Date a Cesare quel che è di Cesare! La settimana di sosta per gli impegni delle Nazionali è iniziata con questo imperativo, con il ritorno di Prandelli sulla panchina viola. Ha tremato prima la panchina di Giampaolo a Torino, sta tremando quella di Maran a Genova, ma il primo allenatore a cadere - un po' a sorpresa - è stato Giuseppe Iachini.
Un po' a sorpresa ma neppure tanto, perchè francamente la scelta di Commisso è più che comprensibile.
Ci si aspettava una Fiorentina diversa, pur avendo perso uno dei suoi talenti più cristallini, quel Federico Chiesa che passando agli storici rivali della Juventus ha compiuto uno dei più alti tradimenti della recente storia viola.
L'allenatore non è mai riuscito a trovare una soluzione per tamponare questa perdita e la sua squadra ha fatto vedere qualcosa di buono solo attraverso le giocate dei singoli, basti pensare ad un Ribery che illuminava San Siro o ad un Castrovilli riscopertosi leader vero e "bomber" di una squadra che dopo sette giornate ancora non sa chi sia il suo centravanti.

È mancato questo forse a Iachini, che aveva nelle mani una squadra con tantissime ottime individualità, ma alla quale non è riuscito mai a trasmettere sicurezza e neppure una chiara identità di gioco.
Compito che spetterà ora a Cesare Prandelli, chiamato a ricompattare l'ambiente ed a dissolvere i dubbi, trasformandoli in certezze. E siamo convinti Commisso non potesse fare scelta migliore, si era parlato anche di Spalletti, Sarri e Mazzarri. Guarda caso tre toscani, anche se Napoli ha dato i natali al buon Maurizio.

Prandelli in Toscana non c'è nato, ma in sei anni, dal 2005 al 2010, ha messo radici in quella terra e nel cuore dei tifosi gigliati.

In quel periodo costellato da grandi prestazioni sul campo però ha dovuto affrontare la prova più difficile fuori dal rettangolo verde. Nel 2007 infatti perdeva dopo una lunga malattia, sua moglie, la madre dei suoi figli. Affrontare un dolore così grande può solo annientarti oppure renderti un uomo migliore.
E quello che colpisce di più di Cesare, al di là del valore sportivo, è proprio il suo lato umano. C'è da dire che lasciata Firenze non ha avuto grande fortuna, dapprima con la Nazionale Italiana portata anche alla finale di Euro 2012 persa malamente con la Spagna, poi sulle panchine di Galatasaray, Valencia ed Al Nasr. Fino ad arrivare alla parentesi Genoa.

Il 7 dicembre subentrava ad Ivan Juric, prendendo in eredità una squadra che viaggiava tra alti e bassi, con una sola certezza, quel Krzysztof Piątek che non smetteva di segnare. Eppure a gennaio l' occasione di cederlo per una ghiotta plusvalenza era troppo grande per Enrico Preziosi e di botto il mister si ritrovò senza il suo calciatore migliore.

Quando già si vociferava di una sua possibile cessione il Genoa era in ritiro a San Pedro del Pinatar in quel di Murcia e chi vi scrive ebbe la fortuna di scambiare qualche parola con Mister Prandelli. Due chiacchiere, ma nei suoi occhi c' era la determinazione di chi sa che in un modo o nell' altro non avrebbe mai deluso.
E nonostante un mare in tempesta e tante avversità da buon capitano non abbandonò la nave e la portò in salvo. Guarda caso, che coincidenza, proprio con un pareggio nella sua Firenze, complice la sconfitta dell' Empoli a San Siro all'ultima giornata.

A fine stagione Preziosi non assumendosi la colpa per alcune, le solite scelte sbagliate, non lo confermò utilizzandolo quasi come capro espiatorio. Ma per Cesare mai una reazione scomposta o sopra le righe, anzi se ne andò così com' è tornato, in punta di piedi in quello che per lui rappresenta un ritorno al futuro.

Ed a proposito di ritorni, questa sosta è iniziata con uno e finirà con altri due, dato che la prossima giornata vedrà Mihajlovic incrociare il suo passato contro la Sampdoria e soprattutto Gennaro Gattuso che attende il Milan in un match che promette scintille. Juve, Lazio ed Inter per adesso arrancano ed a Napoli si capirà chi può sognare lo scudetto.
In una giornata calcistica dal sapore un po' romantico, tra chi ritrova il suo passato e chi lo sfiderà.