Trigoria è una frazione di Roma Capitale, situata nel Municipio XI. L’origine del nome si fa derivare dal latino tres gores (tre fiumi) o, forse, da un antico luogo sacro della zona (tricore, tre corpi).

Parliamo di un territorio dove hanno sede decine di edifici universitari, vista la presenza dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, su territori in parte donati e venduti da Alberto Sordi, ai confini della Riserva naturale di Decima-Malafede. E, poi, anche di una periferia che negli anni assume sempre più gli aspetti di un quartiere ben organizzato.

Ma, soprattutto, quando diciamo Trigoria chiamiamo alla mente il centro sportivo “Fulvio Bernardini”, il centro d’allenamento dell’AS Roma. Ed è proprio lì, davanti ad uno degli ingressi del centro sportivo che sorge un piazzale, dal 1995, intitolato a Dino Viola, il Presidente.
Dalla sua morte, datata 19 gennaio 1991, sono trascorsi ventinove anni, eppure lui, Dino Viola, il Presidente, è ancora nella memoria di tutti e tra i primi nella speciale classifica dei presidenti più amati nella storia della Roma. Lui che solo, insieme a Franco Sensi ed Edgardo Bazzini, è riuscito a portare lo scudetto all’ombra del Colosseo.

La Roma dentro
“Andavo a Campo Testaccio partendo da via Labicana sui respingenti dei tram. Ho giocato a Testaccio nei ragazzi giallorossi con mister Burgess. Poi, il mio amico Silvio Piola mi portò alla Lazio per un provino, andò bene, non continuai solamente perché ero attratto dai colori della Roma”.

Basta quanto rilasciato nelle interviste sulla sua infanzia per capire cosa significasse la Roma per Dino Viola. O, meglio, Adino nato nel 1915 ad Aulla, in provincia di Massa, dunque toscano ma romanista da sempre.

Anche da giovane ufficiale dell’aeronautica, di stanza a Pontedera, non fa che seguire la sua squadra. Eclatante è un episodio di cui siamo a conoscenza andato in scena il 7 giugno 1942. Adino, da poco sposatosi con Flora, è in agitazione perché i giallorossi stanno lottando punto a punto con il Torino per aggiudicarsi il primo titolo della loro storia.

La penultima giornata di campionato giocheranno a Livorno e lui non può mancare, i 35km che separano Pontedera da Livorno li percorrerà in bicicletta insieme alla sua amata.

Ne vale la pena. Grazie alle reti di Pantò e Amedei, la Roma vince e, poi, si ripete anche la settimana successiva in casa con il Modena, laureandosi campione d’Italia. La gioia è incontenibile. Così come quella passione, dai racconti di Luciano Tessari, portiere della Roma negli anni 50’, sappiamo delle giornate intere passate da Adino a parlare di calcio con gli altri tifosi in Viale Tiziano, vecchia sede del club giallorosso.

Dentro la Roma
La Roma che ha dentro lo spinge ad entrare dentro la Roma. Sotto la presidenza di Franco Marini Dettina, nel 1963, Adino Viola entra a far parte del CDA della squadra, lasciando, poi, quel posto nel 1971 con l’arrivo d’Anzalone. È maturo, però, in lui il desiderio di diventare Dino Viola, il Presidente. Essere il numero 1 della società giallorossa non è un’ambizione, è un sogno.
E i sogni si avverano quando per realizzarli si è disposti a tutto. Il 16 maggio 1979, Viola, insieme all’amico Antonio Cacciavillani, acquista il pacchetto di maggioranza della Roma, diventando così il nuovo patron giallorosso. Per assumersi a pieno regime questo incarico, è disposto a dare in gestione la sua azienda di macchinari per attrezzature militari che ha messo su dal 1948 a Castel Franco Veneto.

Dino Viola, Liedhom e Falcao
Qualche giorno dopo il suo insediamento da Presidente gli arriva una telefonata: Nils Liedhom, campione d’Italia con il Milan, gli comunica la sua intenzione di ritornare a Roma. È l’inizio di un magnifico sodalizio.
Quell’estate rientra nella Capitale, dopo aver indossato la maglia del Genoa, Bruno Conti. Per 300 milioni (più le contropartite di Casaroli e Zaninelli) viene acquistato dal Parma il giovane Ancelotti e, insieme a lui, arrivano anche Maurizio “Ramon” Turone e Romeo Benetti.
La prima stagione si conclude con un settimo posto e la vittoria in Coppa Italia, che entusiasma i tifosi da troppo tempo a digiuno di titoli.

Boniperti, il geometra
Nel 1980 il calcio italiano riapre le frontiere ai calciatori stranieri dopo 14 anni. Viola vuole regalare alla Roma un campione. I nomi sono quelli di Zbignew Boniek, Karl Heinz Rummenigge, Liam Brady, Ruud Krol e Arthur Zico. Il più vicino è proprio il brasiliano, ma i rubonegros vogliono 4 miliardi e per la Roma sono troppi. Se non si può arrivare al Galinho, allora arriverà un altro brasiliano. La scelta ricade su Paulo Roberto Falcāo che l’Internacional di Porto Alegre lascia partire per un milione e mezzo di dollari.
Così, la seconda stagione giallorossa targata Viola (1980-81), si conclude con uno scudetto sfiorato. 
A pesare sulle sorti dello scudetto risulta essere una rete annullata ingiustamente a Turone contro la Juve, poi campione d’Italia. 
Per Viola si tratta di un titolo perso “per una questione di centimetri”. Boniperti, ai tempi presidente dei bianconeri, coglie la palla al balzo e, al primo raduno arbitrale della stagione successiva, regala al giallorosso un metro. La risposta piccata del collega non manca ad arrivare: “Tienilo tu, serve più a te che sei geometra, io sono ingegnere”.

A consolare i tifosi c’è un’altra Coppa Italia vinta. 

Lo scudetto come grande sgarbo al Nord
L’ambizione scudetto dei giallorossi resta intatta, nonostante l’impressione che la lotta contro le squadre del Nord possa essere impari.
Nel 1983 la squadra, composta da Tancredi, Nela, Vierchowod, Ancelotti, Falcão, Maldera, Conti, Prohaska, Pruzzo, Di Bartolomei e Iorio, riesce nell’impresa: è scudetto!

Lo step successivo è conquistare l’Europa, ma è il Liverpool a spezzare i sogni di gloria. Il 30 maggio 1984, in finale all’Olimpico i giallorossi non riescono a superare i Reds, che si aggiudicano la coppa ai rigori. Un boccone amaro, questo, che non va giù nemmeno con un’altra Coppa Italia messa in bacheca.
A fine stagione Liedhom e Di Bartolomei lasciano i giallorossi, ma Dino Viola, il presidente, non ha nessuna intenzione di fermare la lotta al Nord.

Le battaglie di Viola
Se nel 1983 la battaglia era stata far approvare l’acquisto di Cerezo, in prima battuta vietato per essersi concluso fuori dai termini stabiliti, nel 1984 a sostituire Liedhom viene chiamato Eriksson, nonostante al tempo non si potessero tesserare allenatori stranieri.
L’anno successivo, invece, è il turno di Falcāo licenziato da Viola, con tanto di vertenza vinta.
La sua Roma va ancora vicino allo scudetto nel 1986 e in quello stesso anno vince un’altra Coppa Italia. Boniek veste finalmente giallorosso e arriva anche Manfredonia.

Scoppia poi il caso Vautrot. Viola è accusato di aver corrotto l’arbitro di un Roma-Dundee di Coppa. Il Presidente riesce a dimostrare di essere estraneo ai fatti, i giallorossi non sono esclusi dalle Coppe, ma a Viola sono inflitti 4 anni di squalifica dalla Uefa. Lui va in causa, vince e viene risarcito come truffato.
Arrivano poi i casi di doping di Peruzzi e Carnevale e l’ultimo regalo fatto alla Roma: Aldair acquistato nel 1990 dal Benfica.


Sul finire del 1990 scopre un male, il 19 gennaio lascia la Roma, sua moglie, i suoi figli e tutti di noi.
Ci lascia con il suo grande ricordo. 
Dino Viola, il Presidente, che tutti ricorderanno per sempre.