Il teatrino messo in scena nella giornata di ieri dalle parti di Appiano Gentile si presta a doverose riflessioni, che non possono prescindere dal confronto tra la conferenza-farsa di Antonio Conte e l'inquisizione spagnola subita da Maurizio Sarri.

Succede che due mondi agli antipodi vengano a contatto. Così l'Inter che studia da grande prova a carpire i segreti della sua più acerrima nemica, provando a detronarla dopo quasi un decennio di tirannia. Dapprima sottrae l'artefice di cotanto regno, Marotta, che nel frattempo è rimasto libero, sì da importare la ligia organizzazione juventina a livello societario; quindi, affida la panchina al Condottiero, colui che per primo si sedette sul comodo trono bianconero e si eresse a indiscusso Maharaja, riversando su di sé ogni onore e gloria. E, come solo i chierici sanno fare durante le cerimonie, il Messia Conte viene al suo arrivo incensato e coperto di magnificenze: o tu, Primo fra i primi ma non fra pari, ché nessuno può elevarsi a cotanto splendore; comandante coraggioso, che sei sprofondato nel fango degli inferi per poi redimerti e ripulire la tua anima con il tricolore nazionale, e infine sei asceso nel cielo nerazzurro; Salvatore delle genti; Re Mida del calcio odierno; Idolo, per te si intonino inni di gioia e glorificazione.

Dall'altra parte, Maurizio Sarri: ma come, mio Comandante? Dimmi come hai potuto lasciare i tuoi soldati napoletani per divenire capo delle legioni infernali juventine! E' di persone come te che il calcio non abbisogna. Sia processato pubblicamente, messo al bando, espiate le sue colpe; altrimenti, eterna dannazione per la sua anima e cent'anni di malocchio.

Ma torniamo seri. Partiamo dalla fine.

E' il 7 luglio 2019, e Antonio Conte si presenta ufficialmente quale nuovo allenatore dell'Inter. Davanti a sé, una schiera nutrita di giornalisti; al suo fianco, il direttore Giuseppe Marotta.

I cronisti, quasi intimoriti dall'ex cittì della nazionale italiana, si travestono da gattini indifesi. Il tutto si svolge all'insegna del politically correct, come bastasse evitare l'argomento per obliarlo. Poco conta se la conferenza venga trasmessa in mondovisione sui principali siti e palinsesti sportivi: tutto procede piatto, inconsistente, etereo, come se, d'un tratto, l'italiano volesse smettere con le polemiche. Impossibile, la guerra è insita nell'animo tricolore; è innata, per certi versi.

Eppure, l'atmosfera è la stessa che si respira in una riunione tra sottoposti e megadirettore galattico. I primi timidamente chiedono, cercando di non farlo irritare per paura di essere puniti; il secondo si crogiola nel suo potere, manifestato a piena forza con l'annichilimento di chi per mestiere dovrebbe toccare anche (o soprattutto?) questioni spinose.

Il risultato è un elenco di domande banali a cui corrispondono repliche banali. I soliti argomenti, triti e ritriti, vecchi e ormai stanchi; nessuno muove un dito per accendere la conferenza, e Conte si crogiola nella calma piatta che lo circonda. Ogni tanto interviene Marotta a dirigere il traffico: tranquillo Beppe, nessuno ha intenzione di passare col rosso, per buona pace di coloro che aspettavano lo show del fumantino allenatore pugliese. Come, potrebbe pensare qualcuno: è questo l'impatto dell'allenatore migliore dell'universo sceso tra noi abietti per salvarci? Stolto, miscredente, stolto E miscredente. Meglio lasciar stare, è una considerazione troppo scomoda: meno pensare, più sorridi & annuisci. Per buona pace di quanti aspettavano, tra le milioni di altre domande possibili e più interessanti, il fatidico quesito sugli scudetti juventini.

Di tutt'altro tenore è stata la conferenza di Maurizio Sarri. Qualcuno subdolamente ha evidenziato come l'allenatore toscano abbia pronunciato più volte la parola Napoli di quanto abbia fatto con Juventus: dubitate della sua intelligenza, cari lettori. La realtà è che gli opinionisti presenti in sala (parola che mi fa rabbrividire) non fanno nulla per deviare il discorso sull'attuale squadra, e anzi rincarano quando meglio possono la dose sul passato partenopeo del nuovo tecnico bianconero.

Beninteso: anche qui di coraggio ve n'è ben poco, perché le domande sono quelle che tutti si aspettavano e che sicuramente, come il collega salentino, anche Sarri avrà avuto modo di preparare precedentemente. Mentre del clima respiratosi durante la conferenza di Conte si è già discusso, presso lo Juventus Stadium l'atmosfera è quasi inquisitoria. L'oggetto? Il tradimento, il grave atto mercenario inscenato da Sarri nei confronti del Napoli. La colpa? Aver preso le difese della propria squadra quando la allenava. Come puoi esserti macchiato di un simile crimine, Maurizio! Non sapevi forse, quattro o tre anni fa, che un giorno saresti passato dalla parte del potere, dove basta uno schiocco di dita per comandare l'opinione pubblica e giocare nella stanza dei bottoni? Ti sei dimenticato, o sbadato condottiero, dello Scudetto perso in hotel?

E' compito del buon giornalista ricordarglielo. Naturalmente, il clima accusatorio è solo percepito, non palesato; eppure, l'obiettivo è chiaro. Tutti aspettano il passo falso, l'abiura, l'autodafè di Sarri: pronuncerà mai le fatidiche parole che condanneranno il periodo partenopeo, ereggendolo a nuovo idolo delle folle bianconere e manifestandolo quale Giuda Iscariota, che, come abilmente rappresentato dagli artigiani di via San Gregorio Armeno, per trenta denari si vende ai romani - torinesi consegnando il giudeo - napoletano alla gogna?

Passano i minuti, ma la situazione non si sblocca. Il buzzurro tecnico toscano risponde a ogni domanda senza cadere in fallo. C'è preoccupazione in sala: tutte le provocazioni cadono come mele marce dall'albero dell'invidia. Sarri ha parole di elogio per il suo passato, non lo sconfessa: lo mette in primo piano, sbattendolo in faccia agli interlocutori, evidenziandone l'importanza e la bellezza. D'altro canto, ha parole al miele per il futuro e per il lavoro che lo aspetta. Com'è possibile, pensano i presenti, noi ce la mettiamo tutta per farlo uscire dal seminato, abbiamo attinto a piene mani dalla fonte della banalità, abbiamo vestito i panni di moderni Tomás de Torquemada in onore della verità, e tuttavia non riusciamo ad ottenere materiale per i titoloni? A nessuno viene naturalmente in mente di chiedere chi prenderà le redini del centrocampo bianconero. Chissenefrega, dettaglio di poco conto. Figurarsi se qualcuno è interessato a conoscere un primo pensiero tattico del mister; sarà un puro 4-3-3 o un più eclettico 4-3-1-2? Roba da pitagorici. Che ruolo avranno Dybala, Bentancur, il nuovo arrivo Ramsey, e CR7? Non è importante; i calciatori sono troppo sopravvalutati nel calcio, ciò che veramente ha significato sono le frasi dette due anni fa sul palazzo.

Un'ora abbondante di colloquio termina, e nella stanza una sensazione di straniamento aleggia. Vuoi vedere che forse, ha ragione Sarri? Vuoi vedere che si può essere allenatori della Juventus pure avendo un passato nel Napoli, senza dover per forza essere dalla parte dell'una o dell'altra squadra? Il risultato che il tecnico toscano riesce ad ottenere è sorprendente: non solo ricaccia nelle loro tane le tigri digrignanti che pensavano di sbranarselo vivo, ma riesce nell'impresa di convincere anche i tifosi juventini più scettici i quali, dubbiosi circa l'impatto mediatico del coach, devono per forza di cose ricredersi. 

Le stesse tigri che, mansuete e tanto carine, faranno le fusa due settimane più tardi a cospetto dell'Uno e Trino. Grazie di essere tornato a salvarci, Antonio. GRAZIE.

Perché la notte è oscura e piena di terrore senza di te.