Non v'è dubbio che nello sport professionistico, più che partecipare conti vincere e dunque finisce sempre che chi vince ha ragione. Pare un assunto lapalissiano, quantunque, non sia poi così apodittico come potrebbe sembrare. In realtà lo sport, ma oggi soprattutto il corollario mediatico, incoronano i vincitori con molta rapidità, scordandosi che l’attività procede senza soluzione di continuità e quindi, la freschezza dei lauri tende a seccare abbastanza rapidamente. Ciò non impedisce, tuttavia, a chi consegue un filotto di due o tre vittorie consecutive, di entrare di diritto nell’empireo dei geni compresi, dal quale difficilmente si viene poi radiati. Succede con grande frequenza e chi accede a questo circolo piuttosto ristretto, gode in via continuativa di privilegi che non vengono concessi ai comuni mortali.

Se dunque un uomo qualunque, come un toscano, dal piglio critico e ancor di più criptico, porta la sua squadra alle soglie del calcio che conta, non può aspettarsi che la sua rosa venga potenziata per scalare qualche gradino nelle gerarchie pedatorie e per quanto chieda, di questo o quel profilo tecnico o fisico, viene semmai premiato con l’ingaggio di qualche controfigura che, in quanto tale, non lascia traccia, né di se, ne negli albi d’oro, di cui la storia pedatoria è ricca.
Dato il benservito all’uomo qualunque, che non deve chiedere mai, si pianifica la riscossa sportiva, perchè un digiuno troppo lungo di vittorie, rischia di escludere il club dalla nobiltà nominata al top dei club, scendendo sino all’anonimato di quelli che non vincono mai.
Ma il piano, per riuscire, abbisogna di un conducator di rango, uno di quelli, per capirci, che stazionano nel succitato empireo della genialità compresa e quello viene, non senza qualche indugio, non senza uno snobismo di maniera imposto dal circolo riservato di provenienza.
La trattativa è lunga, il costo, stellare, le condizioni da sballo economico, ma è da qui che si parte.
Dal genius lochi inizia la riscossa, pronti, via, si parte, ma prima, la modesta rosa canina che si veste della sua maglia, deve essere innestata dalle sapienti e ricche mani di un Amministratore Delegato di rango, fino a diventare una passionale rosa purpurea dai petali selezionati e cari. Così avviene, alla faccia dell’uomo qualunque che riceveva soltanto comparse pagate a rate.
Poi inizia la tenzone, la squadra avanza, lotta, vince, s’innalza... crolla. Perde l’Europa, la coppetta nazionale, si distacca dall’altare nazionale, scavalcata pure dall’aquila romana.
Non ci siamo, con questi pedatori non si va da nessuna parte e nella sessione invernale, il mercato dovrà portare altri costosi petali ad una rosa che non ha trovato vigore. L’Amministratore Delegato di rango è avvisato e s’avventura nei più costosi vivai, sinchè qualcosa di prezioso e caro arriva a rinvigorire la pianta. Del resto era già noto che per accedere ai ristoranti stellati serve moneta e quella arriva, stavolta arriva prima che la genialità compresa lasci il timone.

Il resto è storia nota, una pandemia malevola e invisibile ferma il gioco per un tempo indefinito e il circo si sgomenta, nella speranza di riaprire presto il suo sipario. E per riaprire, alla fine riapre, ma senza pubblico sotto il tendone, come un teatro dell’assurdo, dove la recita è finalizzata a se stessa.
Il genio ora rifulge, ma dura poco, i risultati sono troppo simili a quelli dell’uomo qualunque e allora non basta arricchire la rosa di altri petali, qui ci vuole anche una seconda rosa da fare invidia a quella bianconera. E poi, ci vuole tempo, chi non vince da dieci anni non può risorgere come d’incanto, lo sappia l’orientale, lo sappia L’amministratore delegato di rango e ricominci presto il giro dei vivai più ricchi.
Questa è storia di vita, se hai la fortuna di diventare genio compreso, non ti devi preoccupare degli eventi. Tuo è il merito della vittoria, altrui è la colpa della sconfitta.
E l’uomo qualunque? Troverà altri campi dove seminare i suoi fiori e, se non saran rose, forse saranno solo margherite.