Da talento precoce a promessa incompiuta, questa è la sintesi della storia calcistica di Luigi Sartor. Una carriera fatta di alti, forse raggiunti fin troppo presto e di bassi, trascorsi per lo più fuori dal rettangolo verde, costernati dai tanti infortuni, panchine, malumori e tribune da separato in casa. Eppure, la sua storia calcistica per come è iniziata ha dell’incredibile, un giorno gli dissero quando ancora era un adolescente: “affrettati a prendere il giornale, ti ha comprato la Juventus”. Da ragazzino ansimante, analizzò per filo e per segno tutte le pagine inerenti le notizie di calciomercato ma non riuscì a trovare nemmeno una riga del suo clamoroso acquisto. Quando oramai pensava che si trattasse soltanto di un brutto scherzo gli dissero: “stai guardando nelle pagine sbagliate, perché non è nella sezione delle trattative minori che troverai la notizia”.

Così il giovane Luigi alzò lo sguardo più accuratamente ed ebbe un salto cuore: Il titolone della pagina recitava più o meno così: “gran colpo della Juve, preso il baby talento Luigi Sartor”. Un inizio di carriera da star, coincisa con un trasferimento da record, infatti quando la Juventus lo prelevò dalle giovanili del Padova nel lontano 1992, versò un miliardo di vecchie lire per accaparrarselo in una lotta serrata con il Milan. Un vero e proprio primato perché sino a quel momento per nessun minorenne era mai stata pagata una cifra tanto elevata. Ma come molto spesso accade anche per i giovani calciatori di oggi, Mr. Miliardo, come fu ribattezzato in seguito al suo passaggio in bianconero, non aveva ancora la forza mentale necessaria per resistere a un “impatto” del genere che per lui evidentemente fu devastante.

La sua carriera con la Juventus cominciò il 6 dicembre del ’92, coinciso con il suo esordio in serie A, e terminò lo stesso giorno. A Firenze, infatti, Giovanni Trapattoni, in piena emergenza difensiva, aveva bisogno di un terzino per colmare il vuoto della sua formazione, così non ci pensò su due volte e buttò nella mischia quel timido ragazzino, quasi maggiorenne, su cui la Juventus credeva molto affinché diventasse un campione. Purtroppo per lui ne combinò di tutti i colori spianando la strada agli avversari per la vittoria finale, chiudendo così la sua prima presenza con tanti errori tecnici e perfino un autogol:

«Nello stadio mi tremavano le gambe, è una sensazione che non si può descrivere. Ero agitato, non mi sentivo pronto. Feci autogol e perdemmo due a zero». Intervista alla Repubblica

Dopo quell’amaro esordio non avrebbe mai più messo piede in campo con la maglia bianconera indosso, si segnalerà soltanto per un'altra presenza in coppa UEFA, vinta quell’anno, in cui tuttavia sarà il più giovane esordiente della storia Juventina in una competizione europea, per il resto verrà girato, di fretta e furia, in prestito a farsi le ossa, tra i vari campi di provincia, fino al suo trasferimento definitivo al Vicenza di Guidolin.

Eppure, con i veneti dimostrò di avere la stoffa per ottenere un posto nel calcio che conta, infatti nella seconda metà degli anni Novanta, Luigi Sartor era considerato uno dei difensori più promettenti d’Italia, mostrando anche una certa duttilità tattica dato che era in grado di ricoprire più ruoli del reparto difensivo, terzino destro, difensore centrale e all’occorrenza anche terzino sinistro. Nonostante le riserve della Juventus che lo aveva sedotto e poi abbandonato, il calciatore c’era e infatti dopo Vicenza fece parte di altri grandi club: l’Inter, il super Parma e la Roma. Ma purtroppo per lui non riusciva a gestire bene le sue emozioni, le pressioni delle grandi piazze e soprattutto le responsabilità che il suo ruolo gli imponeva di avere sul campo. Dimostrava a sé stesso e agli altri di saper recuperare mentalità e condizione salvo poi riprecipitare nei suoi soliti tormenti da persona alle volte un po’ introversa, alle volte un po’ riservata.
Eppure, il giocatore quando stava bene era di quelli importanti, infatti, dal titolo europeo conquistato con l’Under 21 di Nesta, Totti e Cannavaro al grande salto nella nazionale maggiore il passo fu breve, anche se solo per due apparizioni, una a distanza di quattro anni dall’altra, che lo fecero sperare per una convocazione ai Mondiali di Francia del '98.
Ma allora come spiegare una prima parte di carriera così importante con la pochezza delle stagioni successive, nel nuovo millennio, che lo hanno visto peregrinare da una piazza all'altra raccogliendo solo delusioni su delusioni e pochissime presenze sul campo? Innanzitutto, come accade molto spesso anche nel calcio di oggi si può certamente parlare, nel suo caso, di un’eccessiva valutazione data al calciatore quando ancora era poco più di un ragazzino: Sartor, che comunque, dopo l’esperienza in bianconero, aveva dimostrato a Vicenza di essere uno dei terzini italiani più promettenti forse, evidentemente, non è mai stato all'altezza delle elevate aspettative che si erano create sul suo conto e che lo avevano poi portato a deludere nelle grandi occasioni della sua vita e cioè alla Juventus e all’Inter che lo acquistarono a cifre importanti.
Una sopravalutazione che ha finito per incidere negativamente anche sulle scelte del calciatore, visto che ha passato gran parte del tempo tra panchina e tribuna, soprattutto nelle grandi squadre, piuttosto che rimettersi in discussione in una realtà di provincia magari più adatta alle sue reali capacità come dirà lui stesso in un’intervista alla Repubblica:

«Io non mi sono mai sentito un campione: al posto dei piedi ho dei ferri da stiro, non ero bravo tecnicamente. Però ero velocissimo e ho costruito la mia carriera sempre sullo stesso schema: lasciavo entrare l’avversario e, quando si allungava la palla, io scattavo, lo affiancavo, lo superavo, e gliela portavo via. Tutto qua. Se li avessi affrontati frontalmente, gli attaccanti mi avrebbero probabilmente dribblato senza grosse difficoltà».

Ovviamente anche i continui infortuni, il primo piuttosto grave subito nel 1996, lo hanno martellato fino a condizionarne negativamente il rendimento e il prosieguo della sua carriera, rovinando, di conseguenza, anche il buono che era riuscito a mostrare nei suoi anni migliori. A ogni sua disavventura ritorna spesso in mente quel suo sguardo fermo sempre vigile, un po’ rattristato, un po’ perso nel vuoto, con quell’ atteggiamento tipico di un ragazzo molto emotivo e allo stesso tempo riservato che forse cercava sempre di proteggersi da qualcosa o qualcuno ma più probabilmente da sé stesso. Non a caso dopo aver smesso di giocare, ha avuto una vita piuttosto complicata: tra il coinvolgimento nel processo per calcioscommesse, per cui ha accettato la prescrizione, alle presunte accuse per maltrattamenti da parte dell’ex compagna fino a due anni fa, l’arresto per aver coltivato piante di marijuana all’interno di una serra. Questa è la conclusione di una parabola triste, cominciata da promessa del calcio italiano con un trasferimento da record alla Juventus fino alla conclusione di una carriera che poteva essere divina ma che di fatto non è mai decollata come avrebbe voluto. Nonostante i rimpianti che sono davvero tanti, può vantare un palmares di tutto rispetto, rimanendo comunque primatista di un piccolo record ancora non eguagliato da nessun calciatore italiano: infatti è l’unico ad aver vinto tre Coppe Uefa con tre club diversi (Juventus, Inter e Parma). E Quando gli chiedono se lui ha rimpianti risponde così:

«Vuole la morale della storia? Non c’è. O forse è quella che mi insegnavano mamma e papà quand’ero bambino: la vita ti mette davanti a scelte giuste o sbagliate, spetta a te imboccare la strada corretta. E se non ce la fai, alla fine, c’è sempre un prezzo da pagare».

Questa la storia di Mr. Miliardo Luigi Sartor.

Ciccio