Il calciomercato invernale entra nel vivo e molte squadre hanno l’occasione di correggere o rettificare le proprie rose, quantunque non siano molti i veri campioni che possano trasferirsi  in questa sessione. Colmare alcuni gap si rende comunque necessario, per carenza endemica degli organici, per il mancato rendimento di giocatori chiave, per infortuni o semplicemente per riallineare il profilo tecnico della propria rosa ai rivali diretti.
Questo è il calcio, già da molto tempo e il mercato eccita le tifoseria, molto spesso più del campo stesso, perché il calciomercato al di là delle sue sessioni, ormai è un’attività permanente, tra i club sportivi che comunque su questo fronte sono sempre attivi ma soprattutto sulla stampa che amplifica il fenomeno a dismisura, per fare audience o tiratura, vendendo sogni, troppo spesso al di là del vero. 
Sempre attivi su questo fronte, sono i procuratori dei calciatori, veri cacciatori di teste, forti di serragli personali, dove albergano in attesa di successivo collocamento, campioni grandi e piccoli, giovani sulla rampa di lancio e vecchi marpioni del rettangolo verde.
​Già, i procuratori. Questi nuovi sensali si sono progressivamente impadroniti degli artisti del circo e piano piano puntano a prendersi pure il tendone. Se una volta i giocatori erano proprietà dei club che ne possedevano il cartellino e ne potevano disporre quasi a loro piacimento, ora, dopo la sentenza Bosman, sono diventati merce nelle mani di questi speculatori che li spostano senza ritegno facendo lievitare i costi di una disciplina che una volta era sport e sta diventando intrattenimento, oltre ogni logica. 

Ma quali sono i veri rapporti tra giocatori, procuratori e club? Vien fatto di chiederselo ogni qualvolta un giocatore viene venduto. A chi appartiene il cartellino? Quando Pogba passò dalla Juventus al Manchester U., lo scambio avvenne per una cifra che sembrò proibitiva, a posteriori, tuttavia, e senza tanto clamore, si ebbe notizia che il procuratore del ragazzo incassò una commissione a sette zeri. Ma se una commissione può costare un quarto del cartellino non è forse lecito pensare che, di fatto quel calciatore, appartenga almeno per un quarto al suo procuratore, come una specie di comproprietà che, vietata tra club, rispunta, sotto mentite spoglie tra club e procuratori?

Sí, questa sembra una banale illazione ed è proprio così, perché la realtà è ancora diversa e se vogliamo peggiore. Infatti incassando il valore della sua presunta comproprietà, il procuratore, non cede il titolo, ma lo conserva, sicchè alla prossima tornata, incasserà lo stesso quarto mantenendo il suo diritto sine die. Se un calciatore nella sua carriera venisse trasferito quattro volte, di fatto, il procuratore avrebbe incassato una cifra superiore al valore medio del ragazzo, nel tempo.

Se un giocatore trasferito a parametro zero, costa a chi lo acquista sino a 9 milioni di commissioni per il procuratore, come sembra essere accaduto di recente (per quello che leggo ma la prassi è certamente ordinaria in tutte le situazioni simili), come si può sostenere che l’operazione sia a costo zero?

Questa anomalia sul ruolo e sui compensi dei procuratori, appare scandalosa, ma non sino a muovere i vari enti ed autorità che sovrintendono il calcio.  
La funzione dei procuratori andrebbe disciplinata, ivi compresa la regola dei compensi, che oltre a suscitare qualche dubbio sull’aspetto etico di quel mestiere, certamente condiziona in maniera significativa  il normale passaggio dei calciatori da un club all’altro. Una società che ingaggia un fuoriclasse, non è certa di poterlo trattenere in funzione di una pianificazione della rosa nel tempo, perché il procuratore ha tutto l’interesse a spostare il suo assistito entro tempi medi ma non eccessivamente lunghi, non necessariamente uguali a quelli della società che lo ha in carico.

A questo punto sembrerebbe urgente calmierare questo fenomeno che, al contrario sembra essere in ascesa. Nel dialogo tra i massimi sistemi di questa disciplina, FIFA, UEFA, Federazioni o soggetti politici che sovraintendono lo sport, insomma chiunque abbia titolo per farlo, sarebbe bene che si desse una smossa per rimettere i diversi ruoli degli addetti ai lavori del calcio nella loro giusta collocazione, perché chi ha autorità e non la usa, per tornare alla metafora, alla fine ci lascia il tendone.