E’ abbastanza difficile giudicare la Juventus, dopo la finale persa, lasciando il secondo titolo dell’anno. E’ pure difficile commentare compiutamente il calcio dopo il fermo obbligato dal virus.
Una fase finale della coppa nazionale segnata solo da un gol, da manuale del contropiede e da uno piuttosto casuale, direttamente da calcio d’angolo, dicono della difficoltà di questa ripresa anche da parte delle altre squadre che comunque non hanno impressionato.
Vince il Napoli che se lo è meritato e perde la Juventus, altrettanto meritatamente, per la manifesta inconcludenza mostrata in queste due prime partite successive alla pandemia.
Anche stasera si è vista una squadra involuta, assolutamente incapace di concludere a rete, giostrando un possesso palla talvolta irritante per la sterilità, se la palla, tre volte su cinque, viaggia a ritroso rispetto alla porta avversaria.
Se questo è il gioco di una squadra che si destinava a vincere copiosamente in questa prima stagione guidata da Sarri, dobbiamo certamente preoccuparci, perché oltre all’inconcludenza del gioco, c’è una sostanziale svalutazione di troppi giocatori che determina un impoverimento inspiegabile e inaccettabile della cifra tecnica complessiva.
Pjanic, Bernardeschi, De Sciglio, Rabiot, Higuain, Ramsey, sono giocatori di valore, se si considera la loro retribuzione, ma sono del pari il quadro esatto della svalutazione complessiva della squadra, perché, allo stato sono, in pratica, del tutto inaffidabili.
Non si può citare Ronaldo in questo novero, perché Ronaldo è un caso a parte che ora dimostra pienamente i suoi 35 anni. Un giocatore che essendo un totem non si può escludere, ora scatta al rallentatore e lo si è visto bene in più occasioni, anticipato anche da avversari che non sono diventati famosi per la loro velocità. Oltre a questo, l’ansia di dimostrare lo porta spesso a tentare giochetti impossibili, specie se la squadra avversaria, raddoppia, triplica o quadruplica la marcatura.
Questo Ronaldo rischia di diventare uno dei problemi principali di questa squadra e non tanto perché appare fuori dal gioco, quanto per il fatto che condiziona tutto l’impianto, costringendo a scelte che, almeno per ora, non funzionano. La sostanziale impossibilità di escluderlo, o anche di sostituirlo, condizionano eccessivamente le scelte del tecnico, ma non è accettabile la sua inalienabilità nel campo alle condizioni fisico/tecniche attuali.

Passata questa tornata e archiviata la coppa, ora torna il campionato, ma la sensazione per questo prosieguo non è delle più esaltanti. Vero è che siamo in una reale rifasatura, ma se il buon di si vede dal mattino non sono brillanti le aspettative che abbiamo davanti.
Sarri e il sarrismo sono altri nodi che vengono al pettine. Il gioco spettacolare che si prometteva non si è ancora visto, ma non si è visto neppure un onesto utilitarismo che, quanto meno conducesse a qualche risultato. Due finali perse contro squadre che sono, almeno sulla carta, tecnicamente inferiori, non sono un buon viatico per il futuro prossimo e il dubbio che questo allenatore non corrisponda esattamente al profilo ideale per condurre una squadra di questo standing, tende a crescere.

In ultimo, anche se, naturalmente non si può riferire direttamente ad una semplice partita, sia pure una finale, si rende necessario anche guardare al retrobottega, al luogo e agli uomini che operano le scelte aziendali tutte ed operano sul mercato.
In qualunque azienda, non necessariamente solo nel calcio, la qualità complessiva procede in primo luogo dal paradigma generale dal quale scaturiscono poi le strategie e l’operatività verso gli obiettivi dati.
Ciò che appare a chi osserva, da non addetto ai lavori, è una società che si muove per entrare stabilmente nel novero delle prime 5/6 squadre in Europa. Le linee guida che dovrebbero portare a conseguire il target, sono tuttavia discutibili, per i risultati che stanno portando.
La ricerca affannosa della plusvalenza, muove la dirigenza verso l’acquisizione di giocatori in scadenza di contratto, potendoli contrattualizzare a paramentro zero. Questo sentiero, tuttavia,non si è rivelato particolarmente fecondo, in primo luogo individua profili possibili che non sempre sono funzionali anche all’esigenza tecnica della rosa o del tecnico. Molti tra questi giocatori, sono nella fase discendente della propria carriera, pur avendo un profilo alto e non sempre rendono secondo le aspettative, i loro procuratori, forti dello svincolo contrattuale, puntano alto sull’entità dell’ingaggio e sulla durata per giovanotti in genere non giovanissimi che, perciostesso, diventano incedibili, dopo avere alzato il monte ingaggi sui livelli di guardia.

La situazione della Juventus in questo frangente si presenta così, con una rosa piuttosto attempata e in buona parte incedibile e pure scarsamente utilizzabile, ma retribuita in maniera stellare. Vuene dunque meno la concreta possibilità di operare sul mercato secondo esigenze, con un allenatore poco duttile che per poter realizzare il suo gioco dispone giocatori che non servono a quella bisogna.
Dunque, se di paradigma si tratta, ciò che se ne può concludere è che non privilegia in primo luogo il campo, il vero target di una squadra di calcio, sia pure quotata in borsa.
Ora, al di là della sconfitta di stasera e dell’evidente rischio di un flop complessivo di questa sfortunata stagione, la situazione reale non suggerisce ottimismo neppure per il futuro, se neppure un consistente aumento di capitale mette in condizione la proprietà di investire sulla rosa, per un rinforzo ineludibile se si vuole conservare almeno lo standing internazionale attuale.
Come si possa uscire da questa empasse che diventa evidente dopo una sconfitta che comunque non ci lascia indifferenti, è davvero difficile da ipotizzare ma i fatti dimostrano che una gestione certamente discutibile, in ultimo, non porta alcun risultato, né finanziario né sportivo.
Non sta a noi suggerire quali siano i rimedi, gli Agnelli hanno tanto tradizione industriale e aziendale, quanto esperienza calcistica e quindi si spera che siano in condizione di correggere una rotta che al momento sembra portare alla deriva.
Probabilmente si sta chiudendo un ciclo, fortunato e vincente, tanto per i meriti propri, quanto per i regressi evidenti dei principali competitors nazionali che, tuttavia, stanno risorgendo.
Noi juventini, sportivamente, non passiamo che compiacerci della crescita di Inter e Lazio e pure di un Napoli che potrebbe avere trovato il suo Jolli con Gattuso, perché lo sport nazionale se ne avvantaggia e rende più appassionante e competitivo il calcio italiano, mentre lo stesso rating internazionale punta a ritornare agli antichi fasti, ma al di là di questa ovvia considerazione, auspichiamo che dalla Continassa si cambi registro, perché ciò che abbiamo visto in questa stagione, al di là della drammatica interruzione che ha messo il calcio in secondo piano, non suggerisce facili ottimismi e viene da dire che un uomo, una società o una squadra non vanno mai tanto a vuoto che quando non si sa dove si sta andando.
Non c’è voglia di disfattismo, un po’ di pessimismo è inevitabile dopo una sconfitta meritata che comunque pesa, ma se si contestualizza la stagione sportiva e quella finanziaria, un poco di preoccupazione è inevitabile e dico pure del tutto giustificata, non si chiedono epurazioni ma piani più concreti e trasparenti, dove il campo torni ad essere l’obiettivo principale, come sembra naturale che sia.