Conosco quanto basta le regole del Marketing per esserne stato a lungo il responsabile in una banca e non parlo quindi condizionato semplici moralismi, ben sapendo che le regole del mercato comandano, al di là del giudizio che se ne può dare. Resto comunque convinto che oltre questo assunto che dà al mercato qualunque tipo di libertà, sia necessario, al contrario, segnare limiti che ne rettifichino il progredire anarchico, perché il mercato non è e non può essere l’unico drive che conduce la società civile.
L’affaire “calcio”, si è gonfiato da quando la visione in chiaro è passata dagli stadi alle televisioni, coinvolgendo milioni di persone paganti, in luogo delle poche migliaia sugli spalti. La spirale costi/ricavi ha iniziato una rincorsa inarrestabile con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Oggi un invisibile virus ha bloccato quella spirale, rendendo palese la possibilità che quel pallone possa definitivamente sgonfiarsi. L’alternativa, contro ogni logica nel vigente drammatico, è giocare a tutti i costi, a dispetto di tutto e di tutti, per portare in porto, non lo spettacolo a beneficio dei tifosi, ma i diritti televisivi, ossigeno indispensabile per far continuare a rotolare la palla. Questa è la fragilità del sistema ma è pure la constatazione che nulla in natura, può continuare a crescere all’infinito, come l’insensata legge che fonda l’economia solo ed esclusivamente sul mercato, vorrebbe.

Se un dirigente bancario guadagnasse 4000€ mensili, per tutto l’arco della propria vita lavorativa (ipotesi puramente scolastica), godrebbe di un ottimo reddito che in un quarantennio corrisponderebbe a 2.080.000€., se concedessimo a Cavani un netto di 10.000.000€ annui, guadagnerebbe in un anno quasi cinque volte quanto un buon dirigente nell’intera vita lavorativa. Ho scelto la figura di un dirigente, per quest’esempio, per individuare un soggetto con uno standing e un reddito ben superiore alla media.
La sproporzione è tale che, nessuna comparazione col valore aggiunto apportato da un calciatore alla propria squadra, può giustificare una sperequazione tanto divaricata con la vita reale e con soggetti che, certamente, apportano alla società, tutta, un valore aggiunto ben più accentuato.

Il virus ci ha messo temporaneamente in ginocchio, ma ci sta dando anche l’opportunità di riconsiderare i paradigmi della nostra vita, in generale, perché non è lo stipendio di Cavani o altro giocatore ad essere fuori dalla misura umana, ma il paradigma sul quale si regge e si legittima. Su questi paradigmi, non solo riferiti al calcio, va dunque fatta una seria riflessione, proprio oggi che la caducità della vita e delle cose, rafforzata dal virus, hanno messo in controluce il delirio d’onnipotenza umano.
Mettiamo dunque da parte i moralismi che non contribuiscono razionalità al pensiero positivo e rimettiamo per terra i piedi. Ritorniamo alle favole, Fedro ci racconta che la rana che voleva essere come un bue, a furia di gonfiarsi, alla fine, scoppiò.