Nelle ultime settimana the G.O.A.T., Cristiano Ronaldo, lo sportivo più famoso al mondo, ha tenuto viva la fiamma della sua celebrità soffiandoci sopra gesti contraddittori più che le prodezze straordinarie alle quali ci ha abituato, spie di una verità molto profonda.

Gli episodi

Domenica 11 aprile 2021, in occasione del match casalingo Juventus-Genoa, che ha visto i bianconeri vittoriosi con un risultato netto di 3 a 1, il fenomeno di Madeira ha trascorso i suoi 90’ sul rettangolo di gioco lamentandosi come se i suoi stessero semplicemente perdendo. Ad ogni pallone toccato (e non) aveva qualche parolina poco amichevole da consegnare ai compagni, rei di non assecondare i suoi movimenti. Ha litigato con il portiere avversario, dandogli del bugiardo e poi con il suo, colpevole di aver messo fuori un pallone per constatare le condizioni di un giocatore rossoblù. A fine partita ha scaraventato la sua maglia per terra, prima di andarsene negli spogliatoi, prendendo a pugni muri e qualsiasi altra cosa gli ostacolasse il passaggio.

La settimana successiva, invece, ha deciso di non seguire la squadra a Bergamo, per quella che sarebbe stata una partita decisiva (le sue!) in vista della volata finale alla Champions, riscontrando un fastidio muscolare e restituendo l’impressione che le sue priorità al momento fossero altre, ovvero strettamente personali. Tre giorni dopo è ritornato in campo ma è stato oggettivamente il peggiore dei suoi, lasciando a tabellino non un gol, come al suo solito, bensì, ancora una volta, un errore in barriera che ha causato il momentaneo svantaggio dei bianconeri condito sul finale da un pallone lanciato al vento per stizza, che gli è costato il giallo con diffida.

Episodi citati questi, ai quali ne potremmo aggiungere altri nel corso della stagione (ad es. le gambe aperte sulla rete decisiva del Porto agli ottavi di Champions), giustificati con la solita manfrina che vuole il fantasma dell’agonismo abitargli dentro, il quale se non accontentato non gli avrebbe permesso di vincere tutto ciò che ha vinto. Della serie c’è poco da meravigliarsi, non sono cose nuove, è fatto così e menomale.

Cristiano incriminabile

Guai, invece, a rintracciare nei suddetti un latente nervosismo e un forte disagio del portoghese con se stesso e con la squadra che nei suoi piani avrebbe dovuto rappresentare l’ennesima tappa dei suoi successi planetari, ma che al momento sente troppo piccola per le sue ambizioni e inadeguata a dargli tutto ciò che merita. Cristiano Ronaldo non si può criticare, perché tanti sono i motivi che lo vietano. Son tutti gli abitanti del “suo” mondo (inteso come proprietà personale), quello del calcio, che ce lo ricordano a cadenza regolare: i suoi attuali compagni, gli ex, i tecnici, i ritirati, addirittura i suoi avversari e, fino a qualche tempo fa, anche la stampa di parte e non. Non si può aprire bocca, anzi prima di farlo bisognerebbe andare su Google e cercare il suo nome su Wikipedia, per farsi un’idea della sua grandezza, di quanto ha accumulato sul piano collettivo e personale, dei record che, probabilmente, nessun altro potrà mai ripetere. Se ciò non basta e proferisci verbo comunque, sei un imbecille, non c’è altra spiegazione.
C’è molto di vero in quello che si dice, comincia, però, forse a stonare un tipo di lettura univoca e condizionante delle gesta di Cristiano, nella quale a volte si possono rintracciare anche gli elementi scatenanti di una censura.

Il rapporto tra calcio e mortalità  

Parliamoci chiaro, per chi scrive, Ronaldo è un unicum nella storia del calcio. Attenzione non il migliore di tutti ma il migliore del suo genere, nessuno potrà mai eguagliarlo e nessuno prima è stato come lui: il figlio di un Dio minore che, prescindendo dal dono divino della tecnica, arriva sul gradino più alto dell’Olimpo, brandendo una posizione la quale non prevedeva la sua presenza. Se il calcio fosse dominato da termini e numeri assoluti, sarebbe suo dominio nei secoli dei secoli.
Però il calcio non vive nei templi e si alimenta di carne fresca, non ha un buon rapporto con la mortalità e le interpretazioni per non essere anacronistiche, dunque bloccanti, hanno bisogno di essere al passo con i tempi. 
Se da “cristiani” volessimo vivere secondo i principi della Bibbia, prendendo come contesto di riferimento quello che l’ha partorita, non potremmo essere dei protagonisti contemporanei. Per farlo bisogna essere attaccati al presente, anche se può essere brutale e non avere rispetto del passato. Nonostante lo sport, essendo portatore di emozioni, mette spesso gli appassionati nella condizione di credere nel culto del vincitore (ovvero l’idea che poiché un giocatore o un allenatore ha fatto qualcosa in precedenza, sarà necessariamente in grado di farlo di nuovo e per sempre) ad un certo punto, insomma, bisogna aprire gli occhi e spezzare le catene del romanticismo.

Ronaldo oggi

Nel momento in cui decidiamo di farlo e il nostro argomento del giorno è Cristiano Ronaldo, senza timore e senza colpa, possiamo dire che il portoghese è evidentemente sul filo dell’imbarazzo e inibitore di un qualsiasi stile di gioco efficace a livelli più alti. Per tutta la stagione ha mascherato delle performance non esaltanti facendo ciò che gli riesce meglio: segnare, registrando medie aliene. Ora però è andato completamente fuori dai radar, non c’è più. È scomparso. È frenato. È tremendamente normale e, a volte, anche meno. Siamo difronte ad un evidente sbando, ed è qualcosa di straordinario, almeno per lui, palesemente consapevole di quanto sta accadendo. Essendo una persona estremamente intelligente ha carpito la sua deriva dalla posizione assegnatigli in campo, diversa, sempre, anche durante la stessa partita. La centralità sul prato verde fa il coro a quella nel progetto tattico e sportivo di un team, e di centralità Cristiano ha sempre vissuto insieme al suo amor proprio.

Un risultato dovuto al tempo

Un mutamento di condizione questo che è andato di pari passo alla perdita dell’aggressività agonistica che lo ha sempre reso il padrone dei giochi e tremendamente determinante, cosa che ad oggi Ronaldo non è più. La crucialità è stata sostituita dall’eccessivo, dall’egoismo, dal solipsismo, da un individualismo esasperato. Ciò ne fa un elemento a parte, emotivamente insufficiente, uno spettacolo avvilente al quale assistere. Un Saturno che divora i suoi figli, in questo caso i compagni di squadra e il club non in grado di accompagnarlo in cima ora che da solo non può più arrivarci. Cristiano ha vinto quasi tutte le sfide che la vita gli ha presentato ma nonostante tutto non si può sconfiggere il tempo, contro la realtà si è senza scampo, ma accettarlo provoca un sentire lacerante che si manifesta in una crisi d’identità.
Se poi su quell’identità ci hai costruito un’esistenza cogliere che non può perdurare per sempre è un atto al limite del disumano. Eppure cosi è.