Ci sono lunedì più lunedì dei tanti altri e per un tifoso bianconero non c'è peggior lunedì di uno che arrivi dopo una sconfitta contro l'Inter. Come se non bastasse tale amarezza, a render l'aria ancor più greve, si aggiunge l'incombenza di un nuovo match impegnativo, la finale di Super coppa contro il Napoli, a strettissimo giro di posta.

LA PARTITA - La disamina di Inter-Juventus andata in scena domenica sera è quanto mai banale e sintetica: bianconeri mai in campo, nerazzurri subito in vantaggio e in pieno controllo del match, con Handanovic, unico spettatore non pagante presente al San Siro causa Covid, chiamato in causa unicamente all'80esimo o giù di lì. Troppa poca Juventus per un match intriso di storia e di rivalità come pochi e da sempre avulso a qualsiasi ragionamento che cerchi di relegarlo a semplice partita da 3 punti in palio. La Juventus, al netto delle assenze, è mancata in quella cattiveria, una volta tipica del dna bianconero, necessaria per poter disputare certe partite. Mancanza che sembra ormai non esser più una novità a Torino, come evidenziato a detti stretti dallo stesso Chiellini ai microfoni di Sky nel post partita ("tutti i cicli finiscono e noi stiamo cercando il più possibile di evitarlo"). Di contro, vanno elogiati anche i meriti altrui: probabilmente (i tifosi nerazzurri potranno darmi ragione o smentirmi) contro la Juve si è vista la miglior Inter stagionale. Una squadra corta, accorta, precisa e micidiale nel cercare rapidamente le verticalizzazioni, ora sugli attaccanti ora sulle mezzali (il gol di Barella, al netto dello svariaone di Frabotta, è un esempio lampante di tale ricerca da parte dei nerazzurri). L'ultima nota dolente, come se una sconfitta non bastasse, è arrivata dall'ex bianconero Vidal. Con il gol che ha messo in discesa la partita ed una prestazione degna del suo nome, il cileno ha probabilmente cancellato il suo passato, remoto ed anche quello recente (errori ed orrori di Champions uniti a prestazioni spesso insufficienti), dal cuore e dalla mente dei suoi nuovi tifosi, rivalendosi anche contro gli sfottò dei tifosi bianconeri che in questi mesi hanno arricchito le pagine del web.

FUTURO - Come se non bastasse, a Torino piove sul bagnato. Nemmeno il tempo di leccarsi le ferite che la Juventus è chiamata ad un altro match importante, questa volta contro il Napoli, altra rivale agguerrita degli ultimi anni. La finale di Supercoppa è un appuntamento da non fallire per una squadra che vuole dimostrare di essere viva e di poter dire la sua anche per il campionato. A vederlo oggi, il futuro appare quanto meno nuvoloso. La Juventus arriva come peggio non potrebbe: umore al minimo storico ed infermeria che non da segnali positivi (ultimo da valutare sarà Frabotta uscito anzitempo dal prato di San Siro). Al contrario, il Napoli arriva come meglio non potrebbe: sei gol rifilati ad una modestissima Fiorentina (quanto ha illuso il 3 a 0 di Torino sul reale valore dei Viola? ), il recupero degli infortunati Koulibaly, Mertens e Manolas (ad esclusione del lungodegente Osimhen) ed ai quali mi sento di aggiungere anche Gattuso, riapparso visivamente ripreso dopo il male che l'aveva colpito nelle ultime settimane (bentornato! con la speranza di vederlo sempre così, più Ringhio che Gennaro), che sicuramente saprà trasmettere ai suoi la giusta carica in vista di una partita così importante. Partita dunque da vincere o quanto meno da disputare in modo degno, dato che in caso di sconfitta... (perdonatemi ma credo di aver già sofferto abbastanza quindi meglio non pensarci).

IL MAESTRO -  A metà campionato, anche Andrea Pirlo comincia ad esser oggetto di riflessione. Seppur le somme vadano tirate sempre alla fine, qualche malumore comincia a serpeggiare. La stampa da sempre divisa tra i supporters del "Maestro" e gli ironici del "maestro" (tanti già sfregano anzitempo le mani), comincia a porre quanto meno in discussione le idee dell'allenatore, alla prima esperienza su una panchina, considerandolo a volte troppo audace e visionario, altre troppo inesperto e poco incisivo. Anche tra i tifosi non tira un'aria migliore per l'ex ventuno bianconero. In molti, delusi dai risultati oltre che dal "gioco", cominciano a sostenere la tesi che il bresciano sia arrivato troppo presto su una panchina difficile e pesante come quella juventina. Al di là di questo gioco delle parti tipicamente italiano tra apocalittici ed integrati, io personalmente resto dell'idea che Pirlo paghi errori non suoi (non del tutto almeno) così come fu per l'ultimo Allegri e com'è stato per Sarri. L'unico dubbio che lego prettamente alle scelte del nostro allenatore è la scelta del modulo, il fluido 4-4-2, se non altro per la scelta di preferire un non più giovane Ramsey al più giovanissimo Kulusevski. Ciò che si nota spesso guardando la Juventus (mi perdoneranno i detentori dei vari patentini ufficiali da allenatore per questa mia audacia) è l'insostenibilità del centrocampo a due, mal supportato da una difesa troppo bassa per il recupero palla aggressivo voluto da Pirlo ( Bonucci è una zavorra in tal senso ) ed incapace di sostenere con qualità la fase propositiva e quella del recupero palla, lasciando spesso un'area senza padroni davanti alla difesa dalla quale nascono i maggiori pericoli avversari. Ipoteticamente una squadra costruita intorno ad un centrocampo a 3 uomini, fondato sull'intelligenza tattica di Arthur, l'esplosività di Mckennie e, a turno, la capacità di inserimento di Ramsey, la duttilità di Bentancur o l'imprevedibilità di Kulusevski, potrebbe avere maggior consistenza in un reparto nevralgico per lo sviluppo di qualsivoglia idea o filosofia di gioco.

LA SOCIETA' - La chiosa di queste riflessioni non poteva essere che rivolta allo stato maggiore bianconero. Come sottolineato in precedenza, negli ultimi anni, in particolare dall'arrivo di Ronaldo in poi, la società e in particolar modo la figura di Paratici, si è dimostrata incapace di gestire un progetto tecnico coerente e di qualità. Acquisti evidentemente errati (Ramsey e Rabiot non si sono rivelati all'altezza dei 7 mln richiesti), scarsa capacità di vendita degli esuberi, acquisti dettati più dal bilancio che da reali necessità tattiche (Arthur e Danilo su tutti): sono questi i principali capi di accusa di cui dovrebbe rispondere una società seria ed organizzata come la Juventus. Ciò risulta ancor più evidente considerando che nemmeno la scelta del cambio allenatore (da Allegri a Sarri e da Sarri a Pirlo) ha in alcun modo aiutato la crescita del progetto tecnico. Sulla figura di Paratici inoltre, a mio avviso, pesa la macchia del caso Suarez che, a prescindere dal suo esito giudiziario, lascia più di un'ombra sulle capacità di valutazione del Dirigente bianconero.
Infine un pensiero sul Presidente Agnelli, anche sul quale non mancano voci di un possibile addio a breve: giusto cambiare molto quando si comprende di esser arrivati alla fine di un ciclo progettuale. Tuttavia in un momento storico-sportivo incerto come quello creatosi a causa del Covid, dalla mancanza di una preparazione atletica adeguata alla mancanza del pubblico, alle defezioni in rosa causa contagio, forse ai molteplici cambi avvenuti nella rosa bianconera avrebbe giovato maggiormente una scelta di continuità della guida tecnica, considerando che all'inesperienza di Pirlo si poteva controbilanciare la lunga esperienza di Sarri sulla panchina di club professionistici e la sua capacità di impattare al meglio sui giovani come visto nel corso degli anni trascorsi ad Empoli ed a Napoli.