Napoli-Lazio è stata una partita ricca di significato, si è giocata allo Stadio Diego Armando Maradona proprio nella settimana dell'anniversario della morte del Pibe. Sarri ha ritrovato la sua ex squadra, e la cornice di pubblico che ha colorato l'ex San Paolo ha subito fatto presagire che sarebbe stata una serata speciale. Il Napoli ha giocato a ritmo di samba, chi cercava risposte da una squadra che avrebbe sofferto senza il suo centravanti, le ha avute. E sono state risposte pesanti, rivolte anche alle dirette concorrenti ed a chi su questa panchina a suo modo ha scritto la storia. Maurizio Sarri è stato annicchilito con una sua stessa arma. Fu lui stesso ad inventarsi Mertens centravanti quando rimase orfano del Pipita Higuain. Ironia del destino ha voluto che Dries tornasse a ricoprire quel ruolo proprio contro chi ebbe l'intuizione, o come da Sarri stesso affermato la fortuna, di lanciarlo in quella zona di campo che sin dal primo momento è sembrata calzargli a pennello. In fondo un giocatore con le sue caratteristiche e le sue qualità, culinariamente parlando, è come il parmigiano, sta bene su tutto. Persino sullo spaghetto a vong... No dai quello no!

La Lazio non ha saputo approfittare di un Napoli che emotivamente e psicologicamente poteva essere poco centrato, orfano come dicevamo di Osimhen e che veniva da due sconfitte piuttosto dolorose contro Inter in campionato e Spartak Mosca in Europa League. La Lazio dal canto suo aveva ritrovato Ciro Immobile e rimediato alla sconfitta contro la Juve in campionato con un sonoro tre a zero rifilato alla Lokomotiv Mosca. I biancocelesti partivano dunque con un leggerissimo vantaggio psicologico oltre alle motivazioni extra che avrebbe potuto dare Sarri affrontando la sua ex squadra. Un vantaggio annullato in men che non si dica da una compagine azzurra che ha viaggiato sin dal primo minuto su ritmi altissimi, non facendo neppure entrare in partita la squadra capitolina. L'uno-due griffato Zielinski, Mertens ha subito messo in discesa la partita, le parate di Ospina sui comunque timidi tentativi di Immobile e Luis Alberto hanno blindato il risultato. Le prodezze balistiche ancora di Mertens e di un sinuoso Fabian Ruiz hanno arrotondato un margine che per quanto fatto vedere in campo poteva solo essere più ampio. Il Sarrismo è morto lì dove si era consacrato, a Napoli.

Se l'esperienza alla Juve poteva rappresentare un indizio quella nella Capitale è risultata essere la prova. Se alla Juve il non gioco era mascherato dall'alibi Cr7 catalizzatore di tutte le manovre, a Roma c'erano tutti gli ingredienti per far bene. Certo, Leiva non è Jorginho, ma trovare calciatori come Milinkovic Savic, Luis Alberto, Acerbi, un finalizzatore come Immobile, l'estro di Felipe Anderson, i fedelissimi Reina e Pedro, potevano tutti essere un valore aggiunto e dei validissimi alleati per esprimere al meglio la sua idea di calcio.
Idea di calcio nata ad Empoli, consolidatasi al San Paolo e probabilmente morta al Diego Armando Maradona dove la Lazio non ha proprio visto palla.
Altro che Sarrismo.