Yonghong Li, Fassone, Leonardo, Mirabelli, Elliott, Boban, Gazidis e infine Maldini.
Negli ultimi anni al centro sportivo Milanello c'è stato una susseguirsi di nomi ai vertici dirigenziali. Tutti accomunati da un unico obiettivo: quello di far tornare grande il Milan dopo gli anni d'oro della gestione Berlusconi. 

Questa girandola di switch repentini è iniziata nel 2017, quando l'imprenditore ha deciso di vendere (o svendere che dir si voglia) uno dei club più titolati al mondo al fantomatico magnate cinese Yonghong Lì. Le perplessità su quest'ultimo erano tante: bilanci misteriosi, proprietà fantasma e come se non bastasse manco una conferenza stampa di presentazione subito dopo l'acquisizione della società. 

Accanto a lui Fassone e Mirabelli, due uomini non idonei a ricoprire cariche troppo pesanti dato il blasone del club e il compito quasi impossibile a loro assegnato. Campagna acquisti faraonica (all'apparenza): Kalinic, Kessie, Conti, Rodriguez e André Silva alcuni dei profili passati sotto i riflettori di San Siro, quasi a voler dire: "Ehi! Ci siamo anche noi!". L'epilogo? Il Milan non si qualifica alla Champions e il tentativo di risalita nel calcio italiano fallisce in maniera evidente, con la dirigenza sotto accusa e con una nuova proprietà all'orizzonte.

E così si passa da una scatola all'altra: il Milan passa ad Elliott, che richiama Leonardo e Maldini con l'intenzione di invertire un trend negativo che ormai caratterizza da anni la squadra. Il conti non tornano e la situazione finanziaria è drammatica, coi rossoneri che non possono ancora una volta permettersi grandi investimenti. Il proprietario affermerà più avanti che il Milan è stato salvato dalla Serie D, ma questo non basterà per placare l'ira dei tifosi.

C'è chi parla di rosa, di brand management, di strategie di marketing e di giocatori. A fine anno si farà il pagellone sulla nuova gestione targata Scaroni, ancora una volta nel mirino dei sostenitori più accaniti.
Non basta l'arrivo di Ibra e di bandiere per risollevare l'ambiente, serve un progetto con nuove idee e un ds preparato che possa condurre con la mano l'allenatore e le intenzioni dei vertici. Perché il Milan non è più una grande squadra e il calcio a Milanello non è mai tornato.