Chiariamolo subito, il presente articolo non vuole essere un'invettiva contro il Presidente bianconero. La famiglia Agnelli sta alla Juventus tanto quanto la Mole Antonelliana sta alla città di Torino. Due elementi legati indissolubilmente e reciprocamente indispensabili. Negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un'ulteriore stretta del rapporto tra la Juventus e la persona di Andrea Agnelli. In particolare, la separazione tra la Juventus e l'amministratore delegato Giuseppe Marotta sembra aver segnato un punto chiave nell'evoluzione del ruolo del Presidente bianconero. Malgrado le dichiarazioni di facciata, con le quali Andrea Agnelli ha sempre ribadito una chiara e netta separazione dei ruoli e dei poteri "decisionali" delle varie componenti del management bianconero, affermando di riporre piena fiducia sopratutto nella gestione sportiva affidata al trio formato da Paratici - Cherubini - Nedved, abbiamo assistito ad un progressivo incremento del ruolo del Presidente nelle dinamiche del Club, in tutti i suoi ambiti di sviluppo. Non che prima Andrea Agnelli fosse un corpo avulso dal proprio Club. Tuttavia laddove eravamo soliti assistere alla presenza dell'ex amministratore delegato Marotta, di recente invece, come in occasione dell'ultima assemblea di Lega, abbiamo trovato il Presidente Agnelli in persona a rappresentare gli interessi della Juventus. Talvolta in maniera totalmente esclusiva e "solitaria", come testimonierebbero le parole riportate da Pavel Nedved ai microfoni di Sky nel prepartita di Juventus-Barcellona, secondo le quali solo il Presidente Agnelli fosse a conoscenza della possibilità  o meno della creazione della Super Lega Europea. In linea con questa maggior presa di responsabilità da parte del Presidente Agnelli, anche la scelta del tecnico Andrea Pirlo sarebbe figlia della visione esclusiva del numero uno bianconero. Una scelta che, in teoria, avrebbe potuto confidare sul parere di chi detiene, parole del Presidente, la gestione sportiva del Club ma che nei fatti si è rivelata esser figlia di un uomo solo al comando. La sensazione è che qualcosa sia cambiato nel quadro gestionale del Club bianconero, passando da una gestione basata su management forte formato da dirigenti di spessore, da Moggi a Marotta, ad una più gerarchica ed accentrata, con al vertice appunto il Presidente Agnelli. Lo stesso affare Ronaldo, motivo secondo i più della separazione tra la Juventus e Marotta, ha testimoniato l'incursione del Presidente Agnelli, sceso in campo in prima persona durante le contrattazioni, in un ambito ben al di fuori delle proprie "competenze" (le scelte in ambito di mercato erano affidate - parole di Agnelli - esclusivamente ai dirigenti prescelti). A mio avviso, questo nuovo ruolo del Presidente bianconero comincia a manifestare i primi limiti. La complicata e progressivamente negativa situazione economica del Club, in parte dovuta proprio al peso economico del Portoghese, la correlata difficoltà di costruzione della rosa, dovuta alla primaria necessità di Paratici di dover far rifiatare le casse bianconere, unite all'avventurosa scelta della guida tecnica, possono ascriversi alle scelte gestionali del Presidente Agnelli in persona. Detto che il Presidente, e proprietario in questo caso, di un Club può disporre come meglio crede di ciò che è proprio, affidarsi ad un gruppo dirigenziale affidabile e di spessore potrebbe portare maggior benefici a livello sportivo. Non è un caso che il periodo di maggior successo bianconero sia attribuibile, seppur in parte, alle scelte dell'ex amministratore delegato Marotta, anche e sopratutto per la capacità di investire correttamente le risorse del club, sia in termini di calciatori che di guida tecnica.

Forse sarebbe corretto da parte del Presidente Agnelli prendere in considerazione l'inserimento nel management dirigenziale di una figura di spessore. Profili come quelli di Igli Tare, Giovanni Sartori, Ralf Rangnick, potrebbero permettere l'avvio di una nuova gestione di successo, portando competenza e capacità decisionali, nonchè la possibilità di favorire la ripresa economica del Club grazie all'abilità dei suddetti di muoversi nelle trame del mercato e di scovare talenti pressochè sconosciuti dal costo contenuto e rivendibili con la possibilità di laute plusvalenze.