Il Napoli martorizzato a Bergamo da un’Atalanta mai doma si specchia nel volto di Gattuso: spento, nervoso, sguardo quasi rassegnato. Ricordate Ringhio in panchina prima dell’estate? Era un leone in gabbia, trasmetteva la sua decantata grinta con un battito di ciglia. Oggi il suo Napoli, malaticcio e fragile, è ridotto al minimo dei minimi da una preparazione evidentemente sbagliata dello staff tecnico, e da una gestione da parte del medico sociale da discutere a lungo. Ai tempi del dottor De Nicola, gli infortuni erano un episodio raro. Oggi la quantità imbarazzante di acciacchi seriali, che si accumulano gli uni sugli altri, fanno quasi pensare a una iettatura.
Ma così non è. Non siamo ai tempi delle streghe. Piuttosto Raffaele Canonico, medico sociale subentrato a De Nicola (per espresso volere di Ancelotti, ndr), non può non aver sbagliato più di un approccio, altrimenti la squadra non perderebbe pezzi come una vecchia carretta in balìa di una tempesta. E’ vero si gioca ogni tre giorni, il calendario quest’anno è asfissiante, ma nessuna squadra in Italia ha il numero degli infortuni del Napoli. A Bergamo si è fermato pure Insigne, poco prima di scendere in campo. Poi Osimhen è caduto esanime, e questa è iella pura.
Altra storia.

La partita: Napoli reduce da 3 ko esterni di fila, fra campionato e Coppa, Atalanta che non vince in casa da tre turni. 
Avvio del Napoli tutt’altro che da cuor di leoni. Subisce da subito. La fase offensiva degli azzurri è vaporosa, fa appena il solletico ai bergamaschi per un tempo intero. Il Napoli si muove trafelato, sembrano undici convalescenti, anche quelli che-fra virgolette, stanno bene. Va sotto, ma il redivivo Politano ricama per Zielinski. E fa 1-1. Gli azzurri si destano, rientrano in partita. Ma nel momento loro migliore, quando paiono girare attorno alla prospettiva di un miracolo, vengono travolti. La superiorità del gruppo di Gasperini è stata schiacciante. Il Napoli in due frangenti ha illuso di  poter rientrare in corsa, ma poi si è sfasciato. Divario tecnico evidente fra un’Atalanta in discreta forma e un Napoli che ha mezza squadra in infermeria ed il morale sotto i tacchetti.
Capitolo Osimhen: delude ancora il nigeriano. Perde palla, sbaglia gli appoggi, non affonda mai gli artigli. Romero lo contiene alla perfezione, senza spolmonarsi. Il nigeriano è stato un cliente facile facile. Si teme quasi Osimhen peggiori di gara in gara, al posto di ritrovare la condizione va all’indietro. A Bergamo, di lui si ricorda solo un colpo di testa scheggiato da Romero appunto, nel primo tempo, e troppo poco altro. Fa notizia piuttosto il brutto colpo che lo ha mandato d’urgenza in uno degli ospedali più travagliati d’Italia. Il ragazzo è tormentato da sfortuna epocale, ma da parte sua è la quarta volta che parte titolare e ha puntualmente fatto il solletico alle retroguardie avversarie. Ci si aspetta molto di più da lui. Per ora, poiché è ancora lontano dalla forma, che almeno un guizzo, un tiro decente, un affondo lo facccia. Invece, gira troppo a vuoto.Se l’attacco non punge, la difesa è comica. Certo, mancano i centrali titolari ma gli esterni e soprattutto Maksimović e Rrahmani, che tanto avevano fatto bene contro la Juve ma solo in quell’occasione, sono di un’inaffidabilità disarmante. Su ognuno dei 4 gol dell’Atalanta c’è stata un’evidente defaillance difensiva. Meno forse sul primo, dove Mario Rui ha appena visto decollare il gigante Zapata. Gravi quelle sui tre successivi. Difesa che ha subìto sei gol negli ultimi 180′. Come sempre poco protetta da un centrocampo sguarnito. E flaccido. Vedesi quel passaggio all’indietro di Bakayoko, uno che a volte pare stia in campo con le cuffiette nelle orecchie. Teorema Gattuso del 4-2-3-1, un fallimento negli ultimi mesi.
Da esonero immediato.
Aggiungiamo che per il Napoli si tratta della sesta sconfitta in campionato nelle ultime 12. Una media che a tutto fa pensare fuorché a una qualificazione Champions. In una stagione in cui si perdono pezzi (infortuni continui) e ogni progetto gli sfugge di mano, il Napoli si avvia ad essere fuori da tutto. Da ogni ambizione annuale. E’ meglio non parlarne.
E difatti è scattata, puntuale, l’ora del silenzio stampa.