Nonostante le mille difficoltà incontrate dal calcio nell’era della pandemia globale, il grande lavoro della UEFA e degli organi federali nazionali ha permesso alla Champions League 2019/2020 di arrivare al termine, seguendo una formula inedita, quelle delle Finals, che è riuscita a conquistare le fantasie di molti e che sembra aver scalato posizioni tra le ipotesi in ballo per rendere la principale competizione europea sempre più appetibile nel futuro prossimo.

A trionfare è il Bayern Monaco di Flick, laureatosi campione d’Europa per la sesta volta nella sua storia e capace di conquistare per la seconda il Triplete. I tedeschi arrivano alla vittoria coronando un percorso netto fatto di un 11 vittorie su 11 partite, come nessuno prima di loro era riuscito a fare e confermando le sensazioni che il calcio post-lockdown ci aveva fornito: era palese, infatti, che i bavaresi dalla ripresa si fossero ritagliati il ruolo di squadra più in forma e più forte del vecchio Continente. Soltanto alcuni passaggi a vuoto contro il Lione in semifinale, che ne avevano scoperto i principali punti deboli, potevano spingere a pensare che contro il PSG il finale avesse potuto prendere contorni differenti da una vittoria rossa, ma così non è stato: hanno vinto loro e, soprattutto, Flick, attestatosi come un padrone della tattica.

Gli undici e la prima fase di gioco

Bayern e PSG si presentano al da Luz con i due undici più scontati, ovvero con gli uomini che le hanno trascinato sino a questo punto, al netto degli infortuni. L’unica sorpresa è la presenza in campo di Kingsley Coman. Flick pensa bene di schierare il francese, preferendolo a Perisic, per mettere in difficoltà la catena di destra dei parigini. L’accoppiata Perisic-Kehrer avrebbe dato un scontro fisico a somma zero e la manovra del Bayern avrebbe perso il vantaggio della predominanza fisica assicurata dal croato, correndo il rischio di risultare statica e infruttuosa. L’ex Juve e PSG, invece, con le sue giocate tecniche in velocità e le capacità di andare alle spalle del terzino, ha avuto sin da subito il compito di creare scompensi sulla corsia laterale di competenza, supportato dalle discese fulminee del miglior terzino in circolazione: Alphonso Davies. 

I primi 19’ minuti di gara rientrano nella classica fase di studio, con le due squadre che come due pugili si osservano, mostrando l’un l’altra di cosa possono essere capaci. Mentre il Bayern abbozza un timido controllo del gioco, manovrando dal basso e arrivando con rapidi tocchi a ridosso dell’area avversaria, senza essere mai veramente pericoloso, il PSG lascia intendere di possedere tutte le armi necessarie per imbastire controffensive letali, tanto da poter mettere in ginocchio i bavaresi, sfruttando i punti deboli della squadra di Flick e annullandone i forti.

Il quadro di Tuchel

La disposizione in campo dei francesi restituisce l’impressione che Tuchel abbia guardato attentamente la semifinale Bayern-Lione, cosi tanto attentamente d’aver elaborato un piano tattico rasente la perfezione. Innanzitutto, se il piatto must di casa Bayern è il possesso, bisogna che lo espongano per poi rubarne la portata. In fase difensiva i movimenti del tridente parigino, almeno nei primi minuti di gara, non rendono tranquillo lo sviluppo della manovra avversaria, i bavaresi uscendo palla a piede si trovano spesso a forzare le giocate e a indirizzarle verso il centro su Thiago e Goretzka, non potendo allargare il gioco: Neymar si posiziona tra Boateng e Alaba, Di Maria oscura il passaggio su Davies e in ombra risulta anche Kimmich schermato da Mbappè.

Il francese campione del mondo, diversamente dai suoi compagni di reparto, ha anche il compito di ripiegare e di mettere pressione a Gnabry. Sulla corsia opposta, invece, la scelta di Flick di affidarsi a Coman non sembra ottenere i risultati sperati, vista la prestazione strepitosa di Kehrer e le difficolta incontrate da Davies nel contrastare in uno contro uno Di Maria e nel leggere le sovrapposizioni del terzino tedesco premiate proprio dalla visione dell’argentino.

Inoltre, la difesa alta e statica del Bayern pare non poter reggere 90’ minuti di palle perse in mezzo e taglienti scatti in verticale del “trio magique”, sempre ben innescato da Paredes, Herrera e Marquinhos. Proprio dai piedi del centrale brasiliano e da un posizionamento errato della difesa rossa nasce la prima vera occasione dalla partita. Con Kimmich andato alto per costruire, Mbappè si ritaglia spazio sulla destra dove riceve il cambio di gioco di Marquinhos. A quel punto Boateng ed Alaba cominciano a correre all’indietro, per evitare l’uno contro uno e diminuire le distanze tra loro e il portiere, ma alle spalle appare Neymar, servito dal compagno di reparto in maniera sublime: il brasiliano va in diagonale di prima intenzione trovando però la risposta miracolosa di Neur, bravo anche ad evitare che sul rimpallo la palla, attesa dal Fideo, finisca in mezzo.

I primi sussulti del Bayern e le risposte del PSG

Il pericolo corso manda su tutte le furie Flick, che richiama la squadra ad essere meno passiva e soprattuto a sfruttare l’alternanza del pressing parigino. La fase difensiva studiata da Tuchel prevede infatti due momenti distinti: il primo è quello in cui si va ad attaccare alti per cercare di rubare palla sugli esterni e andare in transizione, il secondo vuole la squadra bassa e compatta, accettando di lasciare campo agli avversari, potendo usufruire della posizione di Marquinhos, il quale ha il compito di intercettare qualsiasi manovra imbastita per creare pericoli centrali. Proprio il secondo momento permette agli uomini di Flick di sfruttare la fisicità e il senso di posizione di Lewandoski e Muller.

Al 23esimo i bavaresi sviluppano trovando Alphonso libero sulla destra, il canadese prende campo e crossa in mezzo, dove Lewandoski controlla “alla Lewandoski” e in volée stampa la palla sul palo, a Keylor Navas battuto.

La partita comincia ad incendiarsi entrando nel vivo. Alla fiammata Bayern corrisponde quella parigina. I francesi dimostrano di poter giocare in maniera collettiva attraverso l'armonia delle individualità. Herrera anticipa di testa Goretzka, servendo Mbappè che in volo tocca d’esterno per Neymar. Il brasiliano, partendo da sinistra, si accentra, per poi scaricare su Di Maria largo, il quale con un tocco all’indietro per Herrera, lascia che la difesa Bayern si metta in linea per riproporsi alle spalle e, imbeccato nuovamente dallo spagnolo, si ritrova a tu per tu con Neuer ma spara alto.

Mbappè in serata no

Sugli sviluppi di quest’azione Boateng è costretto a lasciare il campo per il fastidio muscolare che lo tormenta dalla semifinale, al suo posto entra Süle. Nel frattempo Davies si prende un giallo per fermare Kehrer che è incontenibile.

Al 31esimo il Bayern, che ha capito quando attaccare, mette in mezzo dalla corsia opposta: dal piede morbido di Kimmich nasce la seconda occasione per Lewandoski. Il polacco in caduta riesce a colpire di testa tra le maglie di Thiago Silva e Kehrer, trovando Navas pronto.

L’azione più pericolosa del primo tempo, però, si genera da una corsa in avanti dei parigini per soffocare l’uscita dalla difesa del Bayern. Al 44’esimo Goretzka non trovando spazio esterno è costretto a darla indietro ad Alaba. L’austriaco in difficolta passa in mezzo con disattenzione e regala palla a Mbappè, che pressato da Kimmich non tira e chiede l’uno-due ad Herrera, il traingolo si chiude è il francese ha tutto lo specchio della porta spalancato: il tiro è un passaggio al portiere, nonché un'instantanea di quella che sarà la partita del talento di Bondy.

La ripresa è un’altra partita

Se il primo tempo scivola via nel segno dell’equilibro e della tecnica individuale assoluta mostrata dai giocatori in campo, la ripresa definisce il valore reale delle due squadre, e la distanza tra l’organizzazione precaria del PSG e quella perfetta dei bavaresi. Il grande merito di Tuchel di creare un gruppo da anteporre all'importanza dei singoli si sgretola alla lunga, con la stanchezza e le difficoltà che riportano i francesi alla brodaglia primordiale degli elementi: ciò a cui il Bayern puntava.

I tedeschi riprendono le ostilità con la palese intenzione di limitare la produzione offensiva degli avversari disunendoli e, per fare ciò, imbeccati da Flick durante l’intervallo, applicano la strategia del terrore, innervosendo gli uomini chiave dei parigini. Prima Gnabry e poi Süle entrano duri su Neymar e Di Maria, agitandone gli umori. Il calcio maschio dei tedeschi fa si che Mbappè esca completamente dal gioco e Neymar si proietti costantemente all’uno contro uno, portando la sfida con i difensori sul piano personale e non collettivo.

La disgregazione parigina, permette al Bayern di conquistare campo e possesso. Al 60esimo la chiave tattica di Flick si rivela vincente. I tedeschi sviluppano una buona azione corale, potendo sviluppare finalmente tutta l’ampiezza del campo e i movimenti degli esterni offensivi. Proprio la posizione di Gnabry permette a Kimmich di stringere all’interno. Il tedesco vede Coman allargarsi alle spalle di Kehrer, lo serve e il francese di testa apre le porte al successo, battendo Neuer.

Più che risposta affermazione

Al vantaggio Bayern non segue una risposta feroce del PSG, anzi i tedeschi, forti del risultato e di un'attitudine mentale elevata, si impegnano al massimo delle proprie possibilità per chiudere i conti, continuando a proporre calcio. Solo uno strepitoso intervento difensivo di Kimpembe in chiusura evita il raddoppio dei teutonici, sugli sviluppi di un’azione insista ancora di Coman, del quale Kehrer ha ormai perso completamente le misure.

Tuchel, capendo le difficoltà dei suoi, lancia nella mischia Verratti, nonostante l’italiano non abbia minimamente la condizione fisica per essere della partita. Proprio dai piedi dell’ex Pescara parte una delle uniche offensive delle ripresa francese. Di Maria imbeccato dal compagno, alle spalle della difesa avversaria, si inventa, con tanto di tunnel ai danni di Alaba, un cross basso sul primo palo dove Marquinhos si avventa trovando, però, l’ennesima risposta di Neuer: insuperabile. Il portiere tedesco dice no al brasiliano e mette con i suoi guantoni al sicuro la parola fine che incombe sul match.

Le fasi finali

Flick cambia i suoi esterni offensivi per mantenere fresca la manovra offensiva. Fuori Coman e Gnabry, dentro Coutinho e Perisic. Tuchel manca di coraggio, ad un Herrera ormai spento preferisce Draxler, ma, nonostante i suoi non abbiano più la forza di risultare pericolosi, non se la sente di mettersi a tre dietro, sostituendo un terzino per una punta. L’ideale sarebbe stato mandare fuori Bernat per Choupo Moting, portando Kehrer al centro. L’attaccante però entra solo allo scadere, prendendo il posto di Di Maria, e il terzino spagnolo affaticato lascia spazio al suo compagno di ruolo Kurzawa.

Fatto sta che ai bavaresi non resta che amministrare in scioltezza in vantaggio, tenendo a bada il solo Neymar, che ormai in proprio da almeno una ventina di minuti, va in cerca di numeri e di falli senza riuscire mai ad impensierire gli avversari, almeno fino al 92esimo.

Memori dell’impresa scritta contro l’Atalanta nei minuti di recupero, i francesi si lanciano avanti alla disperata. È proprio il brasiliano a tracciare una linea di passaggio a Mbappé. Ricevuta palla dal francese, controlla e serve Choupo Moting in mezzo, il quale non trova il tocco vincente né l’assoluzione per i francesi.

La vittoria di Flick

Vince il Bayern, ed è un capolavoro firmato soprattutto dal Hans-Dieter Flick, sconosciuto ai più fino a novembre, che ha trasformato la squadra ereditata da Kovac in una macchina praticamente perfetta, capace di segnare a raffica, di dominare il gioco, di non soffrire dei propri punti deboli e di interpretare al meglio e come vuole ogni fase della partita.