“Odio l'estate, il sole che ogni giorno ci donava, che splendidi tramonti che creava, Adesso brucia solo con furor. Tornerà un altro inverno, cadranno mille petali di rose, la neve coprirà tutte le cose, E il cuore un po' di pace troverà...”

Roma, 6 agosto 2020. L’alba è svanita da poco. Il sole ha già preso il suo posto in un cielo blu limpido, tanto pulito da sembrare una tela, sulla quale scrivere il proprio futuro. Trastevere si è svegliata imbronciata, in lontananza musiche gracchiate escono da radio malamente sintonizzate. Siamo in estate piena, ma il caldo non tormenta, un leggero vento fa primavera. Qualcuno trascina faticosamente un trolley sui sampietrini, facendosi strada tra le bottiglie di vetro e le cartacce, segno di una serata balorda da poco andata. Quel qualcuno sta partendo, è tempo di vacanze e addi, storie d’amore finite, primule mai sbocciate, cantate dai gabbiani in cerca di cibo.

Francesco si è svegliato da poco, non ha mai trovata il tempo per riparare gli scudi di legno, lasciando che la luce abbia preso il ruolo della sveglia. Il jet-lag è fastidioso, ti ricorda che hai vissuto in un altro mondo, anche quando vorresti scordartene. Il frigo è completamente vuoto, ci sono solo uova, forse marce, un pezzetto di guanciale e del pecorino. Fare colazione con una carbonara è allettante, ma lo stomaco sta ancora facendo a pugni con i litri di vino dei castelli, scolati la sera prima, e le Lucky Strike. La bocca è impastata, fradicia.

Non resta che vestirsi velocemente, i panni sono su una vecchia sedia verde consumata, ormai non ci siede più nessuno, tranne le cinture che non si accomodano, fanno come se fossero a casa loro, graffiando, portando via la vernice. Una aggiustata ai capelli con la mano e ci si dirige verso il bar, con l’umore nero come nel giorno dell’addio di De Rossi: un fratello, un figlio, un’amico, un pischello.

Al solito bar, quello Del Cinque, non c’è nessuno, nemmeno i turisti che il Covid sembra aver annientato come scarafaggi. Se sta più n’pace adesso, però quella caciara, quell’andirivieni stanco e straniero ormai faceva un po’ casa. Ci si fa l’abitudine, a tutto. Almeno ci si può sedere e pensare che era meglio quando si stava peggio.

Daniele, il proprietario, si accorge subito di Francesco, lo accoglie. Si siede accanto, dentro si stava un mortorio, almeno due chiacchiere se devono pure fa.

 

  • “Aò, a’ Francè, ce rivedemo!”
  • “Fin quando ce rivedemo, almeno semo vivi.”
  • “Ma ‘ndo sei stato? Altri du’ giorni e toccava annà a Chi l’ha visto.”
  • “In America.”
  • “In America? A trovà a pischella tua sei stato eh? Te possano ammazzà! Ma non è che te sei preso er Covid?
  • “’Nfatti. Stamme lontano che meglio.”
  • “E come è annata?”
  • “Come doveva annà.”
  • “Vabè te sei divertito?”
  • “Si come n’calcio n’culo.”
  • “Avete fatto storie?”
  • “Ce semo lasciati, altro che.”
  • “Ma come? Te vai fino a Boston pe lasciatte?”
  • “Se a regazza tua è de Tor de Quinto, vai a lasciarte a Tor de Quinto. A’ mia è de Boston. Era de Boston.”
  • “Io te l’ho sempre detto, moglie e buoi dei paesi tuoi. Ma a te te piacciono le americane, che so generose. Da quanto tempo stavate nsieme?”
  • “Nove anni.”
  • “Alla faccia, mica ciufoli.”
  • “Ennò.”
  • “E perchè ve siete lasciati?”
  • “Ma che te devo di. N’amo mai fatto niente de importante. Quanno ce siamo messi insieme, parevamo er Presidente e a First Lady. Ma strigni, strigni, c’amo conluso? Se doveva annà cosi, mejo lasciasse.”
  • “Come che se chiamava? Me scordo sempre.”
  • “Franka.”
  • “Ah si, Franka. Pallotta o sbajò?”
  • “Pallotta, Pallotta.”
  • “Ma n’dovevate pija casa?”
  • “A Tor De Valle, avevamo chiesto n’mutuo. C’avevano pure dato, pure e’ concessioni. Cioè avevamo preso n’terreno. Però tra er Comune, e carte, e richieste, non s’è fatto niente. C’ho più debiti de prima e manco casa nova.”
  • “C’hai buffi? N’atra volta? Co Unicredit?”
  • “Magari. Non so manco con chi ce l’ho. Roba che domani mattina me trovo i cravattari sotto ar palazzo.”
  • “A quanto ammonta er debito?”
  • “300!”
  • “Me cojoni. E n’do li piji?”
  • “Mo vedemo.”
  • “Te, come stai?”
  • “E come devo sta? Cosi.”
  • “Vabbè qualcosa nsieme l’avete pure fatta o no? Te lascia qualcosa sta storia?”
  • “Ma che me lascia. Più dolori che gioie. C’amo fatto? Nel 2013 all’ultimo minuto l’ho scoperta con un bosniaco, che tra l’altro m’era cugino. E me so detto, perdonamola. Nel 2017 m’ha fatto litiga con er migliore amico mio, pe me era er Re de Roma. Nel 2019 pure m’ha fatto rompe con fratello, me ricordo stavamo con na banda de Parma. C’amo fatto? Solo nel 2018 ce semo fatti na bella vacanza a Barcellona, emozionante, e semo arrivati in macchina fino a Liverpool. Poi ce ne semo tornati, però non potevo chiede de più.”
  • “Non te pena. Te rimetti in sella e te scordi tutto. Se chiude una porta e se apre un portone. Sai come se dice.”
  • “Speramo.”
  • “Proprio sta notte, erano e quattro. Di fronte ar palazzo mio, stavo affacciato e me so imbattuto in una. Bona, bona come er pane. Mi moglie stava a dormi, le ho fatto con la mano cosi, e quella m’ha salutato. Ce semo messi a parlà. Se chiama Dan, o Daniela, manco ho capito. De cognome fa tipo amici in inglese…”
  • “Friends?”
  • “No, no. Simile. Me pare Friedkin. Comunque. Americana come te piace a te. Viene dar Texas. Se è trasferita qui. Ha preso casa pe 591! Non so se mi spiego! Dice che sta piena de dollari. Lavora che’machine giapponesi, guida gli aeroplani, gioca a golf, ce piace er Basket. Na matta! Na matta! Però bona. Secondo me te po piace!2
  • “Dici?”
  • “Dico, però t’avviso. Nun me sembra una facile. Tocca fa sur serio.”
  • “Io è na vita, che voglio fa sur serio, voglio fa qualcosa de mportante. Costrui insomma, ottenè qualcosa n’a vita. Fosse a vorta buona.”
  • “E fosse si, me farebbe piacere da pazzi. Senti fa na cosa, stasera, io lascio er bar a Fonseca, che tanto sta facendo bene. Vieni a magna a casa mia, ce mettiamo fori al balcone, appena a’vediamo, a’salutiamo, magara a n’vitiamo. E zac! A conosci. Poi da cosa nasce cosa, o sai meglio de me.”
  • “Dici?”
  • “Dico.”
  • “E allò, che faccio vengo?”
  • “Vieni, so sicuro che se divertimo con Dan.”
  • “Se divertimo? Magara.”
  • “Se divertimo, se divertimo. Adesso fammi entra che sta a veni gente. Te portò qualcosa?”
  • “Lascia perde, me sa che me vado a mettere nel letto n’artra volta. Che n’ce sto a capi niente. Ce vedemo stasera?”
  • “A stasera. Nun fa tardi che mi moglie chi la sente. Te faccio diverti. Dan ce fa diverti.”
  • “Volesse er Dio, volesse”.