Oggi non scriverò un articolo, ma una vera e propria sceneggiatura di una puntata di Mythbusters. Una delle migliori serie TV mai andate in onda in ogni angolo del globo terracqueo, in cui gli esperti di effetti speciali Adam Savage e Jamie Hayneman confutano quei miti della vita quotidiana su cui si basano le credenze popolari.

Bando a strani marchingegni, nastri telati o esplosioni scenografiche: il mio obiettivo, quest’oggi, è quello di confutare tutti quei miti che aleggiano attorno alla International Champions Cup, una competizione di cui non avevamo bisogno e di cui potevamo fare a meno.

Sarà compito del lettore trarre le giuste conclusioni a fine articolo. Buona lettura, e che Grant Imahara sia con voi.

Gli introiti aiutano lo sviluppo dei club. Premetto che, a differenza di molti di voi che da quanto ho potuto constatare sono super-esperti di economia, tanto bravi da dare consigli sulla gestione monetaria di club miliardari nonostante facciate fatica a mettere da parte cinquanta euro al mese, io preferisco lasciare a voi i bilanci economici. In realtà, un’analisi costi-benefici sarebbe pleonastica, in quanto non necessaria ai fini di confutare questo mito.

Ebbene sì, poiché la ICC ospita squadre già abbienti e forti economicamente; non è ancora successo, dalla prima edizione della competizione estiva per club, che uno di essi riuscisse, tramite gli introiti derivanti da tale trofeo e dal ben più sostenuto indotto, ad avere uno sviluppo tale da scrivere il suo nome tra i grandi club mondiali. Quelli che già lo erano, lo sono rimasti; gli altri, proseguono nel loro stato di comprimari e comparse. Dal 2013 in poi, anno della prima edizione di International Champions Cup, sono numerose le squadre che hanno provato a sfruttare l’Asia e l’America come paesi ove iniziare uno sviluppo massiccio della società; da allora, nulla è cambiato, poiché gli equilibri mondiali si sono sì soventemente spostati, ma hanno riguardato sempre e comunque le solite dieci-dodici squadre considerate le migliori al mondo.

Un esempio lampante sono le milanesi, le quali non hanno mai saltato un’annata che fosse una, ma nonostante questo hanno raccolto risultati ben più mediocri di una squadra come il Napoli, che alla ICC non si è ancora interfacciato. E ancora: non mi sembra che squadre quali Olympiacos, Everton o Guadalajara abbiano ottenuto grande visibilità una volta messesi in mostra nella competizione estiva. Insomma, le squadre più conosciute al mondo hanno continuato ad esserlo, quelle in difficoltà economiche non hanno ricevuto particolari aiuti, e le più piccole continuano ad avere un ruolo marginale.

Si aprono orizzonti verso nuovi mercati e investitori. Non è una amichevole giocata su un campo di patate tra i lontani parenti delle riserve dei calciatori di grandi club ad attrarre ricchi investitori e potenti uomini d’affare: è il fascino, la storia di una squadra o di una grande città, a richiamarli, nonché, primo stimolo fra tutti, la possibilità di aumentare la propria visibilità e la dimensione del proprio portafoglio. L’interesse è frutto di una ricerca di mercato, di stime e ponderazioni, non di un folle innamoramento per questi o altri colori: penso che al magnate cinese Pinco Pal Li, divenire presidente dell’Inter, del Milan, del Bayern Monaco o del Cagliari sia pressappoco lo stesso; l’importante è che l’azzardo valga l’investimento. Costoro vedono le squadre europee come aziende da cui ricavare enormi fatturati: non vuole essere una critica alla moralità di tali individui – ben per loro che hanno così tanti soldi da spendere – bensì una semplice constatazione dei fatti.

La ICC permette al pubblico non europeo di godere dei grandi giocatori. Spesso le squadre che partecipano a tale competizione sono imbottite di riserve e giovani della primavera da lanciare nel tritacarne asiatico e americano. Ad anni alterni, inoltre, si aggiungono le competizioni per nazionali, che privano le squadre europee di molti calciatori di spessore internazionale, rendendo così la ICC un inutile dispendio fisico, mentale ed economico per le società partecipanti. Oltre a non permettere agli allenatori di svolgere il loro lavoro in maniera efficiente, si offre uno spettacolo ben distante da quello messo in mostra in competizioni quali i campionati nazionali o le coppe europee, causando in questa maniera l’effetto contrario, ovvero porre sotto la luce dei riflettori calciatori poco esperti e conosciuti. I tifosi extra europei innamorati di una squadra del vecchio continente si ritrovano così a pagare lauti biglietti per assistere a partite tra club che sembrano provenire dalla modalità Campionato Master di PES: giocatori dai nomi improponibili – probabilmente, inesistenti – che indossano maglie di elevato prestigio.

Strano che asiatici e americani non si sentano insultati da tale spettacolo: probabilmente non sono così appassionati come vorrebbero far credere.

Ospitare i grandi club europei permette lo sviluppo delle squadre asiatiche e americane. Qualcuno di voi ha mai avuto il piacere di assistere a una partita del campionato cinese o della MLS? Un autentico scempio, dove i calciatori locali dimostrano ancora i loro giganteschi limiti e i grandi atleti che dall’Europa sono emigrati a suon di milioni in tali palcoscenici si dimostrano svogliati e privi di ogni motivazione. Le squadre asiatiche e americane, quando confrontate non solo con le inarrivabili europee, ma anche con le più abbordabili sudamericane, finiscono col pagare pegno e ripiombare nello stato di inutilità in cui da sempre si trovano. Non solo: emblematiche sono state le esclusioni dalla coppa del mondo di selezioni quali gli USA e la Cina. Il benpensante dirà: anche l’Italia non ci è andata al mondiale. Invito costoro a porre l’attenzione sul differente livello dei gironi di qualificazione, dove gli azzurri hanno dovuto affrontare la selezione spagnola prima, e gli svedesi poi; proprio questi ultimi, se partecipassero alle competizioni della AFC o della CONCACAF, regnerebbero probabilmente incontrastati, con le uniche difficoltà rappresentate da nazionali quali Messico e Giappone, dove la tradizione calcistica è ben più radicata e diffusa rispetto agli Stati vicini.

Piccolo aneddoto: durante un concerto degli Iron Maiden, ebbi modo di discorrere con un ragazzo messicano tifoso del Tigres. Nonostante fosse affascinato dal calcio europeo, il suo cuore batteva per gli Auriazules e per loro soltanto; era ben conscio del livello estremamente più basso del campionato messicano, tuttavia non era in alcun modo interessato a scambiare la sua fede per tifare club più conosciuti facenti parte della ribalta mondiale.

Al posto delle amichevoli da dieci o più gol di differenza, si vedono partite più combattute. Non so voi, ma l’interesse che nutro per la ICC è lo stesso che ebbi in passato verso le amichevoli tra grandi club e rappresentative locali: nullo. Le ho sempre guardate più per noia che per altro, ed entrambe sono riuscite nella santa missione di farmi ogni volta appisolare. Nondimeno, dovessi scegliere tornerei ad ammirare partite del calibro di Juventus – Rappresentativa Serie D o Milan – Folgore Caratese; almeno, la noia è parzialmente tamponata dai tanti gol segnati.

Lo spettacolo offerto dalla ICC è estremamente mediocre: non porta il carico d’adrenalina che gli organizzatori vorrebbero se non in chi di calcio capisce ben poco e non è abituato ai grandi palcoscenici. Che senso ha, dico io una volta di più, spacciare come una partita di cartello un PSG – Bayern Monaco in cui venti ventiduesimi dei titolari sono personaggi sconosciuti senza seguito? E ancora: quale stimolo – se non lo stimolo per eccellenza – potrebbe mai scaturire nell’osservare grandi campioni in ritardo di condizione e visibilmente imbolsiti dalle estenuanti preparazioni e dalle lunghe vacanze estive? Meglio avere un minore numero di spettatori ma preservare Messi & company da prestazioni inorridenti.

I test tra squadre di alto livello permettono di cimentarsi fin da subito con grandi sfide, alzando la concentrazione e la competitività già da luglio. Probabilmente, sarebbe vero se ci giocassi io in ICC, che non ho mai calcato un campo completamente ricoperto d’erba. Pensate davvero che un CR7 provi il benché minimo piacere a giocare queste partite? Prendo il Portoghese come esempio perché è risaputo sia un animale da competizione, in grado di trovare stimoli laddove gli altri non li cercano neppure. Ebbene, nonostante Ronaldo ricerchi la vittoria sempre e comunque, la sfida e la crescita personale, sono sicuro che anch’egli non sia stato nemmeno per un istante pervaso da quella scintilla che solo le grandi partite garantiscono. Tutto ciò a dispetto di quanto giornalisti, commentatori e addetti ai lavori di vario genere vogliano farci credere: non posso pensare che ci ritengano così ameni da ritenere lo spettacolo offerto dalla ICC come sedativo della nostra voglia di grande calcio. Come già detto, l’unico obiettivo che riescono a centrare tali partite è l’addormentarmi: e per questo, si badi, gliene sono eternamente grato. Viva la ICC!

Si mettono in mostra giovani talentuosi che altrimenti non giocherebbero mai, ponendoli di fronte a milioni di telespettatori. Doveroso iniziare con l’eccezione che conferma la regola: Patrick Cutrone. Il giovane attaccante non più rossonero si è potuto mettere in mostra e ritagliare un importante spazio nella stagione seguente proprio durante la ICC, e in particolare nel match disputatosi contro il Bayern Monaco. Fin da subito, la sua grande mobilità e determinazione ha impressionato i tifosi rossoneri, che hanno in lui trovato l’unico in grado di sostenere sulle spalle, nonostante la giovane età, il pesante fardello dell’attacco milanista.

Le scoperte, tuttavia, si fermano qui. Numerosi altri giovani hanno calcato i palcoscenici asiatici e americani al fine di farsi apprezzare e raccogliere proseliti presso i propri tifosi, e la maggior parte (se non tutti) ha fallito nel proprio intento. Perché? Di sicuro tra di loro c’era chi aveva il talento adatto per emergere dalla giungla calcistica, tuttavia la questione centrale è che la ICC viene perlopiù guardata e seguita da pubblico locale, e non di certo dai tifosi europei, i quali, dunque, non possono né appassionarsi né esprimere le proprie preferenze riguardo a tali astri nascenti. Inoltre, nonostante Cutrone abbia delle doti indiscutibili, sarete d’accordo nel non ritenerlo il Mbappè italiano: a parte il differente ruolo, le stimmate del campione sono rintracciabili solo nel francese, il quale non si è certo servito di una competizione come la ICC per scrivere il proprio nome al primo posto tra le migliori giovani promesse del panorama pallonaro internazionale.

Poco conta che in Cina si colleghino in milioni e in migliaia si riversino negli stadi per osservare i club europei: la competizione ha fallito su tutta la linea, in quanto l’interesse mostrato nei suoi confronti alle nostre latitudini è pressoché inesistente. Pertanto, i giovani promettenti delle società europee non risultano nient’altro che tappabuchi utilizzabili in assenza di altri giocatori o al solo scopo di fare riposare i ben più famosi e preziosi colleghi. Penso ai vari Longo, Esposito, Muratore, che in queste calde giornate estive si propongono in sostituzione di futuri acquisti e colleghi vacanzieri: le vostre capacità non meritano questo trattamento, divenuto nondimeno necessario a causa della nascita di questa assurda competizione.

Le partite intrattengono più delle scontate amichevoli con selezioni locali e squadre di serie minori. Davvero? Alzi la mano chi si è divertito nel vedere PSG – Inter, Milan – Benfica o Juventus – Tottenham. Le italiane, in ritardo di condizione rispetto alle avversarie che inizieranno a breve i loro campionati, non hanno impressionato; tuttavia, anche le antagoniste non si sono comportate granché meglio. In questo periodo di gambe pesanti, chili di troppo, idee da inculcare ed equilibri da ritrovare, sarebbe decisamente meglio concedere ai propri giocatori fresche sgambate contro selezioni minori: da una parte, si porrebbe fresca benzina nel motore, e dall’altra si riuscirebbe a provare qualcosa di nuovo che di fronte a squadre di alto lignaggio non è possibile, a meno di accettare il rischio di imbarcate e figuracce.

Che la ICC sia stata creata a fini circensi, è risaputo. Altrimenti non si spiegherebbe la scelta di buttare nella mischia giocatori impreparati in partite al momento insostenibili di 90 minuti, paventando la volontà di ricercare uno spettacolo vagamente accettabile per il pubblico. La scelta di non accettare il pareggio dei tempi regolamentari, introducendo i rigori per decidere chi la spunterà, chiarisce ulteriormente questo punto. Se il calcio che asiatici e americani agognano è questo, temo che passeranno diversi decenni prima che le loro squadre possano essere paragonate alle selezioni meno quotate dei campionati europei.

Gli allenatori, cimentandosi in sfide avvincenti, possono avere risposte importanti e capire su quali giocatori contare e quali lasciar perdere. In questa frase è riassunto tutto ciò che non va della ICC. Innanzitutto, le sfide non sono per nulla avvincenti, e questo per i motivi già egregiamente esposti in precedenza. Gli allenatori, inoltre, non hanno mai nascosto l’astio provato verso la competizione, rea di non permettere una organizzazione del lavoro precampionato adeguata né di garantire una crescita individuale e collettiva dei giocatori. Tra viaggi estenuanti, interviste, iniziative commerciali e presenze a eventi di dubbio gusto, il tempo dedicato al calcio giocato è estremamente ridotto: come garantire fin dalle prime uscite ufficiali della stagione uno spettacolo adeguato, se il tempo per costruire una identità di gioco è sempre più contingentato e posto in secondo piano rispetto a iniziative pusillanimi? Non ci si lamenti poi se fino alla decima giornata la Serie A e gli altri campionati europei risultino mediocri e utili solo a svolgere quel lavoro che, nonostante ritiri e preparazione atletica siano nati apposta, non è stato possibile precedentemente.

Infine, una doverosa considerazione sulle prestazioni dei singoli giocatori. Spesso, coloro che mettono in mostra le migliori prestazioni durante il precampionato, finiscono con l’esaurire la benzina verso dicembre; al contrario, chi entra in condizione piano piano, riesce ad arrivare fino a fine stagione garantendo un ruolino di marcia non indifferente. Capire su chi contare ad agosto non è problematico: è impossibile.

La ICC fa sì che tifosi stranieri possano appassionarsi alle nostre squadre. Se servisse una sola partita tra riserve per rimanere abbacinati dall’una o dall’altra squadra, il calcio non sarebbe lo sport che tutti noi amiamo.

Davelog