“Io non parlo di Cholismo. Ma il calcio è bello perché aperto all’interpretazione, tutti in un certo senso hanno ragione. Credo solo che non basti il talento per vincere»

Basterebbe questa affermazione per identificare il credo calcistico di Diego Pablo Simeone da quando ha forgiato il suo regno all’Atletico Madrid. Il Cholo rappresenta il simbolo del sacrificio al servizio del gruppo, il culto del lavoro a sostegno di una “fede” contrastante con la vanità, la megalomania e soprattutto la ricchezza dei  “potenti. Simeone con il suo carisma, i suoi gesti plateali, con il grande amore mostrato verso il suo pubblico e soprattutto con i grandi risultati ottenuti nel tempo è diventato una specie di “semidio” per tutti i tifosi dell’Atlético, che lo venerano, lo idolatrano e sarebbero disposti a tutto pur di seguirlo nella sua battaglia e nel suo “credo” calcistico. Lui rappresenta il guerriero del popolo colui che li guiderà verso la conquista della gloria, il condottiero indomito simbolo della rinascita e della rivalsa di Davide contro Golia.

È con queste premesse che si può collocare l’inizio dell’avvento del Cholismo nel mondo del calcio ed esattamente ad una data ben precisa: 23 dicembre 2011, cioè il giorno in cui Diego Pablo Simeone atterra da Avellaneda, città del Racing, a Madrid per essere annunciato come nuovo allenatore dei Colchoneros. In realtà per lui si trattó di un ritorno alle origini, come una specie di figliol prodigo che ha sempre qualcosa da farsi perdonare nonostante con quella maglia indosso, da giocatore, si era già fatto apprezzare dal grande pubblico del Vicente Calderon, oggi Wanda Metropolitano, per la magnifica “garra” messa sul campo oltre che per i trofei vinti, una Liga e una Copa del Rey, in quel lontanissimo 1996.

Da quel momento in poi è come se il tempo per l’Atlético Madrid si fosse fermato, sono più le volte in cui è stato a un passo dal baratro che quelle in cui è riemerso, rimanendo costantemente indietro rispetto alle principali antagoniste Real e Barcellona. Ma la sua storia cambierà inconsapevolmente e nella maniera più casuale possibile ed esattamente quando i Colchoneros verranno eliminati dalla Coppa del Rey, nella stagione 2011 – 12, addirittura da una squadra di terza serie, l’Albacete, e il tecnico di allora Gregorio Manzano venne sollevato dall’incarico. Simeone è una scommessa, una di quelle scelte “folli” che vengono prese quando difficilmente puoi essere più disperato di così.
Sino a quel momento il Cholo non aveva chissà quale grande carriera di allenatore sulle spalle, in fin dei conti aveva allenato solamente in patria e per un piccolo scorcio di campionato, 18 partite, in Serie A conquistando un’incredibile salvezza con la colonia argentina del Catania. Quindi una scelta apparsa, ai tempi, assolutamente incomprensibile anche agli occhi degli stessi tifosi colchoneros nonostante i trascorsi storici da giocatore con quella maglia. Quando Simeone prese le redini in mano, l’Atleti era una squadra completamente allo sbando, undicesimo in campionato, eliminato malamente dalla Copa del Rey, con il pubblico inferocito e con la sola Europa League da portare avanti come ancora di salvezza. Nonostante lo scetticismo nei suoi confronti, Simeone a fine stagione stupirà tutti con dei risultati incredibili, zittendo anche i tifosi e gli addetti ai lavori più scettici. Infatti mentre l’altra metà della città di Madrid si apprestava a festeggiare il titolo di campione di Spagna, vinto dal Real di José Mourinho, la parte colchonera sotto la guida del Cholo riuscì a riemergere dalle ceneri.
L’Atletico fece una rimonta pazzesca scalando diverse posizioni di classifica in Liga e finendo il campionato al quinto posto dall’undicesima posizione. Ma l’impresa più grande fu quella di riuscire ad aggiudicarsi la finale d’Europa League a Bucarest, vinta proprio contro gli spagnoli, baschi, dell’Athletic Bilbao guidati dal “Loco” Marcelo Bielsa con un netto 3-0. L’anno seguente, la prima stagione intera del Cholo si aprì subito con una netta vittoria in Supercoppa europea, impartendo una vera e propria lezione di calcio, con il risultato di 4 a 1, agli allora campioni d’Europa in carica del Chelsea, riuscendo inoltre a concludere la stagione con la vittoria della Coppa del Rey, nel derby finale giocato al Bernabeu contro il Real Madrid, sollevando la coppa al cielo davanti ai tifosi delle Merengues.

Ma il punto più alto della sua carriera è sicuramente nel 2014, quando l’incornata di Diego Godín, uno dei principali artefici e leader del Cholismo, vale la conquista della prima Liga per l'Atletico Madrid dopo quasi un ventennio dall’ultima volta proprio con Simeone da giocatore. Ed è sempre nello stesso anno che inoltre riesce solo a sfiorare la conquista della Champions League nel derby di Madrid che questa volta gli costò molto caro: la finale di Lisbona infatti sorrise al Real dopo che Sergio Ramos a pochi secondi dal termine del match, grazie a un grande colpo di testa, riuscì a firmare il clamoroso gol del pareggio distruggendo emotivamente la squadra di Simeone; poi Letteralmente crollata, nei tempi supplementari, con il risultato finale di 4 a 1 per le Merengues. Stessa medesima sorte che si ripeterà solo due anni dopo nella finale di San Siro, a Milano, sempre con il Real Madrid ma questa volta per i Colchoneros risulterà fatale, dopo 120 minuti giocati sul filo del rasoio, la lotteria dei calci di rigore, il resto è storia recente.
Alla luce dei grandi risultati raggiunti da Simeone in un lustro da allenatore dell’Atletico di Madrid e della dimensione raggiunta in Europa e in Spagna dai colchoneros è giusto identificare, oggi, il Cholismo soltanto come uno stile di gioco antico, antieuropeista e soprattutto poco evoluto?
La squadra che nel primo periodo di Simeone all’Atletico ha raggiunto questi grandi successi non aveva un’impostazione puramente difensiva
, non era una squadra costruita solamente sulla volontà di distruggere il gioco dell’avversario senza adottare uno schema tattico propositivo. Tutt’altro infatti i successi firmati nel 2012 arrivarono grazie a una tipologia di gioco che esaltava le enormi qualità tecniche di un abile giocatore come Arda Turan e che sapeva sfruttare enormemente lo strapotere fisico e le grandi capacità da bomber straordinario di Radamel Falcao, l’uomo più decisivo nella prima parte della carriera di Simeone intrapresa all’Atletico, autore di ben cinque reti nelle due finali europee vinte, con 58 reti realizzate in appena 71 partite giocate con la maglia dei Colchoneros.
Diego Simeone, quindi, iniziò solo successivamente ai primi grandi successi ottenuti con l’esaltazione e l’esasperazione del pressing a tutto campo accompagnato da un’estrema impostazione tattica difensivista, come se la sua definitiva conversione all’attuale sistema di gioco adottato sia avvenuto, sostanzialmente, per poter sopperire all’addio dell’attaccante colombiano e alla mancanza di un sostituto alla sua altezza. Infatti nell’estate che precede la stagione 2013/14, i Colchoneros cedettero Falcao al Monaco, per circa sessanta milioni di euro, prendendo al suo posto un attempato David Villa dal Barcellona, che per quanto fosse un attaccante dalle grandi doti realizzative aveva però già superato i 32 anni e si avviava verso il viale del tramonto. Le scelte tattiche di Simeone, a quel punto, erano praticamente obbligate tra la ricerca del risultato ad ogni costo e l’impossibilità di ottenerlo attraverso un gioco propositivo. Simeone scelse la prima strada e il nuovo Atlético costruito nella seconda era del “Cholo” ha finito per combaciare perfettamente con il nuovo attaccante di riferimento.
Diego Costa né è stata la prova più tangibile, poiché ha incarnato perfettamente quel tipo di giocatore con lo spirito del Cholismo sul campo e il suo ritorno dopo gli anni al Chelsea ha dimostrato che è davvero difficile poter replicare quello che Simeone chiede ai suoi giocatori in un altro contesto al di fuori della squadra spagnola. L'Atletico quindi muta forma, si trasforma letteralmente in una squadra dal carattere arcigno e intimidatorio, difficilissimo da affrontare per chiunque, un avversario ostico che non preferiresti mai incontrare sul tuo cammino. Una squadra che ama gettarsi nella mischia, compattandosi nella propria metà campo per poi ripartire in velocità in maniera efficace e alle volte anche oltremodo spettacolare.

Ma allora che cosa si intende esattamente per Cholismo? Rappresenta l’estrema sintesi tra la manifestazione della garra sudamericana e la vecchia scuola tattica all'italiana, figlia delle origini e della grande carriera avuta da giocatore e ora da allenatore di Diego Pablo Simeone. Quindi definirlo solo come puro difensivismo “catenacciaro” è limitante, poiché l’atletico non si chiude solo nel suo fortino in attesa del nemico, ma conduce una guerriglia a tutto campo tendendo a smorzare qualsiasi trama offensiva della squadra avversaria con le unghie e con i denti. Utilizzando un termine militare, il Cholismo è difesa elastica, tattica consistente nel predisporre un pressing forsennato per riguadagnare rapidamente al nemico il terreno da lui eventualmente conquistato con il gioco offensivo. Inoltre il termine venne coniato da un movimento formato al confine tra Messico e Stati Uniti, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta del ventesimo secolo, a tutela dei diritti dei giovani messicani del luogo sovrastati dagli ideali razzisti dei bianchi americani.
Questo è quello che rappresenta l’Atlético Madrid di Simeone all’interno di un determinato contesto politico-sociale: i deboli contro i forti, Davide contro Golia, i poveri contro i ricchi, la lotta contro il potere, l’affermazione del sacrificio come identità del lavoro. Concetti racchiusi all’interno di un modello calcistico in cui la forza di un’idea è l’affermazione del gruppo. Per questo motivo è improprio additare il Cholismo semplicemente come l’anticalcio per eccellenza, perché se andate a ben vedere Simeone in fondo ci ha anche provato a cambiare il suo sistema di gioco con gli acquisti importanti, nel corso del tempo, di Griezmann, Morata e ora Joao Felix provando a esaltarne le loro grandi caratteristiche tecniche. Ma non appena ha notato che i risultati non arrivavano è ritornato a quello che sapeva fare meglio e cioè adottare il Cholismo.
Quindi trovo assolutamente ingiusto criticare solo per partito preso un sistema di gioco che comunque ha portato l’Atletico di Madrid, nel giro di un decennio, a diventare una delle migliori squadre d’Europa, in grado di tenere testa a colossi come Barcellona e Real Madrid riuscendo ad incrementare enormemente le risorse finanziarie tanto da costruire uno stadio nuovo di zecca e permettersi sul mercato investimenti di oltre cento milioni di euro. Semmai sarebbe curioso immaginare di poter replicare il Cholismo in un'altra dimensione che non sia quella dell’Atletico Madrid ma questo non è possibile farlo perché a Madrid:

El Cholismo es mus que un juego

Ciccio