“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile, sempre”.

La celebre frase che Carlo Mazzacurti disse a un suo collaboratore inquadra perfettamente il modo in cui dovremmo porci nel momento in cui noi semplici tifosi decidiamo di esprimere un nostro giudizio riguardo un qualsiasi avvenimento del mondo del calcio. Oggi, in particolare, abbiamo assistito alle dimissioni di Cesare Prandelli, un grande uomo e tifoso prima ancora che un grande allenatore. Un uomo coraggioso, che è emerso in una società in cui sei obbligato a essere forte, che vede la sconfitta come un fallimento, che rende il pianto un atto da femminucce. Un uomo sincero, che non ha avuto alcun timore nell’esporre le sue debolezze e le sue sensazioni di inadeguatezza all’odierno mondo del calcio.

Ma facciamo un passo indietro.
È l’estate del 2004 e la Roma individua in Prandelli la figura ideale per sostituire Capello, ma pochi mesi dopo il tecnico sorprende il pubblico non partendo per la tournée americana a causa di motivi strettamente personali. Ad agosto arriva la clamorosa decisione di rassegnare le dimissioni, in quanto la moglie Manuela, malata di tumore, ha bisogno del sostegno del marito. Fortunatamente il tecnico orceano riprende quasi immediatamente la sua carriera da allenatore sulla panchina, guarda caso, della Fiorentina. Da questo momento in poi colleziona un numero importante di trofei individuali, tra cui due panchine d’oro, entrambe alla guida della squadra toscana. Il 30 maggio 2010 comincia la sua avventura come commissario tecnico della nazionale italiana che, sotto la sua guida, raggiunge addirittura la tragica finale degli Europei del 2012, persa 4-0 contro una super Spagna. Dopo l’eliminazione dai campionati mondiali alla fase a gironi, Prandelli si dimette e intraprende varie esperienze all’estero, per poi tornare in Italia nel 2018 sulla panchina del Genoa, dove riesce a raggiungere la salvezza in extremis. A inizio novembre 2020 torna, dopo dieci anni, alla guida della Fiorentina, ma non riesce a risollevare la squadra dall’amara crisi di risultati. E dopo un lungo periodo in cui è sprofondato nell'ombra, incontrando una serie di difficoltà personali che mettono a rischio lui e la sua squadra, prende la decisione più saggia, dimostrando ancora una volta una grande umanità. 

Attraverso una commovente lettera, Cesare Claudio Prandelli comunica le sue dimissioni al club, il quale non può far altro che accogliere la richiesta del tecnico e inchinarsi al cospetto di un uomo che ha dato anima e corpo per la causa viola e, soprattutto, per il nostro sport.
Qui di seguito riporto il messaggio che l’allenatore ha scritto alla società, ai tifosi e al mondo del calcio:

Firenze, 23 marzo 2021. È la seconda volta che lascio la Fiorentina. La prima per volere di altri, oggi per una mia decisione. Nella vita di ciascuno, oltre che alle cose belle, si accumulano scorie, veleni che talvolta ti presentano il conto tutto assieme.
In questo momento della mia vita mi trovo in un assurdo disagio che non mi permette di essere ciò che sono. Ho intrapreso questa nuova esperienza con gioia e amore, trascinato anche dall’entusiasmo della nuova proprietà. Ed è probabilmente il troppo amore per la città, per il ricordo dei bei momenti di sport che ci ho vissuto che sono stato cieco davanti ai primi segnali che qualcosa non andava, qualcosa non era esattamente al suo posto dentro di me. La mia decisione è dettata dalla responsabilità enorme che prima di tutto ho per i calciatori e per la società, ma non ultimo per il rispetto che devo ai tifosi della Fiorentina. Chi va in campo a questo livello ha senza dubbio un talento specifico, chi ha talento è sensibile e mai vorrei che il mio disagio fosse percepito e condizionasse le prestazioni della squadra.
In questi mesi è cresciuta dentro di me un’ombra che ha cambiato anche il mio modo di vedere le cose. Sono venuto qui per dare il 100%, ma appena ho avuto la sensazione che questo non fosse più possibile, per il bene di tutti ho deciso questo mio passo indietro.
Ringrazio Rocco Commisso e tutta la sua meravigliosa famiglia, Joe Barone e Daniele Pradè, sempre vicini a me e alla squadra, ma soprattutto ringrazio Firenze che so che sarà capace di capire.
Sono consapevole che la mia carriera di allenatore possa finire qui, ma non ho rimpianti e non voglio averne. Probabilmente questo mondo di cui ho fatto parte per tutta la mia vita, non fa più per me e non mi ci riconosco più. Sicuramente sarò cambiato io e il mondo va più veloce di quanto pensassi. Per questo credo che adesso sia arrivato il momento di non farmi più trascinare da questa velocità e di fermarmi per ritrovare chi veramente sono
.”

Leggere le sue parole mi ha commosso e mi ha permesso di riflettere su quanto stia cambiando questo nostro adorato mondo del pallone e dunque, cari appassionati, invito anche voi a fermarvi un momento e leggere quanto citato nelle righe precedenti. Al giorno d’oggi, il calcio sta diventando un business in cui predominano rabbia e odio, e i valori di una volta, tra cui la sportività che da sempre contraddistingue la figura di Cesare, stanno scomparendo pian piano. È grazie alle persone come lui se possiamo ancora sperare di poter concepire il calcio come uno sport ricco di emozioni, sentimenti e passione. Nel corso degli anni, sono state molteplici le azioni che lo hanno reso noto non solo come uno sportivo di successo, ma prima di tutto come un grande uomo. Basti pensare a quel suo intervento, nel 2012, in cui si è schierato contro l’omofobia.

Noi tifosi amiamo questa disciplina incondizionatamente, fin dal nostro primo calcio al pallone, e sono sicuro di parlare a nome di tutti quando dico di ammirare chi, come Prandelli, ha dato la sua vita al calcio, rendendolo un mondo ricco di virtù e condito da atti extra-sportivi degni di nota. Per questo motivo, mister, voglio omaggiarti e dedicarti qualche ora della mia giornata, affinché la tua carriera e la tua persona non passino in secondo piano, con l’auspicio che molti tifosi possano apprezzarti ancora una volta attraverso le mie parole.
Grazie di tutto, il mondo del calcio si stringe in un forte abbraccio e ti augura di riprenderti al meglio, perché...
“A volte essere forti significa essere in grado di piangere. A volte andare avanti significa essere abbastanza forte per lasciarsi andare.”