Quando muore un uomo di sport, c’è sempre una diversa emozione che attraversa chi ascolta, perché i valori dello sport hanno un senso di infinito e più elevato e danno significato all’immortalità dello spirito. Quando muore un uomo di sport che incarnò quei valori di cui parliamo, più ancora del suo valore sul campo, è doveroso dargliene merito, pubblicamente, perché il suo esempio indichi la via a chi viene dopo. Riconosciamoci dunque nei valori dello sport che sono e restano i più nobili, mentre ricordiamo Simoni l’uomo umile, nel supponente mondo del pallone.

Ricordare l'uomo e celebrarne la memoria  è anche segno di riconoscenza. Ciò che invece pare eccessivo e fuori luogo, nella circostanza ferale, è ricordare l'uomo soprattutto per un episodio che non c'è ragione di ricordare. Un fallo negato, che comunque non avrebbe garantito la conquista di un campionato, non definisce né il profilo dell'uomo né la sua carriera. L’elogio funebre ha una sua naturale consistenza retorica, ma al cospetto della morte appare più dignitoso il silenzio che la piètas richiederebbe, piuttosto che un ritorno polemico su una vicenda discutibile. Sono dispiaciuto per la perdita dell’uomo che ricorderemo per la sua statura morale e sportiva e non per essere stato vittima di un errore arbitrale che non renderebbe merito alla sua vita di uomo di sport.