiutato la Juventus a concludere la trattativa per il giovane centrale olandese, hanno voltato la bandiera e intonato cori di stima ed entusiasmo nei suoi confronti, eleggendo Raiola a principale artefice dell'onerosa trattativa. Gli spregevoli commenti di acredine sciorinati durante la cessione di Pogba al Manchester United, in cui il Mino nazionale ha percepito un compenso a sette zeri, si sono tramutati in attestati di assoluta compiacenza al momento della firma di De Ligt, nonostante anche in quest’operazione il procuratore abbia ottenuto una cifra non indifferente catalogata come oneri accessori.

E ancora: ricorderete tutti quanti la vicenda Donnarumma, che ha investito un Milan in procinto di cambiamento e sviluppo per frenarne, forse in maniera decisiva, l'ascesa ai palcoscenici che competono alla squadra rossonera. Raiola, nella vicenda rinnovo del fortissimo portiere azzurro, è stato etichettato come l'antagonista principale; la richiesta di molti, infatti, non era tanto la cessione del portiere, bensì il cambio di procuratore da parte di quest'ultimo, così da rendere la faccenda rinnovo ben più semplice e immediata. Il tempo, come spesso accade, è stato fin troppo galantuomo: il fallimento che come un fardello la squadra rossonera si porta appresso da troppe stagioni ha chiarito chi fosse davvero in errore, e cioè il direttore sportivo Mirabelli e l'amministratore delegato Fassone. Raiola, nelle interviste di quel tempo, ha più volte chiarito come non ci fosse sintonia con l'attuale dirigenza rossonera, rea di essere composta da principianti allo sbaraglio aventi una prepotenza tipica di chi ha accumulato anni e anni di esperienza alla guida di club di prestigio. Il riferimento, tuttavia, non era tanto all'accoppiata sopracitata, bensì circostanziata nella sola figura di Mirabelli; guarda caso, il primo che ha pagato le conseguenze di una fallimentare stagione partita con presupposti ben diversi.

Che colpe ha, dunque, Raiola, se non l'unica di aver fatto l'interesse del proprio assistito? Certo, in un'altra epoca Donnarumma avrebbe tranquillamente firmato in bianco pur di rimanere al Milan; con i tempi che corrono - per buona pace degli eterni romantici, i quali è meglio che si diano tosto una svegliata - fare una cosa del genere è praticamente impensabile. Gli stipendi del mondo del calcio sono diventati uno status symbol, ovvero un modo come un altro per misurare la grandezza di un giocatore. Personalmente non sono un miliardario, arranco fino a fine mese, e pertanto la mia percezione di ricchezza potrebbe essere distorta rispetto alla realtà: soppesando, tuttavia, sono abbastanza sicuro che si viva bene tanto con 5 milioni l’anno quanto con 30. Sfruttando questa concezione, non esisterebbero stipendi sì alti come quelli circolanti ormai nel mondo pallonaro: è chiaro dunque che gli indennizzi dati ai calciatori siano diventati ben più di meri salari. Sfruttando questo punto di vista, la richiesta economica di Icardi all'Inter per conto della moglie-agente è spiegata: guadagnare 9 milioni l'anno in luogo dei 4-5 attuali significa scrivere il proprio nome nell'elenco dei migliori giocatori del panorama mondiale. Allo stesso modo, dare uno stipendio di 6 milioni a un ragazzino appena affacciatosi presso la porta di una gloriosa squadra quale il Milan serve ad attestare non solo la sua grandezza attuale, ma ciò che potrebbe diventare un domani. Sia chiaro: che io condivida o meno questa trasformazione del calcio ha poca importanza, ciò che è rilevante è lo stato dei fatti.

È ilare come gli stessi tifosi che si lamentano dell’ipocrisia che ha investito il calcio nell'ultimo ventennio siano gli stessi che condannano Raiola per i suoi atteggiamenti. Una persona senza peli sulla lingua, che esprime concetti forti e dice sempre quello che pensa, utilizzando altresì un linguaggio chiaro ed efficace, accessibile ai meno abbienti. Bando a frasi romanzate, a interviste preparate a tavolino in cui si gravita sempre attorno allo stesso buco nero di nulla riempito; tuttavia, appena si presenta un personaggio limpido, trasparente e mai banale, costui viene messo alla gogna peggio di un condannato a morte. Si è parlato poco fa dell’asse Raiola-Juventus. Spesso questa accoppiata ha portato a grandi affari in un senso e nell'altro: per ricordarne solo tre, gente del calibro di Nedved, Pogba e De Ligt è arrivata dalle parti di Torino grazie all'intermediazione del Mino nazionale. Il filo conduttore che unisce le due parti dà fastidio non solo ai cosiddetti anti-juventini, ma soventemente anche ai tifosi di Madama; la principale accusa mossa è l'eccessiva spesa da sostenersi per ingraziarsi il procuratore dell'uno e dell'altro calciatore, che ha toccato il suo apice soprattutto con i giocatori svincolati. Mentre un tempo la sottoscrizione di un contratto con atleti liberi da ogni vincolo contrattuale era un mero confronto tra calciatore e società, ora è necessario offrire in tributo un compenso all'agente del richiesto, sì da mettere a tacere la concorrenza e appropriarsi dell'esclusività sulla trattativa. Ancora una volta, una procedura che proprio non va giù alla maggior parte degli appassionati, i quali pensano che siano soldi defenestrati e che potrebbero essere investiti in maniera diversa. Purtroppo, urge un cambio di mentalità, al fine di accettare la situazione attuale e provare, così come i demoniaci procuratori fanno da tempo, a sguazzare in questo mare di lava incandescente.

Mi rendo conto che tutto ciò sia molto complicato. Gli appassionati di calcio credono che quest'ultimo sia un mondo ideale, utopico, in cui dovrebbero essere in mostra le sole virtù, che nella realtà vengono inquinate da vizi e pregiudizi. Se il mondo pallonaro fosse composto da entità sì elevate quali gli Houyhnhnm de I viaggi di Gulliver, probabilmente l'armonia e il bene regnerebbero incontrastati; è invece questi un mondo composto da individui reali, alcuni onesti e alcuni corrotti, di quelli che si possono incontrare per le strade trafficate delle città in cui tutti noi viviamo. Sono persone con una storia, che hanno superato difficoltà grazie al proprio orgoglio o alla spintarella di qualche conoscente. Vivono la vita reale, solo con qualche zero in più: prima ci rassegneremo alla vacuità del mondo in cui siamo, meglio cominceremo a stare. Questa mia presa di posizione potrebbe suggerire una mancanza di spirito di cambiamento sì da accettare di buon grado soprusi e scorrettezze; al contrario, solo comprendendo appieno ciò che ci circonda saremo in grado di accettare la realtà e provarla a sistemare. Il percorso è ancora lungo e tortuoso, e riguarda molti aspetti del mondo che ci appartiene: figuriamoci, ci sono persone che non credono nei cambiamenti climatici! Le cose futili da cui né io né voi in alcun modo potremmo trarre giovamento quali il bando ai procuratori possono pacatamente aspettare, tanto più se le responsabili del vizioso sistema di cui il pallone è schiavo sono proprio le stesse società calcistiche. Come direbbe il benpensante: chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

Io, personalmente, non avrei dubbi: se fossi un calciatore, mi farei rappresentare da Mino Raiola.

Davelog