“Per fare canzoni bisogna conservare un certo distacco verso quello che si scrive e col Genoa proprio non si può”.

Così Fabrizio De Andre’ manifestava l’amore per la sua squadra, il Genoa. Un amore che era infinitamente sconfinato verso quei colori che rappresentavano la sua amata città e che non gli permettevano di tramutarlo in un inno come gli avevano chiesto di fare. Era un grandissimo tifoso e sono sicuro che anche lui oggi a vedere questo “grifone fragile”, come lo definì negli anni, gli si sarebbe spezzato il cuore. Per continuare in senso “poetico” al grifone hanno spezzato le ali, non vola più è stanco di dover subire anni di umiliazioni e derisioni, un animale ferito nel corpo e nello spirito ma che ancora conserva le ultime energie per lottare, riuscirà a spiccare il volo verso una salvezza tranquilla? Difficile saperlo. Questo è l’umore del Genoa che da tre anni a questa parte affronta la serie A, con un animo talmente spento da dimenticare in fretta la storia che accompagna questa gloriosa squadra. Eppure il Genoa è una squadra importante, una grande piazza con più di cento anni di storia sulle spalle e che può vantare nel suo palmares diversi trofei notevoli tra i quali spiccano nove scudetti e una coppa Italia. Una squadra che ha una delle tifoserie più calde della Serie A, bastava, purtroppo l’utilizzo del passato è ormai d’obbligo, vedere una partita al Ferraris per rendersi conto del grande tifo che arrivava dagli spalti gremiti e dalla grande carica che i tifosi sapevano trasmettere alla squadra soprattutto nei momenti più difficili. Ma il Genoa degli ultimi tre anni sembra essere tutto fuorchè una squadra “impavida” e con degli obiettivi ambiziosi da raggiungere. Ha poca qualità, costruita senza un criterio logico, priva di leader carismatici che la sappiano prendere per mano nei momenti più difficili e con delle idee molto confuse che si ripercuotono, inevitabilmente, sui risultati raggiunti che fin qui sono assolutamente negativi. Fa uno strano effetto, per un appassionato di calcio, vedere una squadra così storica essere gestita con tanta negligenza da parte della sua proprietà, forse ci si dimentica che il Genoa è soprannominato “il Grifone”, il quale ha un significato nella sua storia d’origine e a cui non viene dato il giusto peso. “Il grifone” è il simbolo della città di Genova ed è per questo che i rossoblu, essendo la squadra della città, ne rappresentano l’incarnazione del mito che diventa realtà attraverso i suoi uomini in campo. Il grifo era una creatura “mitologica” perfetta, per metà leone e per metà aquila ed è per questo che lo rendevano, nella sua leggenda, un essere unico in grado di assumere in sé la fierezza e la forza del leone, in terra, che veniva a sua volta guidato dall’intelligenza e il coraggio dell’aquila, in cielo. Quindi non soltanto un “simbolo” ma un vero e proprio modo di essere, uno spirito che non rispecchia i valori, attuali, messi in mostra dalla squadra in campionato. Un grifone con le ali “spezzate” che in ogni annata non riesce a spiccare “il volo” verso una salvezza tranquilla che gli garantirebbe la giusta ricompensa. Sarò sincero, lo confesso pensavo che dopo Zamparini e Cellino, in serie A, ci fossimo finalmente liberati dei pseudo “signori del calcio” che in passato non hanno rappresentato di certo quel buon esempio sul come si dovrebbe gestire una società. Ma risulta evidente che la mia visione fosse fin troppo ottimistica e che la realtà, come sempre nella vita, risulta abbastanza diversa rispetto a ciò che si pensa in quanto ancora una persona appartenente a quella “classe dirigente” vecchio stampo resta al suo posto, ancorato al passato senza guardare al futuro del suo club ed è Enrico Preziosi. Ma cosa diavolo mi era saltato in mente? Come ho fatto a dimenticarmi di Enrico Preziosi? Non so forse mi sarò fatto distrarre dalla pandemia, dal silenzio degli stadi, dalle mancate contestazioni dei tifosi fatto sta che mi era passato di mente che ancora il Genoa si trovasse lui come presidente. Tuttavia è bastato veramente poco per farmi dire “a ecco te pareva che non mandava al diavolo sia il direttore sportivo che l’allenatore nella stessa stagione”, anche senza sapere il nome della squadra, un intenditore di calcio capisce che chi può fare questo in serie A è attualmente il Genoa di Enrico Preziosi. C’è davvero ancora bisogno che quest’uomo stia alla guida di una squadra che ogni anno non è carne e ne pesce? La risposta tende assolutamente per il no ma nonostante le sue continue esternazioni su una possibile cessione, eccolo spuntare li ogni anno con un nuovo disastro uno peggio dell’altro. Poi quest’anno sembra addirittura essersi superato: licenziamento in tronco del suo nuovo direttore sportivo, Daniele Faggiano ed ultimatum a Maran, dopo l’ultima sconfitta interna con il Parma, dove par essere pronto ad essere sostituito dall’unico uomo che riesce a “sopportare” Preziosi, Davide Ballardini.
Quest’anno le speranze di salvezza del Genoa sembrano davvero ridotte al minimo, non solo per via della grande confusione mostrata dal management genoano nella costruzione e nell’allestimento della rosa ma soprattutto poiché in questa stagione proprio il Genoa sembra essere la terza squadra “cuscinetto” candidata prepotentemente alla retrocessione. Sarà davvero dura ripetere i “miracoli” delle ultime due stagioni con la salvezza raggiunta all’ultima giornata a giochi fatti, la fortuna ciò che ti da a volte ti toglie e il Genoa onestamente non meritava di rimanere in A per quello che ha mostrato sul campo. Ma veniamo ai record “negativi” che hanno davvero un qualcosa di incredibile e dove io stesso mi sono sorpreso solo a vedere le statistiche. Facendo alcune ricerche e sempre più incuriosito dalle mie perplessità, mi sono chiesto ma quanti giocatori ha cambiato il Genoa negli ultimi anni? Ho scoperto che non sono stato il solo a pormi questo quesito ma che in realtà esiste un apposito studio, datato 2017, eseguito dal Centro Internazionale per gli Studi Sportivi il quale metteva in evidenza il fatto che il Genoa nel quinquennio 2012 - 2017 è stata la squadra, udite udite, che ha ruotato più giocatori in Europa circa 137, con una media di 27.4 giocatori a stagione. Numeri da capogiro che sottolineano ancora una volta la grandissima confusione e la mancanza di programmazione da parte della squadra genoana e che non sembrano essersi ridotti visto che quest’anno sono stati acquistati 14 giocatori e sempre con il medesimo risultato, lotta per la salvezza. Non può essere un caso che il Genoa ogni anno si trovi in questa paradossale situazione è evidente che questa squadra abbia bisogno di un cambio di tendenza verso una situazione di stabilità che manca assolutamente a partire dai vertici societari che cambiano di continuo soprattutto per quel che riguarda l’area sportiva.
Ma perché i supporter genoani devono subire tutto questo? Non sarebbe il momento di passare il testimone? C’è anche chi tra i tifosi, in questi ultimi, giorni ha proposto di passare il Genoa in gestione alla tifoseria perché credono fermamente che peggio non si possa fare, in effetti come dargli torto? Ma i record negativi non si fermano certo al solo numero di acquisti effettuati, il presidente Preziosi rientra anche all’interno di una “Hall of Fame” tra i più grandi "mangiallenatori" della serie A. Fino all'anno scorso occupava il terzo posto in questa particolare classifica per numero di allenatori cacciati negli ultimi sei anni, ben 8 e che rischia seriamente quest’anno di far lievitare questo numero fino arrivare, addirittura, a 10 visto, il più che probabile, esonero di Rolando Maran. Tra le poche note liete c’è soltanto la scoperta e la crescita di qualche buon talento che negli anni ha permesso al Genoa, attraverso le loro cessioni di poter, quantomeno, mantenere la categoria e capiamo bene che per una squadra di media-piccola fascia valorizzare dei giocatori per poi rivenderli a notevoli somme diventa fondamentale per poter “sopravvivere” in una serie A oberata dai debiti e con uno scarso appeal verso l’estero. Ma le storie di Atalanta e Sassuolo, nel recente passato, insegnano che bisogna reinvestire nella società parte delle risorse che derivano dalle cessioni milionarie con criterio e che una programmazione seguita da un progetto serio oggi nel calcio conta più del denaro. Nel Genoa questo non si vede da anni, sembra che il suo presidente abbia perso la passione per il calcio e quando questo elemento manca, non credo che sia soltanto un problema di risorse, non si può continuare ad illudere la tifoseria che non merita lo spettacolo indecoroso a cui è costretta ad assistere, per di più con una sofferenza doppia in quanto è ostacolata dalla pandemia e non può nemmeno sostenere la sua squadra allo stadio. Spero da appassionato di calcio che il “Grifone” ritorni presto a “volare” verso nuovi grandi traguardi e che i tifosi ritornino ad ammirare la squadra che li ha fatti innamorare perché come diceva un grande tifoso genoano il tifo:
“E' una sorta di fede laica, è il bisogno di schierarsi a favore di un partito, simbolizzato da immagini, da un colore, ma che si pretende essere sostenuto da una tradizione e da una cultura diverse da quelle degli altri: il tifo nasce da un bisogno forse infantile ma pur sempre umano di identificarsi in un gruppo che ha come fine la lotta per la vittoria contro altri gruppi” Fabrizio de Andre’.