Scusate ma vorrei spezzare una lancia a favore della giunta Romana. Nelle foto traspare chiaramente come sia necessario tutelare il sito ed il suo contenuto. Si tratta di un manufatto che esprime la grandezza architettonica della scuola francese degli inizi del secolo. Siamo tutti con Lafuente, che ci ha donato elementi architettonici unici nel loro genere. Vorremmo che venissero, oltre all’Ippodromo di Tor di Valle, anche tutelati allo stesso modo gli uffici della SIAE, sempre da lui progettati a Roma. Come dimenticare, poi, quella meraviglia che ricorda un agglomerato di silos e granai tipici delle aziende agricole del Sud Italia o della bassa Modenese e che risponde al nome di Santuario di Collevalenza ? Ma non potremmo mai, neppure lontanamente, immaginare che non venga tutelata un’opera meravigliosa come l’Ospedale del Sovrano Militare Ordine di Malta, quello che ricorda un fortilizio alpino del diciannovesimo secolo. Che invece di finestre ha feritoie e che fa sembrare allegra non solo l’architettura Mussoliniana, ma pure quella Bulgara degli anni ’50 del novecento. Ma nulla riuscirà mai, comunque, a raggiungere l’acme toccato dall’Airterminal Ferroviario del quartiere Ostiense. Un caposaldo dell’architettura di fine secolo: la congiunzione fra Le Courbuisier e i Teletubbies. Ci auguriamo che anche l’Arabia Saudita abbia la stessa sensibilità dei nostri politici e scelga di non toccare mai le sue strade, da Lafuente costruite e che mai, ripeto mai, nessuna colata di vile asfalto dovrà ricoprire. Ma torniamo a Tor di Valle: come restare insensibili davanti ai mucchi di oggetti vari (sedie, tubi, fili, mattoni), che costellano l’area dell’Ippodromo, quasi come un richiamo ai Landmarks con i quali lo stesso Lafuente ha segnato, come un gatto in calore, la ricostruzione dei quartieri di Gedda. Cert, lì lui creò opere d’arte che sembravano ammassi di forme geometriche, a Tor di Valle vi sono ammassi di rifiuti che sembrano ammassi di rifiuti, ma questo è di poco conto: si tratta dei rifiuti di Lafuente. E anche l’amianto delle strutture è quello di Lafuente. E anche i tubi spezzati e gli spalti pericolanti sono quelli di Lafuente. Quindi occorre salvare la memoria di quest’epigono di Kounellis, di questo Montalcini in fasce, di questo Nervi del nuovo millennio, che troppo presto ci ha abbandonati, ristrutturando l’ippodromo per farne… Per farne cosa ? Ci facciamo giocare la Roma ? I concerti di Venditti ? La reunion annuale dei compagni di scuola di Beppe Grillo ? Un pic nic fra amici ? No, perché, passi che è brutto, come tutto quello fatto da Lafuente tranne, forse, il palazzo Esso, ma è anche inutile e fuori norma per quanto riguarda la normativa ambientale. Perché anche il Palazzo Esso ricorda le Vele di Scampia. E allora perché non salvare anche quelle e definirle un capolavoro architettonico ? Perché qualsiasi bruttura fatta in nome di certa cultura diviene arte ? No, perché a me va anche bene che Lafuente progettò il monumento alle vittime di Auschwitz, e lasciamo perdere che il gusto è personale, ma non è che ogni cosa, da una lampada ad un Vespasiano, che siano sfuggite dalla matita di quest’individuo siano opere geniali. Quindi diciamoci le cose come stanno: di Ippodromi di Tor di Valle, in giro per il mondo, ce ne sono migliaia. Molti, magari, anche con meno amianto. E qualcuno anche funzionante. Cercare una motivazione artistica per salvare l’unico che sia, nel frattempo, divenuto una discarica a cielo aperto e sia pieno di amianto, sa tanto di scusa. E allora, di scuse, troviamone altre, tanto in Italia siamo famosi. Potremmo dire che si tratta di zona sismica. Tanto, visti gli ultimi mesi, non è detto che sia meno vero del fatto che quell’orrore di metallo e amianto sia un’opera d’arte.