Ci sono calciatori che hanno lasciato dei ricordi indelebili a tantissimi tifosi anche se non hanno mai vinto nulla di importante a livello di trofei, grazie alla tanta gavetta e alla grande forza di volontà nel superare qualsiasi ostacolo. Uno di questi è di origine bolzanese, classe 1969, con una lunghissima carriera vissuta tra serie C e cadetteria di cui ne è diventato, nel tempo, letteralmente il re assoluto. con un cognome un po’ tedesco un po’ polacco ma italianissimo a tutti gli effetti: lui è l’indomabile Stefan Schwoch. Un attaccante che è riuscito grazie alle sue grandi qualità, ad essere un idolo di una tifoseria “particolare” come quella napoletana, ma non solo.
La carriera di Schwoch non è di quelle costruite su dei facili trionfalismi: il centravanti trentino, infatti, ha dovuto sgomitare parecchio, tra le varie serie minori del calcio nostrano, prima di riuscire ad approdare in Serie A e soprattutto in Serie B di cui ne diventerà il padrone assoluto.
Una vita calcistica vissuta tra la sabbia e l’erba dei campetti di provincia, passando dai campionati interregionali al dilettantismo, per la C2 e la C1, il tutto segnando sempre caterve di gol in tutti i modi possibili. Ma in particolare è alla serie B, come dicevamo, che Stefan legherà, senza saperlo, la sua lunghissima carriera: non solo perché ha “trascinato” diverse squadre verso la massima serie ma soprattutto per il record di marcature messe a segno che lo rendono ancora oggi,  con 135 reti all’attivo, l'attaccante che ha segnato di più (una in più di Daniele Cacia e due in più di Caracciolo).

Gli inizi di carriera

Schwoch per tutta la sua carriera ha dovuto fare i conti con le difficoltà dei duri campi di provincia, quelli in cui la gente o ti ama o ti odia senza mezze misure. È lì che ha iniziato la sua corsa ad ostacoli, con una scalata che ormai nel calcio di oggi è sempre più difficile da poter replicare. Stefan era un attaccante atipico, con un fisico da “muratore”, uno di quelli che sapevano come mettere la palla in rete in ogni modo possibile. Perché Schwoch era l’uomo dei tiri deviati, delle carambole sull’avversario, del gol di rapina, degli assist di collo pieno ma anche quello dalla grande tecnica individuale e della finezza davanti alla porta.

Con queste premesse è a partire dall’estate del 1989, che l’altoatesino ha la possibilità di vivere la sua prima esperienza, in C2, con un club di calcio professionistico: per l’appunto la SPAL.Gli emiliani puntano forte su di lui, appena ventenne, schierandolo da ala ma il salto di categoria e il ruolo affidatogli si fecero sentire e infatti, in 24 partite riuscì a segnare appena una rete, risultati che lo riporteranno nuovamente in serie D ed esattamente al Crevalcore. Qui viene schierato da punta centrale e di fatti non delude le attese: in due anni, Stefan riesce a realizzare ben 30 reti attirando su di sé le attenzioni di diversi club di serie C. Ma è a Ravenna, in C1, chew avvenne la fatidica svolta. Mette a segno la bellezza di ventuno gol in trentatré partite, contribuendo alla promozione dei ravennati in Serie B e alla loro successiva salvezza, mantenendo la categoria nonostante la partenza con tre punti di penalizzazione.
Dopo aver portato il Ravenna in gloria, tutti volevano Schwoch, soprattutto in cadetteria ma chi riuscì a spuntarla fu il Venezia del presidente Maurizio Zamparini e dell’allenatore Walter Alfredo Novellino, già avuto a Ravenna, con il quale instaurerà un rapporto speciale.
Anche con i lagunari non delude le attese e contribuisce ad una storica promozione in serie A dove vuole essere assolutamente un protagonista. Purtroppo per il Venezia e per lui la stagione nella massima serie si rivelerà quasi un disastro, saranno appena due i gol messi a segno in quattordici incontri senza sapere che quella sarebbe stata la sua unica esperienza in massima serie. Chiuso da Maniero e Recoba, a gennaio, la società di Zamparini, entra in trattativa con il Napoli e decide di cederlo, in serie B, al club di Ferlaino.

Stefan Schwoch ed una grande avventura: il Napoli

Altro giro altra corsa ancora in B, ma questa volta non in una città qualunque ma in quella del sole e del mare e cioè la bella Napoli. Schwoch ci arriva da trentenne, quindi da calciatore navigato e con alle spalle una grande esperienza ma questo non gli impedirà affatto di diventare un idolo assoluto per i tifosi napoletani.

Il bolzanino arrivato nel mercato di riparazione del 1999 aveva l’obiettivo chiaro di risollevare le sorti di un club caduto oramai in disgrazia e che chiedeva a gran voce di ritornare, il più in fretta possibile, nella massima serie. Gli anni fantastici di Maradoniana memoria erano soltanto un lontano ricordo e infatti nel 1998 il Napoli aveva chiuso la sua avventura in A all’ultimissimo posto con sole due vittorie e l’amarissimo record di 24 sconfitte in 34 partite. E a chi pensava ad una facile risalita dovette subito ricredersi perché in B le cose non andavano molto meglio: infatti il Napoli di Renzo Ulivieri stentava tantissimo e chiuse quella stagione con un anonimo decimo posto in cui comunque Stefan si era messo in mostra segnando sei gol in 22 partite ma era chiaro che occorresse un netto cambiamento. E così fu, infatti nella stagione successiva , 1999/2000, il Napoli per ripartire si affida a Walter Alfredo Novellino e soprattutto a Schwoch, e lui non delude affatto facendo innamorare letteralmente i napoletani. Con quei capelli da Hippy e con le sue splendide giocate il San Paolo sarà tutto per lui, trascina letteralmente il Napoli a suon di gol, mettendone a segno ben 22 in tutto il campionato, facendo registrare un record che verrà battuto successivamente solo da calciatori del calibro di Higuain e Cavani.

Porterà il Napoli a conquistare la promozione vincendo il campionato. Un amore dicevamo testimoniato, ad esempio, da un ricordo di un Napoli-Brescia, penultima gara casalinga di Serie B, del 28 maggio 2000, in cui tutto il San Paolo gremito, con circa 70mila spettatori lo ha omaggiato con una coreografia da paura, alzando al cielo tutti i cartelli con il suo numero 9 invocato a gran voce. Ma purtroppo per lui la splendida avventura partenopea sarà destinata a chiudersi ben presto poiché alle porte del Napoli busserà un’altra nobile decaduta come il Torino, nel frattempo finito in B, che con un assegno da 11 miliardi porterà Stefan all’ombra della Mole per tentare una rapida risalita. Dunque l’ennesima fine di un sogno che lo avevano visto grande protagonista ma che ancora una volta non gli permise di andare in serie A come avrebbe voluto e soprattutto meritato.

L’ultima avventura: il Vicenza

Detto del Torino che trascinerà nemmeno a dirlo in serie A, ancora una volta sarà “costretto”, ormai trentaduenne a trasferirsi nuovamente in B, nel 2001, questa volta alla corte del Vicenza che sarà il suo ultimo club in carriera. In Veneto ci rimane per otto stagioni ma questa volta nonostante tutto non riesce nell’impresa di conquistare la sua quarta promozione in A con 4 club diversi. Ci andò vicino con Andrea Mandorlini allenatore ma fu soltanto un barlume di speranza in mezzo al caos più totale, poiché le annate successive saranno molto difficili per via dei gravi problemi societari. Nonostante il suo enorme apporto, il Vicenza arranca, si aggrappa a lui più che può salvandosi sempre all’ultimo respiro, ma nel gennaio del 2005 tutto stava per cambiare perché a Stefan arriva un’offerta dalla serie C che tanto la farà vacillare: si trattava dell’ambizioso Napoli di Aurelio De Laurentiis. Schwoch ci pensa, non può rimanere indifferente senza ripensare al grande amore avuto per lui dal pubblico del San Paolo.  Non ne fa nemmeno una questione di soldi per lui si tratta soltanto di una scelta di cuore.

Ma dopo una lunga riflessione e a 35 anni suonati decide di rifiutare, vuoi perché si dice che il figlioletto al solo pensiero di trasferirsi a Napoli era scoppiato in lacrime, vuoi perché a quell’età ricominciare dalla serie C sarebbe stato rischioso, fatto sta che Stefan è un uomo di cuore e al cuore non si comanda mai, poiché principalmente non volle deludere il benessere della sua famiglia. Dunque nonostante i tentennamenti alla fine decide di restare a Vicenza.
“Tanto lo so, tanto lo so segna sempre Stefan Schwoch”.
Con questo coro, la tifoseria biancorossa, non farà mancare mai il proprio affetto al suo grande capitano adottandolo e amandolo come si farebbe con un figlio. Lui ricambierà questo sentimento come meglio sapeva fare: e cioè a suon di gol.

L'ADDIO AL CALCIO

Trascinerà, nel corso del tempo, con tutte le sue forze, il club pur di fargli mantenere almeno la cadetteria. Saranno anni molto difficili: tra i continui cambi di allenatori, i diversi passaggi societari, le salvezze raggiunte all’ultimo respiro, le false promesse e i sogni mai realizzati. Ma lui c’è sempre, non abbandonerà mai la nave che stava per affondare, ma come tutte le cose nulla è mai eterno e infatti il 1° giugno 2008, per Vicenza fu un giorno molto triste perché Stefan Schwoch avrebbe giocato la sua ultima partita in carriera. Con lui non se ne andava soltanto un calciatore ma forse anche quella consapevolezza insita nei tifosi biancorossi che da quel momento in poi non ci sarebbe mai stato più nessuno a lottare per quella maglia come aveva fatto il loro capitano in quegli otto anni di sudore, sacrifici e rinunce.

Poco “importa” se sarà il miglior marcatore della storia del Vicenza, 81 gol in 235 presenze, poco importa se la serie A l’ha soltanto accarezzata senza mai poterla vivere da protagonista nonostante se la sia guadagnata sul campo in più di un occasione, poco importa se non è mai riuscito a vincere nessun trofeo quello che è più importante è essere riuscito a entrare nel cuore dei tifosi di mezza Italia e soprattutto di quelli napoletani che non sono abituati ad amare il primo che capita.
Quella è un’impresa non da tutti, ma soltanto per chi come lui è un eroe del calcio e per chi come lui nel tempo è diventato in senso assoluto il “Signore della serie B”.