Referendum per l'indipendenza della Catalogna dalla Spagna. Non siamo qui per parlare del fatto politico e neppure di quello di cronaca.

Questo è un sito di calcio, dove si viene per stare leggeri e per litigare di calcio, non di politica. Quindi chiarisco subito che quanto scrivo di seguito non è un giudizio su quanto sta accadendo, ma solo un'analisi sui rischi che il calcio delle multinazionali economiche del pallone corre a vivere in un mondo ancorato a istituzioni ottocentesche. Occorrerebbe scegliere quale strada si vuole seguire.

Intanto iniziamo con lo specificare una cosa, per sommi capi ovviamente, trovate tutto bene spiegato su Internet se lo andate a cercare.
Le squadre di calcio professionistiche, per la partecipazione ai tornei internazionali, sono legate al vincolo dell'appartenenza alla federazione nazionale competente per territorio, a patto che detta federazione sia riconosciuta dalla Federazione Internazionale che organizza l'evento. Eventuali deroghe sono possibili, ma affatto scontate, soprattutto se la federazione nazionale competente si dovesse mettere di traverso.
Per fare un esempio, il Monaco, quello francese, gioca in Francia in quanto affiliato alla Federazione Francese, affiliazione riconosciuta e accettata da Uefa e Fifa, cosa che gli permette di partecipare a tutte le competizioni internazionali.

Problema Barcellona.
Il Sindaco della città Catalana ha detto che il Barcellona potrebbe giocare in un altro campionato, come quello italiano. Non è vero, con grande dispiacere di tutti gli antijuventini (non solo perchè non ci sarà nessun avversario contro la Juve, ma perchè non potrà nemmeno accadere che la Juve possa andarsene dall'Italia) non si può fare.

Se la Catalogna divenisse indipendente dalla Spagna dovrebbe seguire una delle strade consone: restare affiliata alla federazione spagnola e sperare che l'Uefa e la Fifa, coltre che la Federazione Spagnola, accettino questa situazione (e la vedo dura dura); divenire una federazione nazionale indipendente, con un proprio campionato e farsi riconoscere da Uefa e Fifa (che non si sa quanto andrebbero allo scontro frontale con la Spagna); il Barcellona potrebbe chiedere l'affiliazione ad un differente campionato, previa accettazione della Federazione di ingresso (il cui stato avrebbe non pochi attriti con la Spagna), e deroga ai regolamenti internazionali di Uefa e Fifa (con la Spagna che si metterebbe di traverso e con il rischio di creare un precedente pericoloso).
Eh sì, perché il Barcellona non è una squadra normale. Sposta gli equilibri (non come Bonucci, ma sul serio) non solo economici.
Quindi la Spagna non accetterà mai che se ne vada, non solo per motivi economici, ma anche per motivi politici.
Sarà un arma in mano alla Spagna o alla Catalogna? Non si sa, me non se ne andrà all'estero, non arriverà in Italia.

Quanto sia complicata la situazione lo dimostra quanto accaduto domenica.
Richiesta di rinvio della partita. Rifiuto della Federazione Spagnola (chiaramente per disturbare la Catalogna); partita giocata a porte chiuse per non perdere a tavolino; tifosi incazzati perché la partita è stata giocata; dimissioni di tre consiglieri del Barcellona; partecipazione della squadra allo sciopero generale indetto dalle autorità Catalane; figuraccia.
Il Barcellona non sa cosa fare: non può scontentare la Federazione Spagnola, che risponde al governo antiindipendentista, ma non può neppure scontentare la popolazione catalana (i suoi tifosi e anche i non tifosi che vedono la squadra come un simbolo e sperano diventi un simbolo della propria lotta) indipendentista.
Se non fosse una multinazionale potrebbe non preoccuparsi dei soldi e agire secondo coscienza. Ma così i problemi sono appena iniziati. Pensate quando i giocatori catalani rifiuteranno la convocazione della Nazionale Spagnola, che la Federazione li sanzionerà squalificandoli. Oppure non la rifiuteranno e, allora, come la prenderanno i tifosi?

Il calcio non è esente da ciò che accade nella società e, il calcio moderno, non è più un gioco, ma un business che muove milioni di euro. Occorre cominciare a trattarlo come tale, non solo per rispetto dei tifosi, ma per rispetto dei lavoratori che vivono su questo business. E non solo dei Raiola o dei Mendes ma, soprattutto, dei commessi e dei magazzinieri dei negozi, degli autisti dei giocatori e di chi lavora nell’indotto.

Quindi attenzione: il Barcellona non giocherà in Italia, o forse sì, ma se dovesse capitare occorrerà ricordarsi di due cose.
La prima è che, come al solito, non siamo stati capaci di imporci per niente(migranti, agricoltura, industria) in Europa, ma saremo disposti a litigare e imporci per il calcio ai danni della Spagna?
La seconda è che si tratterà solo dell’ennesima deroga alle regole dettata non dal buon senso o dalla giustizia, ma dal denaro. E un Barcellona in Italia non sarebbe una vittoria.

Il perché non sarebbe una vittoria ve lo spiegherò se e quando accadrà.