Va bene, affrontiamo il problema. O meglio affrontiamo una piccola parte del problema, la sua facciata più esterna, quella visibile e tangibile. Affrontiamo l’Iceberg che si sta scagliando sul nostro Titanic, consci che la montagna di ghiaccio che intravediamo nella nebbia sott’acqua è grande almeno il triplo o il quadruplo di quello che intuiamo. Per noi, tifosi di quello che una volta era il Toro ed ora si è trasformato nell’anonima squadra di calcio del Torino, questo problema si chiama Belotti. Andrea Belotti, nato a Calcinate (Bg) il 20 dicembre del 1993, è l’attuale Capitano del Torino FC ed è uno dei due centravanti titolari della Nazionale Italiana Campione d’Europa.

Un problema? Dovrebbe essere una risorsa, una bandiera, una gioia. A suo modo è un campione, ha dato tutto e di più in questi anni alla causa della squadra del presidente Cairo, correndo come un disperato, segnando, salvando in difesa, trascinando palla in situazioni imbarazzanti. Ha fatto, insomma, il boia e l’impiccato, facendo gol in condizioni impossibili, spesso giocando da solo, affiancato da ininfluenti compagni che, lo dico con la morte nel cuore visto che non mi piace criticare in modo effimero, a volte hanno affrontato le partite in modo ridicolo. Belotti è stato centravanti di una compagine con valori tecnici sulla carta quantomeno discreti che sul campo, in questi ultimi, penosissimi anni, si sono dimostrati scarsissimi. O erano scarsissimi già sulla carta? O non sono solo i valori tecnici a mancare a questa squadra, se mai si può parlare nel calcio moderno ancora di squadra? Ci sono forse altri problemi che coinvolgono la gestione economico finanziaria, sportiva, relazionale, mediatica ed umana della società Torino Calcio? Quanto è profondo l’Iceberg che sta arrivando?

Come in qualche vecchia canzone l’orchestra sta suonando nella più grande sala della nave da crociera ed i passeggeri ballano ignorando il blocco di ghiaccio. Stanno discutendo della voce del cantante. A qualcuno non piace, ma i musicisti adorano le sue note, sanno che è sempre pronto a salvare tutti dalle brutte figure. Le donne danzano leggere ai suoi sussurri e si innamorano dei suoi solfeggi, ma l’impresario è seduto al tavolino con il Capitano e stanno discutendo sulla necessità di scritturarlo per il prossimo viaggio. Facile dare la colpa a lui, alle sue lievi stonature, alla sua faccia da bambino, ai richiami dei locali di Los Angeles. Il Capitano sta pensando a quello, mentre il suo vice, al timone, vede arrivare l’Iceberg e non può fare molto. Ecco Belotti, trascinato nel gioco assurdo del “vai o stai?”, mettendo nei guai, nella farsa, anche il nuovo allenatore dalla faccia arrabbiata che da uomo duro si è trasformato in pochi giorni in aziendalista convinto. Belotti che se sta deve dimostrare (cosa?) e se va è un traditore. Belotti che non è ancora abbastanza Pulici, Belotti a cui si scrivono lettere e messaggi d’amore e commenti infanganti senza senso e chiaramente destabilizzanti. Belotti che non può trasformarsi nel capro espiatorio ma che è perfetto come vittima sacrificale, come è scritto nel Vangelo Secondo Urbano. Belotti che è attore e pedina, come tanti ragazzi, forse troppi nel calcio moderno. Sul Titanic intanto si parla, si discute, si danno colpe, si innalzano e si ammainano vele, si gioca col cuore e con l’anima di tanti tifosi che iniziano a mettere la testa, a guardare con gli occhi. Sul Titanic si cinguetta mentre arriva la montagna di ghiaccio, che è grande e potente. Fermate i motori, invertite la rotta. Sarebbe il tempo di preparare il presente, affrontare i problemi, entrare nella realtà e sentire il respiro della città e della gente. Non ci vuole molto.

Clay Mc Pants