Quando la tua origine è oracolare, sei abituato a far i conti con immagini utopiche e distopiche, a servirti della tua fantasia per trovarne le condizioni d’esistenza. Hai, poi, confidenza con le stranger things e sembra che nulla più possa sconvolgerti. Tutto è possibile per esperienza. Succede, però, che un attore di soap opera, tale Germano Bellavia interprete di “Un posto al sole”(produzione Rai 3), personaggio vicino al Napoli di De Laurentiis, vada in Radio e spari una bomba: Messi al Napoli non è impossibile.

“Messi al Napoli non è solo un sogno. Personalmente ci credo e vi assicuro che non è una bufala. Ho rapporti commerciali con il Barcellona e so per certo che Messi non andrebbe mai alla Juventus e gli piacerebbe vestire la maglia azzurra. Il Napoli è già stato al Barcellona per verificare l’ipotesi. Noi abbiamo avuto Maradona, perché non potremmo avere anche Messi”. Germano Bellavia a Radio Marte

Perché non potrebbero avere anche Messi
Perché non potrebbero avere anche Messi? Cominci a pensarci. Viaggi con la mente, interrogando gli astri nel corso di una notte insonne, una di quelle in cui Morfeo si è reso indisponibile. 

“Miezz a via, miezz a via This is where I wanna be But I always have no fear Boy, we come from Napoli Terra mia, terra mia This is where I wanna be.”

Nel buio riecheggiano le parole di “We come from Napoli”, la nuova canzone di Liberato, la voce più autentica e moderna del nuovo spirito napoletano. C’è una città che non si rispecchia più nella malinconia delle poesie firmate dal Principe de Curtis, quei versi così in sintonia con i palleggi di Maradona e la felicità nascosta e poi esplosa di abbracciare il diez. 
Oggi Partenope è aggressiva, scafata, una donna più matura. Il popolo è in strada, non ha paura: ha già avuto il giocatore più forte di tutti i tempi, non c’è spazio per la frenesia; ha attraversato l’inferno della C, rischiava di scomparire; è rinato come una fenice; ha lottato nuovamente per lo scudetto; si è lentamente affievolita la passione spasmodica per la squadra durante l’era Ancelotti, restituendo un sano distacco, quelli dei forti pronti a qualsiasi evenienza.

Messi al Napoli si farà
E, allora, eccola l’evenienza alla quale tutti sono pronti, la massima evenienza. Messi al Napoli non è impossibile e si farà.
Prima del 5 luglio 1984 Napoli dovette aspettare circa un mese per abbracciare il Pibe, fu una vera e propria soap opera. Ecco il prime termine che ritorna, da una soap opera prenderà i natali una seconda epifania.

Dobbiamo proiettarci in avanti per abbracciare il futuro, seguendolo nei manifesti suoi scatti. Il tempo non è lineare ed è, soprattuto, essendo tempo, fuggevole.
Siamo già alla prossima finestra di calciomercato. Il Barcellona ha deluso le aspettative, chiudendo la stagione in negativo: esclusa dalla Champions in marzo proprio dal Napoli, seconda in campionato alle spalle del Real. La dirigenza è in subbuglio da mesi e la figura di Messi sembra inevitabilmente la chiave del collasso dello spogliatoio blaugrana, però, non c’è dubbio: Messi se queda.

L’incubo Diego
I riflettori e l’attenzione mediatica sulla Pulga si spengono a metà giugno. L’Italia di Mancini è alle prese con l’Europeo che sarà rinascita o ennesimo fallimento di un movimento. La Spagna di Luis Enrique culla il desiderio di riprendersi il tetto del Vecchio Continente.

Leo è lontano, fa la spola tra l’Argentina e la Colombia, dove è alle prese con la Copa America. Frastornato, sfinito dalle voci che rimbalzano da Barcellona circa la sua persona indigesta dalle parti del Camp Nou. Vorrebbe, anch’egli, alzare quella Copa per ridurre di qualche metro la dannata distanza che lo separa da Maradona. La sensazione è che anche riuscendoci non cambierebbe la percezione del mondo, che in quel duello a distanza lo reputa inferiore. La Selección non supera le semifinali. 

Il fantasma di Diego gli si palesa in sogno, lo vede allontanarsi e lui, come in tutti gli incubi che si rispettano, è impotente, non gli si riesce ad avvicinare, sente solo urla di scherno: Leo, eres un dios menor, el secundo.

È l’8 luglio. Messi è stanco. Ogni giorno nel ritiro dell’albiceleste ha letto i giornali spagnoli: c’è un limite a tutto, è nauseato. Gli agenti gli hanno detto che c’è una squadra che lo vuole in Italia, poi hanno aggiunto “riposati, pensiamo a tutto noi”.  Il suo clan è in contatto col Napoli di De Laurentiis. La trattativa prende consistenza.

“Messi se marcha o se queda?”
I tempi sono lunghi. Tra conferme e indiscrezioni passa quasi un mese. Leo è tornato in Spagna, non parla con nessuno, però ha saputo.

Le liti interne alla dirigenza blaugrana non si sono placate, al centro delle discussioni sempre lui. 

In Italia la voce è venuta fuori: un giorno Messi è del Napoli, l’indomani non si muove da Barcellona. I giornalisti spagnoli impazziscono, non capiscono dove sia la verità. La domanda è sempre la stessa: “Messi se marcha o se queda?” “Se queda, se queda.”; Messi resta o va a Napoli? Resta qui, sicuro, cento per cento.

Messi alla Juve
La pulga ritrova il gruppo e torna ad allenarsi, tutto tace. È il 5 agosto, Tuttosport esce in edicola con un titolo clamoroso: Messi alla Juve. Il tran tran si infittisce, dagli ambienti bianconeri filtrerebbe anche un cauto ottimismo. Come per Ronaldo, Agnelli si muove sott’acqua. Sportitalia conferma la presenza del Presidente in Catalogna: Dybala va al Barça, quotazione di 100 milioni con la quale si aggirerebbe l’ostacolo principale rappresentato dal costo del cartellino del 10 blaugrana.

In argentina dicono che Messi ha già scelto e sta studiando l’italiano. Ma chi ha scelto? “No lo sabemos, pero eligió gracias a Dios”.

È tutto vero. Il 9 agosto 2019. Leo Messi è su un jet privato che lo porta nel Belpaese, il giorno dopo sarà presentato ai suoi nuovi tifosi.

Ha scelto grazie a Dio
Il futuro viscido ci sfugge dalle mani, non ci sta ad essere letto o, forse, vuole semplicemente giocare con noi, siamo in armonia. Anche lui non dorme, vuole compagnia. Cosi riappare ma è andato avanti, i suoi tempi non sono i nostri. 

Siamo al 15 settembre. I nostri occhi si aprono su un’intervista delle Repubblica ad Aurelio De Laurentiis: 

“Lombardo ha parlato con la dirigenza del Barcellona a marzo, durante il pranzo di rito pre-partita, voleva organizzare la solita amichevoluccia estiva, per fare un po’ di spettacolo. Hanno accettato e poi hanno lavorato sui termini commerciali. Poi a luglio ci hanno chiamato, dicendo che Messi non ci sarebbe stato perché stanco dopo la Copa. Era falso, era in rotta con il club. Qualche giorno prima Giuntoli era stato contattato dagli agenti di Messi che volevano proporci il loro assistito, non gli abbiamo creduto. Poi ci abbiamo ripensato, vuoi vedere che era la verità? Siamo partiti subito.

Ci hanno chiesto 100 milioni di euro, convinti che non avessimo i soldi. Ed era vero, potevamo spendere molto meno e probabilmente nemmeno quello. Poi De Magistris, il nostro caro sindaco, mi ha messo in contatto con Gian Maria Gros-Pietro, presidente d’Intesa: abbiamo litigato. Il Napoli è mio, né delle banche, né del Comune. E mi so’ detto gli dò Fabian e siamo tutti felici. Una trattativa infinita, chiusa all’ultimo minuto, grazie a Dio”.

“La pulce ha la tosse”
Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Se il napoletano contemporaneo è più maturo, conserva di certo una genialità innata e trasmessa. ADL il produttore istrionico spiega il miracolo:

”Non sapevamo come gestire la cosa. Stiamo parlando di Leo Messi, il più forte calciatore del pianeta, che non ha nulla a vedere con il fenomenuccio dei bianconeri, con tutto il rispetto. Il contratto che stavamo mettendo giù era complicato, volevamo portarlo in città per farlo firmare ma se si fosse sparsa la voce sarebbe stato un vero delirio. È come ogni film che si rispetta volevo un finale a sorpresa. Appena Tuttosport ha detto che la Juve era in Spagna, abbiamo preso un volo, abbiamo incappottato Leo come un latitante e l’abbiamo nascosto a Castelvolturno. All’alba Napoli era in festa”.

I giornali ebbero una misteriosa soffiata nella notte, in tempo per la ribattuta: “la pulce ha la tosse” l’annuncio dall’altra parte del telefono. San Gennaro l’ha fatto ancora.

“Orgoglioso di essere napulitano”
Leo Messi arrivato a Napoli, fu davvero tenuto in ostaggio al centro sportivo del club per una notte intera e trasportato a Villa Stuart all’alba del 10 agosto. Visite mediche, passaggio di rito nella sede delle Produzioni De Laurentiis per la firma.

Poi la presentazione in stile Hollywood durante il pomeriggio, alle ore 18. Il San Paolo è gremito, i posti a sedere sono tutti presi, anche quelli in piedi. Ogni misura d’emergenza possibile non viene rispettata. Erano almeno in 80.000, accorsi da ogni dove, alcuni ancora in costume venuti dalle spiagge o dalle vacanze.

Alle 18:15 gli schermi dello stadio si accendono: c’è un elicottero che plana su Fuorigrotta, fa qualche giro, poi atterra sul manto erboso. ADL è il primo a mettere piede sul campo, dopo di lui Giuntoli, poi Lombardo e infine lui: Messi. Il popolo lo abbraccia e lo invoca, gli consegnano un microfono e lui parla: “Ciao Napoli, sono orgoglioso di essere napulitano”. Messi al Napoli non è più impossibile, il fenomeno di Rosario è arrivato veramente, come Bellavia dixit.

“Il modo in cui sono stato accolto non ha uguali in nessuna parte del mondo. Io rispetto e amo questa gente, e lo farò per tutta la vita. È incredibile che dopo pochi minuti dal mio arrivo ci fossero tutte quelle persona a salutarmi. Adesso dobbiamo battere la Juve in campionato e fare bene in Champions. Ronaldo? Sarà un piacere incontrarlo di nuovo, le sfide con lui sono state le più stimolanti della mia vita. Ma non sono qua per lui. Sono qui per Diego, per essere al suo livello devo vincere qui.” Messi, durante la sua prima conferenza in azzurro


(P.S. I fatti raccontati sono totalmente frutto dell’immaginazione e da prendere in considerazione quali puro esercizio di stile ed intrattenimento. Le circostanze narrate non si verificheranno o, almeno, si realizzeranno soltanto nel momento in cui gli astri lo vorranno. In tal caso, come ogni giornalista illuminato che si rispetti, tornerò a dirvi “Io ve l’avevo detto!”).