Nonostante la sua continua evoluzione il calcio rimane oggi uno degli sport più seguiti al mondo. Non esiste una ragione specifica per cui viene amato così tanto, piace e basta così per com’è, nella sua semplicità, nel suo modo di coinvolgere tutti indipendentemente dall’età, dal sesso, dalla religione e soprattutto perché oggi, più che mai, lo si può seguire ovunque e con qualsiasi mezzo oltre al fatto che per praticarlo basterebbero solamente 4 pietre e un pallone di supertela nel bel mezzo di una stradina di quartiere. Eppure c’è ancora chi pensa che giocare a calcio sia solo il frutto di un semplice gioco dove basta tirare due calci ad un pallone per essere un ricchissimo campione, ma per fortuna c’è chi si è opposto a questo pensiero “primitivo” e “privo di fondamento”, come il drammaturgo inglese John Priestley che invece lo ha sempre indicato come un grande fenomeno social – popolare da studiare con attenzione:

«Pensare che il calcio siano solo 22 mercenari che tirano calci a un pallone è come dire che un violino è solo legno e budella di gatto, e che l'Amleto è solo carta e inchiostro. Il calcio è scontro e arte”

Oggi il calcio è diventato sempre più motivo di “scontro” ma allo stesso tempo un arte che nel tempo viene migliorata attraverso l’affinità tecnica dei suoi protagonisti. Anche se per Prestley scontrarsi significava sfidarsi tra avversari sul rettangolo verde per prevalere l’uno sull’altro e per arte intendeva lo spirito di sacrificio e il grande lavoro quotidiano che c’è dietro per diventare dei grandi atleti, oggi il suo pensiero può essere interpretato attraverso mille sfaccettature; infatti è prendendo spunto dalla sua riflessione che diventa interessante, poter approfondire, un dibattito piuttosto acceso che si sta instaurando tra chi esalta il calcio di un tempo, i cosiddetti nostalgici, e chi invece è figlio della modernità dei tempi e ripudia, quindi, un calcio che non ha vissuto o che non vuole più ricordare, i cosiddetti “modernisti”.

Fatta questa, doverosa, premessa e a voler essere il più possibile passionali, anche se il calcio non può ridursi solamente a 22 mercenari che inseguono un pallone, quello attuale, ripone nel business il “motore” del suo stesso sostentamento lasciando pochissimo spazio alla passione e all'amore dei tifosi ma soprattutto a quella sana “nostalgia” tanto cara a chi ancora non è riuscito ad integrarsi alla perfezione in questo calcio moderno, schiavo e succube delle televisioni. Però anche se oggi il mondo “pallonaro” non è più quello dei ”nostalgici romanticoni” continua, comunque, a far proseliti e seguaci in tutto il globo terrestre infatti non a caso se ne continua a parlare tantissimo e se ne scrive, quotidianamente, sempre più del solito, soprattutto da quando il mondo dei social network, che lo ha letteralmente inghiottito, ha prepotentemente fatto il suo ingresso nella vita di tutti i giorni.
Ormai, come detto, si scrive e si commenta per qualsiasi cosa, si giudica chiunque, si condanna un episodio senza averlo nemmeno visto, si distruggono carriere sul nascere per un gol sbagliato o per un semplice gesto di stizza, ci si impiccia della vita privata degli atleti augurando “ietture” a destra e manca, si insultato i tifosi di una squadra avversaria senza un apparente motivo specifico, ci si concentra maggiormente agli anni di contratto e agli ingaggi dei calciatori piuttosto che alle loro prestazioni sul campo, si vanno a leggere e interpretare i labiali degli arbitri con i suoi assistenti in modo tale da poter incentrare veri e propri processi mediatici, insomma ognuno può esprimersi liberamente senza peli sulla lingua abusando, alle volte, della troppa semplicità con cui i social stessi ci permettono di veicolare le informazioni senza filtri, pur non essendo gli unici mezzi di comunicazione a creare caos all’interno di questo mondo.

Però oggi, a differenza di un tempo, si ha il calcio a portata di “click” o di “touch” e non più “minuto per minuto” ma “secondo per secondo”, “attimo per attimo”, “riga per riga”, “trasmissione per trasmissione”, “diretta web su diretta web”; infatti non è per nulla semplice districarsi tra i milioni di siti, app, riviste, blog, pagine facebook, giornali e chi più ne ha più ne metta per restare costantemente aggiornati. Veniamo continuamente bombardati dal calcio e nel mare magnum di mediocrità a cui purtroppo, in alcuni casi, siamo costretti a dover assistere, diviene sempre più difficile trovare chi tratta e parla di calcio in maniera seria, professionale e soprattutto competente.

Eppure i grandi “soloni” che scrivono e parlano di ”pallone”, nonostante le milioni di righe stese su PC e giornali e le tantissime dirette web e televisive, tendono ad escludere con insistenza l’argomento nostalgia dai loro radar, additandolo come al vero nemico del calcio moderno; per loro è come se si trattasse solamente di una forma di rigetto verso la modernità, un inutile sentimento di amorevole passione per un passato a cui rimane aggrappato solo chi è incapace di comprendere il complesso meccanismo dell’attuale sistema calcio.

Un mondo del pallone in cui i “nostalgici” non riescono più a sentirsi a proprio agio a differenza dei modernisti che ci sguazzano dentro vista l’enorme quantità di partite spezzettate a cui possono assistere, con un semplice click e senza muovere nemmeno un piede da casa, rimanendo, quindi, comodamente seduti sul proprio divano. Diventa quindi normale, tra i “nostalgici”, che attorno a questo argomento tabù, poco trattato dai media, si pongano alcuni interrogativi, per i quali attendono delle risposte che non arrivano:

  • Perché è cosi sbagliato sentirsi come un pallina da ping pong continuamente sballottati da un calendario in perenne cambiamento, in grado di spalmare 10 match in tanti orari diversi e in 4 giorni differenti?
  • Perché non ci si può sentire liberi di essere dei corpi estranei a un gioco che ha perso gran parte della sua imprevedibilità per via del calcio spezzatino?
  • Perché non ci si può sentire esclusi da un sistema che anche prima della pandemia, tramite il rincaro dei biglietti e una progressiva evoluzione degli stadi, ha costretto quasi tutti a rimanere sul divano facendo perdere la gioia e la trepidazione di vivere una partita dagli spalti, che oggi rimangono sempre più vuoti?
  • Perché sarebbe un problema dire che ci si sente sempre meno rappresentanti da questi calciatori che della loro “instabilitá” contrattuale ne hanno fatto oramai una questione di principio, girando il mondo alla continua ricerca del migliore offerente?

Insomma, se questo è il calcio moderno si tratta semplicemente di un enorme circus bello da vedere, per carità, ma privo di sentimenti che annebbia la mente e disorienta il cuore, almeno in Italia, per gran parte di milioni di appassionati. Ciò nonostante lo guardiamo in tanti perché non possiamo farne a meno, come se si trattasse di una dipendenza, una specie di ossessione, a cui difficilmente rinunciamo, anche se in netto contrasto con quel passato che tanto abbiamo amato e a cui non si potrà più tornare. Guai a chi dice “quanto era bello il calcio degli anni novanta e dei primi anni duemila” perché la società attuale non può vivere nel passato è sbagliato essere nostalgici, non si possono offuscare le menti delle “new generation” perché si tornerebbe troppo indietro con il tempo, aggrappandosi ad un calcio “primitivo” in cui il tifoso veniva posto più al centro dell’attenzione rispetto a quello di oggi in cui viene visto sempre più come un povero pollo da spennare dalla tv “spezzatino”.
Per quanto mi riguarda all’interno di questa diatriba mi definisco, lo ammetto da autentico para... lo, un nostalgico-moderno, dunque non posso nascondere la mia “nostalgia” per ciò che è stato il calcio degli anni novanta e soprattutto per quello che mi ricorda, maggiormente, la mia adolescenza dei primi anni duemila. Anzi, non provo nessuna vergogna e non mi sento assolutamente di vivere nel passato ma non per questo mi dissocio totalmente dal calcio attuale e rimango dell’idea che non bisogna commettere l'errore di dare colpe, che non hanno, alle generazioni attuali cresciute con idoli e campioni totalmente differenti rispetto a quelli dei “nostri” tempi.

Infatti se oggi il calcio è diventato principalmente un business le “colpe” semmai sono sempre riconducibili ad eventi accaduti proprio nel passato e soprattutto nel calcio della “mia” epoca, proprio quando la Serie A era il campionato migliore del mondo e faceva incetta dei migliori talenti provenienti da tutto il globo terrestre. Per questo credo che un po’ di quella sana nostalgia che c’è in tutti noi non può essere un nemico della modernità a patto però che l’argomento venga trattato in maniera seria e costruttiva poiché altrimenti si rischierebbe di cadere solo in futili luoghi comuni che non portano mai a nulla di buono. L’argomento nostalgia dovrebbe quindi essere uno stimolo in più per andare alla ricerca delle motivazioni per cui oggi questo calcio non viene reputato, da una parte dei tifosi, all’altezza di quello di un tempo e per capire perché l’Italia calciofila moderna abbia un così enorme gap da dover colmare con la stragrande maggioranza delle squadre europee.

Ma ora smettiamo di essere seri per un attimo, giocando un po’ con l’ironia, e diciamocela tutta volete mettere veramente a paragone il Vicenza di Francesco Guidolin, semifinalista di Coppa delle Coppe contro il Chelsea, con la splendida Atalanta, quasi semifinalista di Champions League, di Giampiero Gasperini? Volete mettere davvero a confronto le punizioni di Shunsuke Nakamura nella Reggina con quelle di Lionel Messi al Barcellona? E infine volete davvero mettere a paragone lo spettacolare gol in rovesciata di Mauro Bressan durante un Fiorentina-Barcellona con quello di Cristiano Ronaldo in Juventus-Real Madrid? Se anche a voi, amanti della modernità, davanti a questi piccoli ricordi vi scappa, ogni tanto, una piccola lacrimuccia è normalissimo non avete nulla che non va, evidentemente siete un po’ nostalgici anche voi tutto qui. Quindi adesso ritornando seri, da che parte state, calcio nostalgico o Calcio moderno?
A voi la risposta!
Ciccio.