"Siamo primi in classifica": queste le parole, o meglio, la bordata di Maurizio Sarri nel post-partita di Bologna Juventus, quasi a voler zittire i tifosi dopo le critiche ricevute dopo la finale di Coppa Italia persa contro il Napoli.
La Juve si è imposta sulla squadra felsinea per 2-0 grazie alle reti di Ronaldo e Dybala. Il primo sembrerebbe essersi tolto qualche sassolino dalla scarpa dopo il rigore sbagliato contro il Milan e la prestazione sottotono nelle ultime gare, il secondo invece estrae dal cilindro una rete sensazionale che ipoteca il match.

Ma torniamo al discorso principale: Sarri ha voluto ribadire che la Juventus tiene sempre il passo e che ha consolidato seppur temporaneamente il primo posto. Ciò che conta però è il risultato e i trofei in bacheca.
Spiegazioni: non basta vincere un match in trasferta contro un avversario che definire alla portata è riduttivo, ma serve continuità e calcio spumeggiante, quel calcio che alla Juventus è mancato in più di un'occasione. Ieri Bernardeschi in grande spolvero e tutti i competenti di calcio da bar hanno subito preso le difese di Sarri dicendo che l'ex Fiorentina va capito e coccolato, come a voler dimostrare che il tecnico toscano sembrava avere ragione.
Ma d'altronde non c'è da stupirsi: se gioco contro il Bologna e schiero la formazione migliore l'epilogo è scontato e non basta una sola partita per rivitalizzare giocatori e gruppo, che poi diciamolo... questi complimenti fanno male ai singoli e alla squadra stessa. Se bisogna mettere trofei in bacheca, bisogna prima di tutto parlare tramite i risultati: è vero, il primato è bianconero. E la Supercoppa Italiana? E la Coppa Italia? Due trofei mancati e adesso spazzati parzialmente via con una prova simile a quella che si fa contro un club che non ha nulla da chiedere al campionato.
Sarrismo? Rivoluzione? Assolutamente no! Solo fuochi di paglia alimentati da frecciatine inutili e prestazioni di ordinaria amministrazione.
Detto questo testa bassa e pedalare. Perché adesso la Juve è capolista, ma basta poco per tornare nell'occhio del ciclone e mettere a repentaglio un altro obiettivo.