Al suo arrivo a Torino, Massimiliano Allegri si insediava sulla panchina della Juventus tra mille mugugni, non solo per il recente passato milanista ma sopratutto per le perplessità legate alla gestione dei rapporti con la socità. Bollato come "aziendalista", i più scettici disegnavano dell'allenatore toscano, un ritratto quasi fantozziano. Proprio come Fantozzi che era sempre pronto ad inchinarsi dinanzi al "super-mega-iper direttore", così Allegri incarnava il profilo del classico allenatore sempre pronto a rispettare gli ordini della società, riguardo a mercato, cessioni eccellenti e, perchè no, questioni tattiche. A ben guardare, infatti, sembrerebbe che Allegri abbia puntato i piedi più volte con le società con le quali abbia lavorato, e ne sia sempre uscito vincitore. Dopo tre anni sulla panchina bianconera, conditi da 3 Scudetti e 2 finali di Champions perse, il buon "acciughina" (un soprannome che lascia pensare a qualcosa privo di spina dorsale) si è dimostrato ancora una volta tutt'altro che aziendalista. L'ultimo, solo in ordine di tempo, è il caso Bonucci, che in questi giorni ha portato alla cessione del bianconero. I bene informati raccontano di una frattura insanabile tra l'allenatore toscano e il focoso centrale bianconero. Tutto nasce durante la 25esima giornata dello scorso campionato, Juventus-Parlermo. Al termine del match, le cronache saranno tutte incentrate sulla vera e propria lite avvenuta in diretta tv (con tanto di labbiali poco equivocabili) avvenuta tra i due.

Apparentemente il caso sarà chiuso pochi giorni dopo con le scuse pubbliche di Allegri e la tribuna di Bonucci, durante il match di Champions contro il Porto. Già in quella serata, la società diede ragione al tecnico, non opponendosi ad una scelta perentoria e pericolosa come quella optata dal tecnico toscano. A fine stagione, al riprensentarsi del dualismo Bonucci- Allegri, ancora una volta la società bianconera ha dato ragione al tecnico, cedendo senza troppe opposizioni il centrale bianconero. Ma questo non è il primo caso, in cui Allegri ha fatto valere tutto il proprio peso nelle scelte societarie. Lo ricorderanno sicuramente i tifosi bianconeri (ma anche quelli rossoneri), quando Allegri fu la causa principale della cessione, proprio alla Juventus, di Andrea Pirlo. Nonostante le doti indiscusse del bresciano, il suo ruolo di leader, dentro e fuori dal campo, e l'attaccamento dei tifosi, Allegri decise che Pirlo non era indispensabile per la sua idea di calcio. Anche allora la società scelse di dare ragione al tecnico, lasciando partire il 21 rossonero a parametro zero. Col senno di poi, una scelta non felicissima e che contribuì all'inizio del dominio bianconero in campo nazionale. Durante il periodo rossonero, si parlò anche di un forte dissidio tra Allegri e Ibrahimovic, che contribuì alla voglia del gigante svedere di cambiare maglia. Una carriera non priva di episodi, di scontri e di rotture, per il tecnico toscano. Non  bisogna farsi ingannare dall'aspetto sempre pacato e ilare davanti alle tv, dunque. Il buon "aziendalista" Allegri sa quando accendersi, evidentemente al chiuso dello spogliatoio o degli uffici societari, a diffenza dei suoi colleghi che finiscono per non trattenersi dinanzi alle telecamere. In attesa della prossima querelle, chissà che qualcuno non decida di affibbiargli un nuovo soprannome. Uno che sottolinei come, alla fine, Allegri vinca sempre.