Sei diventata maggiorenne, sono diventato vecchio.
No, non sono diventato vecchio, mi sento vecchio, e questo può bastare.
Ma sono del Toro e saprò come fare.
Quanti anni sono passati da quella notte nebbiosa?
La mamma mi ha detto, alle dieci di sera, in quel corridoio del reparto maternità -Vai a Casa, non succede nulla stanotte, non ho sintomi, non avere problemi.- Dopo una giornata tremenda, tra il lavoro e le preoccupazione dell'ospedale, il bambino dai nonni ed il freddo pungente, decido di affrontare i quindici chilometri che mi separano da quella casa vuota. Arrivo e mangio un panino guardando, senza nemmeno un pensiero, la tv della cucina. Mi butto sul letto ghiacciato, è mezzanotte. Penso di resistere, crollo.
Sogno.
Nel sogno suona il telefono, non il telefonino che è sotto carica, è il cordless a trillare, il vecchio, scassatissimo cordless collegato alla linea di casa. Mi siedo sul letto, rispondo. Una voce, la voce di mia moglie, dice che è quasi ora, dice di stare tranquillo, poi non dice più nulla oltre a un ciao. Sono seduto sul letto, mi sveglio. Ho il telefono in mano, quella voce nella testa, ma non sono sicuro di aver parlato. Sembra tutto un sogno, cerco nel cordless tracce della telefonata, ma non capisco nulla, non vedo nemmeno. Mi alzo, sento che devo prepararmi e partire, sento che lei ha bisogno di me, ed io ho bisogno di esserle vicino in questo splendido ma doloroso momento. Mi alzo, guardo fuori. Un muro di nebbia avvolge il paese, gialla, pesante, umida e fredda. Forse non è nemmeno l'una di notte, l'ospedale è distante, ed io non sono per niente sicuro d'aver ricevuto quella telefonata. Ho solo la mente sveglia, il corpo non troppo, ho paura di correre, di andare a bocciare, di uscire di strada. Ma sono già in macchina con il solo pensiero di non essere fermato da qualche pattuglia, di arrivare in tempo per essere utile, o per esser cacciato perchè nulla sta succedendo, perchè la telefonata non è mai arrivata.

Arrivo all'Ospedale, la guardia quasi non mi vede, i lunghi corridoi sono vuoti e inquietanti. Corro al reparto, non so se sto per fare una brutta figura con le infermiere della maternità. Arrivo di fronte alla sala parto, si apre la porta "Venga dentro, lei è il papà di Francesca vero? Venga dentro che abbiamo bisogno..." Non vedo nemmeno mia moglie, sta ancora ansimando. L'ostetrica mi mette in mano la bimba, che piange: "la tenga lei, noi ci occupiamo della signora".
E così, a quarantacinque anni, divento padre per la seconda volta, e stavolta è una bella bambina che tengo in braccio mentre sembra che tutti mi ignorino. Ringrazio d'aver ascoltato la vocina di dentro, di non aver avuto paura della nebbia, del buio e del gelo, e di aver creduto a quello che pensavo solo un sogno. 

Ora sono qui, davanti a questo foglio bianco, come è bianco il futuro di tutti noi. E come è pieno il passato di ricordi belli e tristi, di errori ed eventi meravigliosi.
Di questi diciotto anni, che ora sembrano un attimo, rimarranno tante foto ma nessuna sarà più bella delle emozioni che ho nascosto e trattenuto negli angoli della memoria. Ora sono qui, dicevo, e non vedo l'ora che siano le due di questa notte fredda come quella di tanti anni fa, non vedo l'ora che la mia bambina diventi maggiorenne. Sono stati anni pieni di cose, i due ragazzi divisi da sei anni, le stesse maestre alle elementari, gli stessi professori alle medie, lo stesso liceo, le stesse vacanze. Non so quanto io possa essere stato un bravo padre, per troppi anni schiacciato dal lavoro, dagli impegni, dalle troppe illusioni e da qualche intoppo, anche di salute. Ma c'è stata una mamma presente e mai oppressiva, ed i nonni che hanno fatto più del dovuto. E poi questa tragedia del covid, che ha azzerato molte speranze di tutta una generazione, che ha pesato su tutti, e sul confronto tra le aspettative ed i comportamenti. Noi vecchi da giovani avremmo accettato situazioni del genere? 

Non leggerai mai queste righe. Le ho mandate a un giornale sportivo perché tanti padri le leggano, perché tanti padri possano sentirsi un po' come me. Felici e orgogliosi, anche se tutto non è andato come avrebbe dovuto andare, anche se le prove sono state dure e non tutte sono state superate.
Le curve e gli imprevisti hanno reso la vita difficile, ma con la forza, il coraggio e l'umiltà le abbiamo potute affrontare, continueremo a lottare per voi, ragazzi, e per noi stessi.
Sì, in giorni, in notti come queste, credo che ci si senta un po' tutti del Toro.
Auguri.

Clay Mc Pant's     
Dimenticavo, non sei tu quella della foto, naturalmente