Eccomi. riprendo la mia strada. Quante cose sono successe in questi anni? Cosa mi è rimasto dentro?

Passeggio lungo le vie del mio quartiere. Quello in cui non sono nato ma in cui ho vissuto il periodo più lungo della mia vita. Conosco ogni angolo e, per il mestiere che ho fatto, anche ogni volto che attraversa la piazza, raggiunge la chiesa, discute sulle panchine, esce dai negozi. Non so se basta la mascherina, non è che voglio nascondermi, abbraccerei tutti e forse tutti mi abbraccerebbero volentieri. Ma quattro anni di allontanamento, quattro anni dopo almeno quarantacinque, non possono cancellare tutto. Quelle strade erano le mie, erano il mio tempo, il mio adesso e il domani che ho avuto e che ho amato.
C'era tutto, il lavoro, il sorriso della gente, c'erano clienti da accontentare e locali da frequentare, il bar, la chiesa, lo stadio vicino e tutto quello di cui avevo bisogno, quel poco che bastava. C'era, c'è ancora la Chiesa, anzi, la Basilica, così imponente sulla piazza da attirare l'attenzione di tutti, anche dei non credenti.

Non c'è più il Bar, quello bello, non certo per l'arredamento, ma per il calore che emanava. Era sull'angolo del corso, con il dehor e il biliardo, i tavoli da giocare a scopa, e qualche vecchietto. Arrivò il flipper, i giovani che scoprivano il lavoro ed iniziavano a guadagnare ed a passere il tempo. Mezza generazione prima di me, io quindici anni loro una trentina, ma ero del posto e figlio di uno dei loro amici più cari, quindi potevo confrontarmi, e mi ascoltavano anche. Organizzavano partite di calcio, cene tra amici con cento invitati e grandi goliardate, soprattutto tra tifosi di squadre diverse. C'erano i bianconeri e i granata, naturalmente i bianconeri erano spocchiosi e irritanti ai miei occhi, e i granata sanguigni e sfottenti. Spesso al bar arrivavano pure i giocatori, quelli veri, e stavano al gioco anche loro, nessun selfie, nessun autografo, risate e sguardi. 

La domenica pomeriggio, prima della partita, partivano decine di amici dall'angolo, assieme, per mettersi in coda al botteghino, senza prevendite, senza documenti o tessera del tifoso. Un panino, una birra e poi tutti allo stadio.
Un paio di volte all'anno succedeva che il derby scaldava un po' di più gli animi, e che i gobbi, per un paio di giorni, dopo le sconfitte, che non erano rare, non si facevano vedere. Ma alla fine dei campionati, di solito, erano dolori per me e per papà, quantità assurde di Campari da pagare e, soprattutto, il dover fare di nuovo riverniciare di grigio la serranda del negozio che, puntualmente, veniva imbrattata di bianco e di nero nella notte della vittoria juventina del torneo.

Torno tra queste strade, non c'è più il Bar. Qualcuno ha notizie dei Bar? Non sono così vecchio, ma non mi sembra di vederli in giro. Vedo macchinette nascoste per attirare clienti disperati, vedo birre sempre più forti per annebbiare menti senza storia, discorsi vuoti e spesso in lingue incomprensibili. Vedo locali per coppie e magiatoie anonime, e mascherine e telefoni in mano.Forse è solo un po' di nostalgia. Manca la poesia di quelle compagnie così eterogenee, gente così diversa che si trovava a vivere un Italia in crescita e piena di gioia.
Attraverso la strada, non abbasso la mascherina, saluto, sorride, è ormai anziana anche lei, la padrona del Bar. Pino, il barista, se n'è andato pochi mesi fa, l'ho saputo per caso, era un caro amico. 

Resta quell'angolo, al centro del mondo. Resta il ricordo dei ragazzi del bar, del ricco appassionato di rally e di donne, del bello disperato e incapace di raccogliere un soldo, dell'operaio che si era inventato imprenditore, degli studenti africani a cui veniva sempre offerto tutto con il sorriso, del vigile e del poliziotto, del guardiacaccia e di tutta quella fauna umana che passava di lì, si fermava sorridendo per un caffè. E non vorrei parlare delle tante donne che generavano persino liti furiose, mogli, amanti e commesse dei negozi d'intorno.
Resta quell'angolo, buio e svuotato, al centro di un mondo che non ha più quei sorrisi e quei drammi, senza quell'insegna sempre accesa, non troppo lontano dallo stadio per non ricordare il Bar Sport e di fronte alla chiesa, per un meritato perdono.

Clay Mc Pant's