Certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano... dopo Kakà è stata la volta di Ibrahimović, che al suo ritorno a Milano ha dato una svolta al cammino dei rossoneri, ma le possibilità di vederlo un'altra stagione a combattere dalla prima giornata sono molto ridotte.
Nonostante i dati anagrafici la sensazione è stata che da quando è tornato abbia cambiato faccia alla squadra, quella squadra che ha vinto le paure e il mal di gol, che prima del suo arrivo sembrava smarrita e che ora invece prima di salutarlo non dovrebbe pensarci bene, benissimo. Si dice che il progetto Rangnick preveda l'utilizzo di giovani che basano il gioco sulla corsa, nel frattempo è stato riscattato Kjaer che non è più un ragazzino. Togliendo Zlatan, il Milan perde un leader che con la sua personalità cambia lo spogliatoio e la sua assenza peserebbe molto con il progetto di una rosa giovane. Non è sufficiente un'idea di calcio per essere vincenti, ci vogliono anche interpreti che abbiano la vittoria nel DNA e su questo Ibrahimović è un esempio per tutti. Ha dimostrato che nonostante non abbia i ritmi di una volta, la sua intelligenza calcistica è ancora vincente ed ha ancora una gran voglia di dimostrare il suo valore, cosa che nessuno dei giocatori in rosa ha dato la sensazione di avere. La sua presenza è fondamentale per un gruppo che vuole tornare grande, un esempio di costanza da trasmettere ai nuovi arrivati, nell'ennesimo momento di rifondazione che avrà bisogno di una mentalità forte. Quella mentalità su cui un grande campione ha basato la sua carriera.